Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24352 del 29/10/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 24352 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

sentenza con
motivazione semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

CEROVAC Bruna Cereneka (CRV BRN 41L61 Z118P), rappresentata
e difesa, per procura notarile e procura speciale a margine
del ricorso, dagli Avvocati Nicola Staniscia e Gina
Tralicci, presso lo studio dei quali in Roma, via
Crescenzio n. 20, è elettivamente domiciliata;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (80184430587), in persona del
Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 29/10/2013

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia
depositato in data 10 maggio 2012.
Udita

la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 24 maggio 2013 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;

udito

il

Pubblico Ministero, in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. Lucio Capasso, il quale ha
concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto

che Cerovac Bruna Cereneka, con ricorso in

data 6 luglio 2009, ha chiesto alla Corte d’appello di
Perugia il riconoscimento dell’equa riparazione, ai sensi
della legge 24 marzo 2001, n. 89, per la irragionevole
durata di un giudizio civile iniziato dinanzi al Tribunale
di Roma nell’agosto 1996 e definito con sentenza della
Corte di Cassazione in data 27 marzo 2009;
che l’adita Corte d’appello, con decreto in data 10
maggio 2012 ha dichiarato l’inammissibilità della domanda;
che, accogliendo la preliminare eccezione
dell’Amministrazione resistente, di nullità della procura
rilasciata all’estero, perché priva tanto dell’indicazione
del luogo e della data del rilascio, quanto dell’autentica
di firma, l’adita Corte d’appello disponeva procedersi,
mediante rogatoria

internazionale,

ad interrogatorio

formale della ricorrente che però non compariva;

2

(

udito l’Avvocato Nicola Staniscia;

che il procuratore della parte produceva in udienza
procura notarile, invocando la sanatoria di cui all’art.
182 cod. proc. civ.;
che la Corte d’appello, tuttavia, respingeva la
richiesta di sanatoria, rilevando una insanabile

ricorrente, tra quanto indicato nel ricorso e quanto
indicato nella procura;
che per la cassazione di questo decreto la sig.ra
Cerovac ha proposto ricorso, sulla base di tre motivi,
illustrati da memoria;
che il Ministero intimato ha presentato memoria ai fini
della partecipazione all’udienza di discussione.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di
una motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che, con il primo motivo di ricorso (violazione e falsa
applicazione degli articoli 182 cod. proc. civ., come
modificato dalla legge n. 69 del 2009, 112 cod. proc. civ.,
nonché 115 e 116 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360,
n. 3, cod. proc. civ.) la ricorrente si duole del fatto che
la Corte d’appello, rilevata la nullità della procura,
abbia omesso di concedere un termine per procedere alla
sanatoria della nullità, in violazione dell’art. 182 cod.
proc. civ., come novellato dalla riforma introdotta con

difformità, rispetto al luogo ed alla data di nascita della

legge n. 69 del 2009, e che i giudici di merito abbiano
dichiarato l’inammissibilità del ricorso, con motivazione
illegittima, nonostante il deposito comunque avvenuto della
procura notarile rilasciata dai ricorrenti;
che il motivo di ricorso è fondato;

introdotto con ricorso depositato il 6 luglio 2009, l’art.
182, secondo comma, cod. proc. civ., come modificato dalla
legge n. 69 del 2009, a norma del quale «quando rileva un

difetto di rappresentanza, di assistenza o di
autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità
della procura al difensore, il giudice assegna alle parti
un termine perentorio per la costituzione della persona
alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il
rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il
rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione
della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi, e gli
effetti sostanziali e processuali della domanda si
producono fin dal momento della prima notificazione»;
che le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo
di affermare che «l’art. 182, secondo comma, cod. proc.
civ. (nel testo

applicabile

ratione temporis,

anteriore

alle modifiche introdotte dalla legge n. 69 del 2009),
secondo cui il giudice che rilevi un difetto di
rappresentanza, assistenza o autorizzazione “può” assegnare

che trova applicazione nel presente giudizio, in quanto

un termine per la regolarizzazione della costituzione in
giudizio, dev’essere interpretato, anche alla luce della
modifica apportata dall’art. 46, comma secondo, della legge
n. 69 del 2009, nel senso che il giudice “deve” promuovere
la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e

assegnando un termine alla parte che non vi abbia già
provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc,

senza il

limite delle preclusioni derivanti da decadenze
processuali” (Cass., S.U., n. 9217 del 2010);
che, nel caso in esame, la Corte d’appello non solo non
ha concesso alcun termine per sanare il vizio della procura
eccepito dalla Amministrazione ricorrente, ma non ha tenuto
conto della produzione della procura in udienza da parte
del difensore del ricorrente;
che il primo motivo ricorso è quindi fondato;
che i restanti motivi di ricorso sono assorbiti;
che il decreto impugnato deve conseguentemente essere
cassato, con rinvio alla Corte d’appello di Perugia in
diversa composizione, per nuovo esame della domanda;
che al giudice del rinvio è demandato altresì il
regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte

impugnato e

accoglie
rinvia,

il ricorso;

cassa

il decreto

anche per le spese del giudizio di

indipendentemente dalle cause del predetto difetto,

legittimità, alla Corte d’appello di Perugia, in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Sesta Sezione Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione,

il 24 maggio 2013.

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