Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24357 del 16/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 16/10/2017, (ud. 23/05/2017, dep.16/10/2017),  n. 24357

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7295-2012 proposto da

COMUNE SAN NICOLA DELL’ALTO, P.I. (OMISSIS), in persona del Sindaco

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE MAZZINI 134,

presso lo studio dell’avvocato ANNA BUTTAFOCO, che lo rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– ricorrente-

contro

B.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA RODOLFO LANCIANI 74, presso lo studio dell’avvocato LUIGI

PIROZZI, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

G.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 915/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 16/09/2011 R.G.N. 1392/2009.

Fatto

RILEVATO

che, con ricorso del 20 febbraio 2007, il dott. B.C., dipendente del Comune di San Nicola dell’Alto, già responsabile dell’Ufficio tecnico Lavori Pubblici e Urbanistica, adiva il Tribunale di Crotone, deducendo: che con sentenza n. 1834/2001 del 10 luglio 2001, passata in giudicato, era stato accertato il demansionamento da lui subito per effetto dei provvedimenti del Sindaco del 7 febbraio 2000 e 12 aprile 2000 e della determinazione n. 4 del 15 gennaio 2001 con cui era stato conferito all’ing. G.G., professionista esterno, l’incarico di responsabile di detti servizi; che con la stessa sentenza il Comune era stato condannato a reintegrarlo nelle mansioni precedentemente svolte o in altre equivalenti; che con sentenza n. 1178 del 5 luglio 2005, passata in giudicato, era stato accertato l’inadempimento all’ordine giudiziale e il Tribunale di Crotone aveva condannato il Comune al risarcimento, in suo favore, del danno professionale, del danno esistenziale e del danno biologico; che il Comune di San Nicola dell’Alto non aveva ancora ottemperato alla decisione; che pertanto egli aveva diritto ad essere risarcito dei danni patrimoniali e non patrimoniali successivi al 19 febbraio 2004 sino alla data della sentenza;

che il Tribunale di Crotone, in accoglimento parziale della domanda, accertato l’inadempimento del Comune convenuto all’obbligo di assegnare al dipendente B. mansioni confacenti all’inquadramento nella categoria D, ordinava la reintegrazione del ricorrente in mansioni corrispondenti a tale categoria e condannava il Comune al risarcimento del danno per dequalificazione professionale, liquidato in misura pari al 35% della retribuzione mensile dal 20 febbraio 2004 al 20 febbraio 2007;

che la Corte di appello di Catanzaro, con sentenza n 915/11, pronunciando sulle opposte impugnazioni, rigettava quella principale proposta dal Comune di San Nicola dell’Alto e, accogliendo in parte l’appello incidentale del B., condannava altresì il Comune a risarcire al B. il danno biologico, liquidato in Euro 646,29 oltre interessi legali dalla data della sentenza al soddisfo, nonchè il danno professionale fino alla data della sentenza di primo grado, oltre interessi legali sulle somme di maturate fino al saldo;

che, a fondamento del decisum, la Corte territoriale osservava, quanto al demansionamento per il periodo successivo al febbraio 2004, che i singoli incarichi, come pure l’ampliamento del settore assegnato al B., non consentivano di ritenere sussistente l’equivalenza poichè anche nei settori attribuiti l’ing. G. aveva riservato a sè l’adozione degli atti e tale carenza di autonomia conduceva a collocare le mansioni attribuite al B. nella inferiore area C; che, d’altra parte, l’ambito operativo di un Ufficio è necessariamente più ristretto rispetto al quello proprio di un’Area, per cui l’assegnazione all’Ufficio Manutenzione e Vigilanza non poteva essere considerato fatto significativo della richiesta equivalenza rispetto alle mansioni espletate dal B. fino al 2000;

che per la cassazione di tale sentenza il Comune di San Nicola dell’Alto ha proposto ricorso affidato a sette motivi, cui resiste B.C. con controricorso, seguito da memoria ex art. 380 bis c.p.c.; l’intimato G.G. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività ex artt. 325 e 326 c.p.c., eccepita da parte resistente sul presupposto della regolarità della notifica della sentenza impugnata, eseguita in data 30 novembre 2011, a fronte del ricorso per cassazione avviato alla notifica il 13 marzo 2012;

