Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2436 del 27/01/2022

Cassazione civile sez. III, 27/01/2022, (ud. 09/11/2021, dep. 27/01/2022), n.2436

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22254 del 2019 proposto da:

F.Q., elettivamente domiciliato in Roma, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso da sé

medesimo;

– ricorrente –

contro

Riscossione Sicilia s.p.a., già Serit Sicilia s.p.a., Agente della

riscossione per la Provincia di Messina, elettivamente domiciliata

in Roma, Lungotevere dei Mellini 7, presso lo studio legale

associato “Legalia”, rappresentata e difesa dall’avv. Nicola

Iacopino;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 20/2019 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 15/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/11/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’avv. F.Q. convenne in giudizio la Serit Sicilia s.p.a., davanti al Tribunale di Messina, lamentando l’illegittimità dell’iscrizione dell’ipoteca fondata su sei cartelle esattoriali e chiedendo che la stessa fosse cancellata e la convenuta condannata al relativo risarcimento dei danni.

A sostegno della domanda espose, tra l’altro, che la Serit aveva agito in violazione dei principi di buona fede e correttezza, posto che una parte dei crediti portati dalle cartelle era estinta per prescrizione, che l’entità del credito era talmente esigua da non consentire l’iscrizione ipotecaria e che detta iscrizione gli aveva causato danni personali e all’immagine.

Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda. La Serit rilevò che per una delle cartelle era stato disposto lo sgravio parziale, per un’altra lo sgravio integrale e per una terza vi era una sentenza, successiva all’iscrizione ipotecaria, che aveva sancito l’annullamento del tributo.

Il Tribunale dichiarò per una parte dei presunti crediti il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice tributario, trattandosi di crediti di natura tributaria; e rigettò quanto al resto la domanda, compensando le spese di lite nella misura dei quattro quinti, rimanendo a carico dell’attore il solo quinto residuo.

2. La pronuncia è stata impugnata dall’avv. F. e la Corte d’appello di Messina, con sentenza del 15 gennaio 2019, ha rigettato il gravame, ha confermato la decisione del Tribunale e ha condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale che la motivazione del Tribunale era integralmente da condividere. Quanto alla presunta irregolarità della comunicazione dell’avvenuta iscrizione, carente dell’indicazione del termine e dell’autorità cui poter ricorrere, la sentenza ha specificato che tale doglianza avrebbe dovuto essere posta con opposizione agli atti esecutivi nel termine di venti giorni, trattandosi di censura relativa alla regolarità formale del titolo; per cui correttamente la domanda era stata sul punto respinta.

In ordine alla censura secondo cui il credito era troppo esiguo per consentire l’iscrizione ipotecaria (Euro 1.669), la Corte d’appello ha sostenuto che alla data dell’iscrizione la soglia minima era pari ad Euro 1.549,37, non essendo ancora operativa la soglia di Euro 8.000, successivamente entrata in vigore.

Quanto, infine, alla domanda risarcitoria, la sentenza ha rilevato che l’appellante aveva avanzato una richiesta generica, non indicando quali fossero i presunti danni e senza fornire indicazioni di prova sul punto, per cui quella domanda era stata correttamente rigettata.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Messina propone ricorso l’avv. F.Q. con affidato a quattro motivi.

Resiste la Riscossione Sicilia s.p.a. (già Serit Sicilia) con controricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., rilevando la presunta mancanza di motivazione della sentenza.

Il ricorrente osserva che sarebbe errata la decisione nella parte in cui ha affermato che i vizi relativi alla comunicazione dell’iscrizione ipotecaria avrebbero dovuto essere fatti valere con l’opposizione agli atti esecutivi e aggiunge che l’atto di citazione conteneva chiari richiami alla documentazione prodotta (documenti da 1 a 6), dalla quale risultava la natura dei danni e la fondatezza della richiesta risarcitoria. Trattandosi di domanda di risarcimento danni, la giurisdizione apparterrebbe al giudice ordinario.

1.1. Il motivo è inammissibile per le seguenti ragioni.

Quanto al presunto errore della sentenza d’appello nella parte in cui ha affermato che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto impugnare l’atto di iscrizione di ipoteca con l’opposizione agli atti esecutivi, rileva la Corte che si tratta di una censura del tutto generica e redatta, comunque, con una tecnica non rispettosa dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6). Ne’ dalla parte in fatto del ricorso né dalle argomentazioni poste a fondamento del motivo qui in esame è dato comprendere con la dovuta precisione per quale ragione la sentenza impugnata avrebbe errato nell’indicazione del mezzo di impugnazione.

In relazione, invece, al problema della giurisdizione, il Collegio osserva che dal contenuto del ricorso non emerge che la parziale declinatoria pronunciata dal giudice di primo grado sia stata fatta oggetto dell’atto di appello; ne consegue che la questione non è comunque più esaminabile in questa sede siccome non ritualmente proposta, dovendosi ritenere formato il giudicato implicito sul punto.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 76, nel testo modificato del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3, comma 40, lett. b-bis), convertito dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248), nonché sussistenza della responsabilità extracontrattuale della Serit, ai sensi dell’art. 2043 c.c..

