Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2436 del 04/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 2436 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 3340-2008 proposto da:
IMPR\UELMINI FELICE Sri, IN PERSONA DEL MEDESIMO
RAPP.TE P.I.00189920127, elettivamente domiciliata in
ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 86, presso lo studio
dell’avvocato MARTIRE ROBERTO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato PULLI SALVATORE;
– ricorrente –

2013
contro

2431
GIACOMUZZO

FABIO,

CAMMARANO

GIOVANNA

DONATA,

BATTIPAGLIA MARIA ROSA, D’ANNA PASQUALE, MAISTRO
BRUNO, MOALLI PAOLA, ZAFFARONI TIZIANA, COEREZZA ANNA,

Data pubblicazione: 04/02/2014

PANIZZA ELENA, STELLIN MARIA LUISA, D’AMATO GUIDO,
PONTI ALBERTO, CANZIANI MARIA LUISA, BRUSAFERRI DARIO,
AMBROSETTI FRANCO, ROSSI GIOVANNI, PASSIATORE COSIMO,
, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIALE G. MAZZINI 146, presso lo studio dell’avvocato

unitamente all’avvocato CORNACCHIA DIEGO;
– controricorrenti nonchè contro

SALVAI MARIA STELLA, BARBIN BARBARA, PAMIO GIANCARLO,
CORONA CATERINA, CASTELLANO MARIA ROSARIA, DA CAMPO
GIANLUIGI, CAMPORESE ROBERTO, CARU’ DARIO, ALLOCCA
CARMELA, PARRINO ANNA, RICCIO LEONILDE;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1773/2007 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 22/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/11/2013 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito l’Avvocato Martire Roberto difensore della
ricorrente che deposita copia della cartolina
notificata a Camporese Roberto intimato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

SPAZIANI TESTA EZIO, che li rappresenta e difende

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel Febbraio del 1989 la società ppresa , CosTTUZI35.4
odierna ricorrente, dopo la stipulazione di preliminari
di vendita, vendeva a ciascuno degli odierni 17

sono costituiti in questo giudizio di cassazione,
singole unità immobiliari all’interno di due fabbricati
con villette a schiera costruiti dalla stessa società
venditrice; le suddette unità immobiliari erano state
già prese in consegna nel 1987 dai promissari
acquirenti, almeno secondo quanto afferma la ricorrente
nel suo ricorso.
Nel Giugno del 1989 i suddetti acquirenti denunciavano
l’esistenza di vizi e difetti e con citazione del
5/11/1990 convenivano in giudizio la società quale
costruttrice e venditrice denunciando gravi vizi e
difetti della pavimentazione, tali da rendere i locali
non usufruibili; gli attori chiedevano la condanna
della convenuta (che, a loro dire, aveva riconosciuto i
vizi e si era impegnata a porvi rimedio) a ripristinare
lo stato dei luoghi o a risarcire i danni per vizi e
difetti occulti della cosa venduta.
La convenuta negava di avere riconosciuto i vizi,
deduceva che la cosa venduta era idonea all’uso e

3

controricorrenti e degli altri 12 intimati che non si

tenuta ad alcuna garanzia

affermava di non essere

perché i beni erano stati presi in consegna senza
riserva; infine eccepiva l’intervenuta prescrizione e
decadenza dall’azione redibitoria.
Con sentenza del 2002 il Tribunale di Busto Arsizio

perché dalle espletate prove orali era risultato che il
venditore aveva riconosciuto i vizi e si era impegnato
a eliminarli, sia perché applicabile alla fattispecie
la normativa di cui all’art. 1669 c.c., analogicamente
applicabile alla vendita; condannava pertanto la
convenuta al risarcimento dei danni derivanti dalla
difettosa pavimentazione delle unità immobiliari sulla
base delle risultanze della CTU.
La

società

Jelmini proponeva appello al

quale

resistevano gli attori, dieci dei quali proponevano
appello incidentale per ottenere un risarcimento
maggiore e in coerenza con il supplemento di perizia
del 1998; l’appellante riproponeva le eccezioni di
prescrizione e decadenza, contestava la valutazione
delle prove circa il ritenuto riconoscimento dei vizi,
contestava l’applicabilità dell’art. 1669 c.c. alla
vendita, eccepiva il difetto di prova sull’esistenza e
la quantificazione dei danni.