che, in tema di notificazione, l’ufficiale giudiziario deve indicare, nella relazione prevista dall’art. 148 c.p.c., la persona alla quale ha consegnato copia dell’atto, identificandola con le sue generalità, nonchè il rapporto della stessa con il destinatario della notificazione, con la conseguenza che, qualora, manchi l’indicazione delle generalità del consegnatario, la notifica è nulla ai sensi dell’art. 160 c.p.c. per incertezza assoluta su detta persona, a meno che la persona del consegnatario sia sicuramente identificabile attraverso la menzione del suo rapporto con il destinatario (Cass. n. 322 del 2007, n. 12806 del 2006);

che dalla relata di notifica della sentenza impugnata, esaminata dal Collegio, risulta indeterminato il soggetto ricevente la notifica medesima, che l’ufficiale giudiziario ha attestato essere avvenuta “a mani proprie”, senza altra specificazione; difatti, la locuzione “nel domicilio eletto in Catanzaro…presso lo studio dell’avv. Francesco Poerio (c/o avv. Valerio Zimatore)…”, rende del tutto incerto se la consegna sia avvenuta a mani dell’avv. F. Poerio o dell’avv. V. Zimatore; a fronte della contestazione di parte ricorrente, deve ritenersi nulla detta notifica e dunque la sua inidoneità a far decorrere il termine breve per l’impugnazione;

che con il primo si denuncia l’erroneità della sentenza per non avere esaminato le deduzioni difensive svolte dal Comune in appello, con cui si era sollecitato l’esame delle declaratorie contrattuali;

che con il secondo si denuncia omesso esame delle declaratorie medesime, attraverso le quali operare il necessario raffronto comparativo, il cui esito avrebbe consentito di ascrivere le mansioni attribuite a quelle proprie dell’Area D;

che con il terzo motivo si lamenta omessa motivazione in merito alla documentazione ritualmente prodotta ed acquisita al processo e precisamente alle determinazioni con le quali erano stati attribuite al B. le nuove mansioni: determinazione n. 65 del 3 giugno 2005, n. 36 del 12 maggio 2006, n. 10 del 14 febbraio 2007, n. 67 del 7 agosto 2007; l’omesso esame di tali documenti inficiava l’operazione di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, essendo il termine del raffronto del tutto carente; in particolare, il Comune aveva dedotto che nel biennio sopra indicato l’Amministrazione comunale aveva affidato al dipendente le funzioni di responsabile dell’Ufficio Manutenzione Servizi a Rete, di istruzione di tutte le pratiche e di Responsabile del procedimento dell’Ufficio Urbanistica; il dott. B. aveva svolto inoltre funzioni di responsabile del procedimento di tutte le pratiche afferenti la manutenzione dei Servizi a Rete – Provveditorato Generale e infine aveva avuto l’incarico per la redazione del progetto preliminare direzione lavori di completamento del cimitero comunale e di manutenzione ordinaria delle strade interponderali;

che con il quarto motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 nonchè degli artt. 3,8 e 9 C.C.N.L. comparto Regioni e Autonomie locali; l’art. 52 citato ha introdotto la regola di equivalenza formale per cui la Pubblica Amministrazione può legittimamente esercitare lo ius variandi verso altre mansioni, purchè rientranti nella declaratoria contrattuale di inquadramento; tutte le mansioni conferite con gli ordini di servizio susseguitisi dal 2004 in poi rientrano nella categoria D, in quanto mansioni qualificate equivalenti sotto profilo oggettivo;

che il quinto, il sesto e il settimo motivo vertono sul difetto di prova o sulla violazione del relativo onere (art. 2697 c.c.) circa il lamentato danno professionale, il danno da demansionamento e il danno biologico;

che i primi quattro motivi, che involgono profili tra loro connessi e possono essere trattati congiuntamente, sono fondati, restando assorbito nel relativo accoglimento l’esame dei restanti, che attengono a profili dipendenti, poichè fonte di danno risarcibile è l’inadempimento della P.A. datrice di lavoro, oggetto dell’accertamento devoluto al giudice di rinvio;

che il D.Lgs. n. 165 del 2001 ha disciplinato interamente la materia delle mansioni all’art. 52, e, al comma 1, ha sancito il diritto del dipendente ad essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto, o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi (testo anteriore alla sostituzione operata dal D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art. 62, comma 1). La lettera del citato art. 52, comma 1, specifica un concetto di equivalenza “formale”, ancorato cioè ad una valutazione demandata ai contratti collettivi, e non sindacabile da parte del giudice. Ne segue che condizione necessaria e sufficiente affinchè le mansioni possano essere considerate equivalenti è la mera previsione in tal senso da parte della contrattazione collettiva, indipendentemente dalla professionalità specifica che il lavoratore possa avere acquisito in una precedente fase del rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A;

che, a partire dalla sentenza resa dalle Sezioni Unite n. 8740/08, è principio costante nella giurisprudenza di questa Corte che, in materia di pubblico impiego contrattualizzzato, non si applica l’art. 2103 c.c., essendo la materia disciplinata compiutamente dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 (come già detto, nel testo anteriore alla novella recata dal D.Lgs. n. 150 del 2009, art. 62, comma 1, inapplicabile ratione temporis al caso in esame) – che assegna rilievo, per le esigenze di duttilità del servizio e di buon andamento della P.A., solo al criterio dell’equivalenza formale con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che possa quindi aversi riguardo alla citata norma codicistica ed alla relativa elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale che ne mette in rilievo la tutela del c.d. bagaglio professionale del lavoratore, e senza che il giudice possa sindacare in concreto la natura equivalente della mansione (Cass. n. 17396/11; Cass. n. 18283/10; Cass. sez. un. n. 8740/08; v. più recentemente, Cass. n. 7106 del 2014 e n. 12109 e n. 17214 del 2016). Dunque, non è ravvisabile alcuna violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 qualora le nuove mansioni rientrino nella medesima area professionale prevista dal contratto collettivo, senza che il giudice possa sindacare in concreto la natura equivalente delle medesime mansioni. Restano insindacabili tanto l’operazione di riconduzione in una determinata categoria di determinati profili professionali, essendo tale operazione di esclusiva competenza dalle parti sociali, quanto l’operazione di verifica dell’equivalenza sostanziale tra le mansioni proprie del profilo professionale di provenienza e quelle proprie del profilo attribuito, ove entrambi siano riconducibili nella medesima declaratoria;

che tale nozione di equivalenza in senso formale, mutuata dalle diverse norme contrattuali del pubblico impiego, comporta che tutte le mansioni ascrivibili a ciascuna categoria, in quanto professionalmente l’equivalenti, sono esigibili e l’assegnazione di mansioni equivalenti costituisce atto di esercizio del potere determinativo dell’oggetto del contratto di lavoro. Il principio è ribadito anche dal CCNL del Comparto Regioni e Autonomie Locali, che, all’art. 3, comma 2, prevede che, “ai sensi del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56 come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, tutte le mansioni ascrivibili a ciascuna categoria, in quanto professionalmente l’equivalenti, sono esigibili, l’assegnazione di mansioni equivalenti costituisce atto di esercizio del potere determinativo dell’oggetto del contratto di lavoro”;

che nella specie, la Corte territoriale ha ignorato il procedimento logico-giuridico funzionale a tale verifica, non avendo provveduto a: a) ricostruire il contenuto delle mansioni assegnate nel periodo dedotto in giudizio (febbraio 2004 – febbraio 2007); b) esaminare le declaratorie contrattuali con particolare riferimento alla categoria D (di appartenenza); c) porre a raffronto il risultato della prima indagine e i contenuti della normativa contrattuale di riferimento;

che, in particolare, il Giudice di appello: a) non ha ricostruito il quadro fattuale alla luce delle mansioni in essere al febbraio 2004 e di quelle successivamente attribuite mediante i provvedimenti che hanno interessato la posizione del B., susseguitisi nel tempo; b) non ha dato conto alcuno delle disposizioni del contratto collettivo recanti la declaratoria di Area D (e di Area C), avuto riguardo alla posizione D4 rivestita dal B.; c) non ha svolto l’operazione di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, onde verificare la sussistenza o meno della equivalenza delle funzioni attribuite rispetto a quelle proprie della categoria di inquadramento;

che la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame della domanda attenendosi ai principi di diritto sopra enunciati.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 23 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2017

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