Osserva il ricorrente che l’ipoteca fu trascritta dalla Serit il 15 dicembre 2005, cioè in una data successiva alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della L. n. 248 del 2005, che aveva innalzato ad Euro 8.000 il limite per l’iscrizione ipotecaria ai sensi del successivo art. 77. Ne consegue che nel momento dell’iscrizione non valeva più la soglia di Euro 1.549,37 indicata dalla Corte d’appello, per cui l’iscrizione era da ritenere illegittima.

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1; n. 3) e n. 5), violazione degli artt. 2,15,24 e 42 Cost., oltre a comportamento illegittimo da parte della Serit, generatore di un danno risarcibile.

Il comportamento illegittimo della società creditrice si sostanzia, secondo il ricorrente, non solo nell’atto di iscrizione dell’ipoteca, ma anche “in una serie di atti vessatori e arbitrari che hanno calpestato i diritti del contribuente”. L’iniziativa assunta dalla Serit, che ha condotto all’iscrizione dell’ipoteca sulla casa di abitazione ed al fermo amministrativo della vettura, sarebbe comunque illegittima in considerazione della modesta entità del credito fatto valere (Euro 1.669,36).

4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione dell’art. 2043 c.c. e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 59.

Il ricorrente, pur dichiarandosi consapevole del fatto che il danno deve essere puntualmente dimostrato, rileva che l’iscrizione ipotecaria per un credito così modesto gli ha comunque causato danni al buon nome e all’immagine. Si tratta di danni che non possono essere facilmente dimostrati e che, tuttavia, dovrebbero essere risarciti ai sensi dell’art. 1226 c.c., in quanto sussistenti in re ipsa.

5. Rileva la Corte che il terzo motivo di ricorso è palesemente inammissibile, in quanto del tutto generico e formulato senza rispettare il principio di autosufficienza. In esso, infatti, il ricorrente ipotizza che l’iscrizione ipotecaria in questione si sia affiancata ad altri atti vessatori volti a calpestare i suoi diritti, ma è evidente che la genericità dell’affermazione, in sé priva di ogni riscontro, non consente alcun margine di esame in questa sede.

6. Ciò premesso, ragioni di economia processuale consigliano di esaminare prima il quarto motivo di ricorso, il quale è privo di fondamento.

La sentenza impugnata, come si è detto, ha osservato che l’odierno ricorrente aveva posto la domanda di risarcimento dei danni in modo del tutto generico, “non indicando in maniera concreta la natura” di quei danni e non fornendo “alcun elemento utile o conducente alla loro individuazione”.

Il ricorrente ammette che “non si può affermare e pretendere che l’iscrizione di un’ipoteca di Euro 1.669 possa provocare uno stato di depressione nel contribuente, tale da determinare un danno comprovabile con idonea documentazione medica”; e in questo modo finisce col riconoscere, con onestà intellettuale, la difficoltà di una prova del danno subito. In concreto, quando poi egli tenta di individuare il fondamento della sua pretesa risarcitoria, lasciando da parte la “rabbia” alla quale pure fa riferimento, risulta evidente che si tratta di una censura fondata sul convincimento per cui in un caso del genere sussisterebbe un danno in re ipsa. Il che equivale a dire che il fatto stesso di aver iscritto l’ipoteca senza averne il diritto darebbe ingresso alla domanda risarcitoria da parte del contribuente.

Una simile affermazione, però, è in evidente ed insanabile contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, che ormai da tempo esclude che possa esistere un danno in re ipsa, con un’affermazione che è stata di recente ribadita dall’ordinanza 22 giugno 2020, n. 12123, nella quale, anche se in riferimento ad una fattispecie diversa, si è detto che in caso di illegittimità dell’iscrizione ipotecaria occorre pur sempre accertare, ai fini del risarcimento del danno-conseguenza, l’entità e la natura del pregiudizio effettivamente sofferto. E nel caso oggi in esame l’esistenza del danno è stata esclusa dalla Corte di merito con argomentazioni che il quarto motivo di ricorso non riesce a scalfire.

Il rigetto del quarto motivo di ricorso rende superfluo l’esame del secondo, che rimane assorbito.

7. In conclusione, il ricorso è rigettato.

Ritiene la Corte che, in considerazione dell’esiguità del credito e del fatto che l’iscrizione ipotecaria è avvenuta in un periodo a cavallo di un cambiamento della legislazione in ordine alla soglia minima del credito per il quale tale iscrizione è consentita, sia opportuno compensare integralmente le spese del giudizio di cassazione.

Sussistono tuttavia le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 9 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2022

 

 

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