4

rigettava le eccezioni di prescrizione e decadenza sia

La Corte di Appello di Milano, con sentenza del
22/6/2007 rigettava l’appello principale e accoglieva
quello incidentale e, in particolare:
– rigettava il motivo con il quale era censurata la
sentenza di primo grado nella parte in cui aveva

ad eliminarli; la Corte osservava che era probante la
testimonianza Paladino avvalorata da due missive
inviate dalla società;

riteneva

qualificabile

che,
come

malgrado
vendita,

il

contratto
fosse

fosse

egualmente

applicabile l’art. 1669 c.c. ancorché norma dettata in
materia di appalto, tenuto conto della natura e
incidenza dei vizi della pavimentazione che rendeva
necessaria la posa in opera di nuovi sottofondi e
pavimenti;
– rilevando che i vizi non erano palesi escludeva che
l’opera potesse considerarsi accettata con la presa in
consegna;

riteneva l’assoluta infondatezza delle censure sulla

sussistenza del danni e sulla liquidazione osservando
che l’asserita mancata eliminazione dei vizi e difetti
non escludeva l’esistenza del danno risarcibile,
confermato dalle relazioni di consulenza e, in

5

ritenuto provato il riconoscimento dei vizi e l’impegno

accoglimento degli appelli incidentali, adeguava il
danno degli appellanti incidentali alle risultanze del
supplemento di perizia.
La società Impresa Jelmini Felice s.r.l. propone
ricorso affidato a 5 motivi.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1470, 1472,
1655 e 1667 c.c. e il vizio di motivazione sostenendo
che con gli intimati era intervenuto un contratto di
vendita e non di appalto con la conseguenza che avrebbe
dovuto essere applicata la normativa in materia di
vendita e che la Corte di Appello avrebbe confuso i due
contratti e non avrebbe dato adeguata motivazione
dell’applicazione della disciplina dell’appalto; in tal
senso formula i corrispondenti quesiti previsti
dall’art. 366 bis c.p.c. ora abrogato, ma applicabile
ratione temporis.
1.1 Il motivo è manifestamente infondato perchè la
Corte di Appello ha riconosciuto che il contratto
doveva qualificarsi vendita e non appalto, ma ha
applicato l’art. 1669 c.c. in via analogica e in
motivata adesione al costante orientamento di questa

6

Resistono con controricorso 18 dei 29 intimati.

Corte secondo il quale le disposizioni di cui all’art.
1669, disciplinanti le conseguenze dannose di quei
particolari difetti ivi contemplati, configurano una
responsabilità di tipo extracontrattuale, sancita per
ragioni e finalità di interesse generale, che sebbene

tuttavia estensibile al venditore, che sia stato (come
nel caso qui in esame) anche costruttore del bene
immobiliare venduto e pertanto tale azione di
responsabilità può essere esercitata non solo dal
committente contro l’appaltatore, ma anche
dall’acquirente contro il venditore che abbia costruito

l’immobile (v., tra le altre, Cass. 16/2/2012 n. 2238,
Cass.

31/3/2006 n.

7634,

Cass.

28/4/2004 n.

