Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24369 del 16/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 16/10/2017, (ud. 08/06/2017, dep.16/10/2017),  n. 24369

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21651-2015 proposto da:

CO.E.DI.CA. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TEVERE 44, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO DI GIOVANNI, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARCO INTISO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.V., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MONICA GALASSO, giusta procura speciale

notarile in atti;

– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 1318/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 23/06/2015 R.G.N. 88/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/06/2017 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MONICA GALASSO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 12 giugno 2015, la Corte d’Appello di Bari, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Lucera, mentre, non diversamente dal primo giudice, in accoglimento della domanda proposta da C.V. nei confronti di CO.E.DI.CA S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli il 31.10.2007 verbalmente e senza alcuna giustificazione, ne ordinava la reintegrazione nel posto di lavoro, si pronunciava diversamente in relazione alle conseguenze economiche del licenziamento illegittimo, condannando, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta in via subordinata dal C. in sede di gravame la Società al pagamento delle retribuzioni maturate dalla data dell’offerta della prestazione individuata in quella della proposta di conciliazione antecedente a quella del deposito del ricorso considerata dal Tribunale.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto inammissibile la censura formulata dalla Società in sede di gravame relativa all’erronea applicazione da parte del Tribunale del regime di tutela reale per difetto del requisito numerico avendo, di contro, il Tribunale fatto riferimento alla diversa ratio decidendi data dall’applicazione dei principi civilistici in materia di inefficacia dell’atto (licenziamento intimato oralmente) posto in essere dalla Società datrice ed individuabile nella proposta di conciliazione comunicata alla Società il 28.4.2008 l’offerta della prestazione lavorativa da considerarsi secondo l’ordinaria disciplina civilistica nella specie applicabile presupposto indefettibile della pretesa risarcitoria.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a due motivi. Il C. ha depositato procura speciale per lo svolgimento delle difese in sede di udienza di trattazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la Società ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, l’omessa pronunzia sul motivo di gravame relativo all’inapplicabilità della tutela reale.

Il secondo motivo è teso a denunciare la non conformità a diritto della pronunzia in ordine alle conseguenze economiche dell’illegittimo licenziamento, per non aver dichiarato inammissibile per indeterminatezza la domanda riconvenzionale proposta dal lavoratore in via principale, per essersi la Corte territoriale pronunciata in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, per non aver la Corte territoriale sancito l’inammissibilità per novità della domanda riconvenzionale proposta dal lavoratore in via subordinata.

I due motivi, che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, risultano palesemente infondati, atteso che l’inammissibilità della censura mossa in sede di gravame dalla Società, odierna ricorrente, circa l’erroneità del regime sanzionatorio applicato dal primo giudice è stata correttamente pronunciata dalla Corte territoriale sul presupposto dell’omessa considerazione da parte della medesima Società, allora appellante, del vizio formale che inficiava il licenziamento, intimato solo oralmente, tale da implicare l’applicazione dell’ordinaria sanzione civilistica della nullità, mentre la riforma della statuizione relativa alla data di decorrenza del risarcimento spettante costituisce mera conseguenza dell’applicazione di quel regime, in ragione della circostanza, tempestivamente acquisita in atti, della ravvisabilità della necessaria messa in mora già nell’atto di invito alla Società datrice al tentativo obbligatorio di conciliazione.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore dello Stato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater per essere stato il C. ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge, a favore dello Stato.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2017

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