8140,

proprio in una fattispecie nella quale gli acquirenti
avevano agito perché le mattonelle del pavimento dei
singoli appartamenti si erano scollate e rotte in
misura percentuale notevole rispetto alla superficie
rivestita;

Cass. 29/3/02 n. 4622, 10/1/01 n. 12406,

conf. n. 9853/98, n. 3146/98, n. 9313/97, n. 8108/97).
Il collegio non ravvisa motivi per doversi discostare
dai suddetti principi; nel caso di specie in cui
incontroverso che l’impresa venditrice avesse anche
costruito l’edificio nel quale erano comprese le unità

collocata nell’ambito della disciplina dell’appalto,

immobiliari

acquistate

dagli

attori,

diviene

irrilevante la circostanza che gli appartamenti non
fossero ancora esistenti all’atto del precedente
contratto preliminare o che il contratto dovesse essere
qualificato come vendita di cosa futura ed

stato stipulato anche un contratto di appalto, tenuto
conto dell’evidenziata natura extranegoziale della
responsabilità per l’ipotesi di sussistenza di vizi del
genere di quelli indicati dall’art. 1669 cit.
2. Con il secondo motivo la società ricorrente deduce
la violazione e falsa applicazione degli artt. 1470,
1490, 1655 e 1668 c.c. e il vizio di motivazione e
sostiene che l’azione risarcitoria esercitata sarebbe
improponibile perché, in caso di inadempimento del
venditore per l’esistenza di gravi vizi e difetti,
l’acquirente avrebbe potuto chiedere la risoluzione del
contratto o la riduzione del prezzo, ma non la
rimozione dei vizi e difetti ex art. 1688 c.c. a spese
dell’appaltatore oltre al risarcimento del danno.
La società ricorrente, formulando i quesiti, chiede:
– che questa Corte accerti e dichiari se in costanza di
contratto di futura vendita sia proponibile per il
compratore l’azione redibitoria per vizi e difetti,

8

altrettanto irrilevante che tra le parti non fosse

diversa da quella consentita e disciplinata dall’art.
1492 c.c. con gli effetti previsti dall’art. 1493 c.c.;
– che questa Corte accerti e dichiari se il giudice di
secondo grado non abbia omesso di adeguatamente
motivare sulla proponibilità di domanda diversa da

c.c., apoditticamente ritenendola proponibile.
2.1 Il motivo è inammissibile non solo perché la
questione non risulta proposta in alcuno dei due gradi
del giudizio di merito, ma anche perché non attinge la
ratio decidendi

per la quale la responsabilità e il

diritto al risarcimento del danno sono stati fondati
sull’applicazione dell’art. 1669 c.c.,correttamente
ritenuto applicabile alla fattispecie per le ragioni
esposte nel rigettare il primo motivo di ricorso, per
effetto del quale al danneggiato è riconosciuto il
diritto di chiedere, alternativamente, o l’esecuzione
delle opere necessarie ad eliminare i vizi o il
pagamento della somma corrispondente al costo di tali
opere in applicazione del principio generale per il
quale nei limiti stabiliti dall’art. 2058 c.c., il
risarcimento può disporsi in forma specifica o per
equivalente (cfr. Cass. 22/12/1999 n. 14449; Cass.
21/3/1989 n. 1406).

9

quella prevista e disciplinata dagli artt. 1492 e 1493

3. Con il terzo motivo la società ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1476, 1477,
1490, 1491 e 1495 c.c.
La società premette:
– che gli immobili sono stati consegnati con verbali di

– che i compratori erano onerati della verifica della
prestazione e che da quel momento esercitavano il
potere di fatto sulla cosa.
Ciò

premesso,

che

sostiene

non

ricorrevano

presupposti per azionare la garanzia perché:
– i vizi non rendevano la cosa inidonea all’uso, né era
stata provata l’inagibilità dei locali venduti, tenuto
conto che i pavimenti sono normalmente calpestati e non
rimossi;
– i vizi non erano stati denunciati se non quando era
abbondantemente decorso sia il termine di decadenza
degli otto giorni, sia il termine di prescrizione
dell’anno, stabiliti dall’art. 1495 c.c.
La società ricorrente, formulando i quesiti, chiede:
– se in caso di vendita siano applicabili le garanzie
per i vizi di cui all’art. 1490 c.c. nei termini e con
le decadenze dell’art. 1495 c.c. e non l’azione di
garanzia ex art. 1669 e se la sentenza impugnata non

10

consegna tra il 15/5/1987 e il 7/7/1987;

abbia violato le suddette norme non riconoscendo la
prescrizione e decadenza dell’azione;
– se la Corte di Appello non abbia omesso di motivare
adeguatamente sull’applicabilità delle menzionate
norme, apoditticamente ritenendo ammissibile l’azione

3.1 Il motivo è infondato per molteplici e autonome
ragioni:
a) è stata ritenuta la responsabilità del venditore ex
art.

1669

c.c.

e pertanto

non erano

comunque

applicabili i termini e le decadenze dell’art. 1495
c.c.;
b) la mera presa in consegna non equivale a rinuncia
alla garanzia o accettazione laddove, come nella specie
ritenuto dal giudice di appello, i vizi non siano
palesi, ma manifestatisi successivamente;
c) la sentenza di appello ha confermato la sentenza di
primo grado che aveva accertato che i vizi erano stati
riconosciuti e che era stato assunto l’impegno a
rimuoverli e inoltre, ha escluso la prescrizione perché
l’intendimento di vedere riparati i vizi e di essere
ristorati dei danni, tempestivamente espresso dagli
acquirenti era stato coltivato fino alla citazione
(pag. 6 della sentenza di appello);

11

di garanzia ex art. 1669 c.c.

d) la contestazione della gravità dei vizi, in questa
sede di legittimità, è inammissibile per assoluta
genericità; inoltre introduce una censura (i pavimenti
erano normalmente calpestati e non rimossi), sulla
quale la Corte di Appello ha adeguatamente motivato

attiene all’eliminazione dei vizi e difetti e non alla
loro esistenza innegabilmente accertata (pag. 7 e 8
della sentenza di appello).
4. Con il quarto motivo la società ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1470 e
1496 c.c. e il vizio di motivazione.
La ricorrente contesta la valutazione dei giudici del
merito circa l’intervenuto riconoscimento del vizio e
aggiunge che, anche a volere ritenere che i vizi
fossero stati riconosciuti, sarebbe comunque decorso il
termine di prescrizione di un anno dalla consegna.
4.1 n motivo è infondato perché:
– in ordine al riconoscimento dei vizi, propone una
quaestio facti

sulla quale la Corte di Appello ha

ampiamente e sufficientemente motivato con argomenti
specifici (la testimonianza Paladino, le missive
intercorse tra le parti) che non sono attinti da
altrettanto specifiche censurì ;

12

rilevando che la mancata realizzazione del ripristino

-

in ordine alla prescrizione non rilevano le

prescrizioni e decadenze in materia di vendita rispetto
all’azione

fondata

sull’applicazione

analogica

dell’art. 1669 c.c. e comunque la prescrizione, secondo
la motivazione della Corte di Appello non attinta da
censura

sufficientemente

specifica,

sarebbe

interrotta dalle trattative tra le parti che
dimostravano come la volontà di ottenere il ripristino
o il risarcimento fosse stata coltivata fino alla
citazione.
5. Con il quinto motivo la società ricorrente deduce la
violazione degli artt. 1667, 1668 e 1669 c.c. e il
vizio di motivazione contraddittoria.
La ricorrente sostiene:
– che, inquadrata la responsabilità come responsabilità
derivante dal contratto di appalto, la Corte di Appello
avrebbe dovuto applicare la decadenza di cui all’art.
1667 c.c.;
– che non poteva essere riconosciuta la responsabilità
ex art. 1669 c.c., perché i vizi non rendevano inadatta
l’opera alla sua destinazione;
– che sarebbe maturata anche la prescrizione di cui al
secondo comma dell’art. 1669 c.c.
La società ricorrente, formulando i quesiti, chiede:

13

una

- se nell’appalto l’art. 1669 e i maggiori termini di
decadenza e prescrizione possano trovare applicazione
in presenza di ogni tipo di vizi dell’opera o solamente
in caso di gravi difetti o di pericolo di rovina,
rimanendo esclusi i vizi di minore entità che

tale ipotesi, trovino applicazione i più brevi termini
di prescrizione e decadenza dell’art. 1667 c.c.;
– se la Corte di Appello non abbia violato e falsamente
applicato le norme suddette mancando i presupposti che
ne

avrebbero

consentito

l’applicazione,

così

contraddittoriamente motivando.
5.1 Il motivo è manifestamente infondato in quanto:
– la Corte di Appello non ha ritenuto che tra le parti
fosse stato concluso un contratto di appalto, ma che
agli acquirenti, i quali avevano concluso con il
costruttore un contratto di vendita, dovesse essere
accordata ,analogicamente, la tutela extracontrattuale
di cui all’art. 1669 c.c.; di conseguenza gli articoli
che disciplinano il contratto di appalto (ad esclusione
dell’art. 1669, applicabile analogicamente a favore
degli acquirenti) non vengono qui in rilievo; la domanda
con cui l’acquirente di un immobile, in base ai difetti
costruttivi del medesimo, chiede la condanna del

consentano l’uso al quale l’opera è destinata e se, in

costruttore
necessarie

venditore
per

al

pagamento

l’eliminazione

di

delle
detti

somme
difetti,

costituisce, infatti, domanda di risarcimento del danno
in forma specifica da responsabilità extracontrattuale
e non domanda di adempimento del contratto di appalto;

fini

dell’applicabilità

dell’art.

1669

c.c.

assolutamente generica e si fonda sull’erroneo
presupposto che i vizi rilevanti ai sensi della
richiamata norma siano solo quelli che rendano la
costruzione totalmente inidonea all’uso alla quale è
destinata, mentre i gravi difetti considerati dall’art.
1669 c.c., come peraltro osservato anche dalla Corte di
Appello (pag. 5 della sentenza, con richiamo a un
precedente di questa stessa Corte), sono anche quelli
che incidano su elementi accessori dell’opera (da
intendere anche come singola unità abitativa: v. Cass.
28/4/2004 n. 8140), come la pavimentazione purchè,
anche senza influire sulla stabilità dell’edificio,
riducano in modo rilevante il normale godimento, la
funzionalità o l’abitabilità dell’immobili (v. tra le
più recenti, Cass. 16/2/2012 n. 2238);la motivazione è
comprensibile e sufficiente;

15

– la contestazione sulla natura e rilevanza dei vizi ai

- l’art. 1669 c.c., ritenuto applicabile dalla Corte di
Appello, deroga ai termini di denunzia e prescrizione
dell’art. 1667 c.c. prevedendo un termine di un anno
dalla scoperta per la denunzia e il termine di un anno
dalla denunzia per evitare la prescrizione e dalla

– la prescrizione

dell’azione ex art. 1669 c.c. non

risulta mai eccepita davanti ai giudici del merito, la
censura è formulata in modo assolutamente generico
(“l’esatta applicazione della norma avrebbe dovuto
reiezione della domanda anche per la
prescrizione ex art. 1669 secondo comma c.c.”)

senza la

formulazione di un corrispondente quesito e non
contrasta la motivazione della Corte di Appello secondo
la quale i vizi erano stati riconosciuti e
l’intendimento di vedere riparati i vizi e di essere
ristorati dei danni, tempestivamente espresso dagli
acquirenti, era stato coltivato fino alla citazione
sicchè sino a tale data la prescrizione non era
compiuta(pag. 6 della sentenza di appello).
6. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con
la condanna della società ricorrente,
soccombente,

in quanto

al pagamento delle spese di questo

giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo.

16

motivazione della Corte di Appello;

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società
Impresa Jelmini Felice s.r.l. a pagare ai
controricorrenti le spese di questo giudizio di
cassazione che liquida in euro 6.000,00 per compensi

Così deciso in Roma, il 19/11/2013.

oltre euro 200,00 per esborsi

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA