Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24351 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. I, 03/11/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 03/11/2020), n.24351

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SANGIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9653/2019 proposto da:

H.D., elettivamente domiciliato in Verona, via Basso Acquar

n. 127, presso lo studio dell’avv. Enrico Varali, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il

21/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/06/2020 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- H.D., proveniente dalla terra del (OMISSIS), ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Venezia avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Verona, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) e della protezione umanitaria.

Con provvedimento emesso in data 21 febbraio 2019, il Tribunale ha rigettato il ricorso.

2.- Con riferimento alla richiesta di riconoscimento del diritto di rifugio, il giudice del merito ha rilevato che i fatti riferiti dal ricorrente non evocano profili di persecuzione diretta e personale per alcuna delle ragioni prese in considerazione dalla normativa vigente.

Con riguardo al tema della protezione sussidiaria, il Tribunale ha rilevato pure che, secondo quanto riferito dal report Amnesty International 2017, il Bangladesh non risulta presentare, nell’attuale, indici specifici e peculiari di pericolosità. Il quadro complessivo del Paese – ha annotato il decreto – non dà conto di conflitti armati o di situazioni di violenza indiscriminata.

Quanto poi alla protezione umanitaria, il giudice ha rilevato che non risultano riscontrabili specifiche situazioni soggettive che legittimino il riconoscimento di siffatta concessione: “la vicenda personale del ricorrente non vale a rappresentare un rischio specifico”; “nè alcuna dimostrazione è stata fornita” – si è affermato – “rispetto alle ripercussioni post traumatiche subite dal ricorrente con riferimento al periodo trascorso in Libia”.

3.- Avverso questo provvedimento H.D. ha presentato ricorso, affidato a un motivo di cassazione.

Il Ministero non ha svolto difese nel presente grado di giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorso assume “violazione ex art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 – nullità della sentenza per motivazione apparente/inesistente in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 bis: per non avere il Tribunale di Venezia esaminato la richiesta di riconoscimento della protezione umanitaria in relazione alla condizione di vulnerabilità e alla condizione di vita del ricorrente introdotte in giudizio e per avere adottato sul punto una motivazione apparente/inesistente”.

Rileva in particolare il ricorrente che il Tribunale – pur ritenendo credibile il racconto del richiedente di vivere in condizioni di estrema povertà nel proprio Paese di origine e pur sottolineando la situazione di “grave instabilità”, che attraversa il Bengala – ha poi non comprensibilmente affermato che l’eventuale suo rimpatrio non determinava l’emersione di rischi specifici. Del pari, ha errato il Tribunale a non approfondire il tema delle sofferenze e privazioni che il richiedente ha patito durante il suo soggiorno in Libia, che si è protratto per più di due anni.

5.- Il ricorso è fondato, e merita dunque di essere accolto, secondo i termini che si vengono a indicare.

La censura del ricorrente non appare, per la verità, condivisibile là dove assume che il Tribunale ha mal giudicato peso e misura del rischio a cui sarebbe esposto il richiedente nel caso di suo rimpatrio nei Paese di origine. Nei fatti, il decreto ha invece puntualmente rilevato che il carattere “personale” della vicenda relativa al ricorrente “non vale a rappresentare un rischio specifico in caso di rimpatrio”.

Centrata si manifesta, invece, l’altra censura mossa in proposito dal ricorrente. Il Tribunale ha errato – è, dunque, in via distinta da osservare – nel non prendere in considerazione la situazione del richiedente con riferimento al Paese di sua ultima dimora stabile (la Libia).

In effetti, la giurisprudenza di questa Corte ha puntualizzato che l’esperienza vissuta dal richiedente nel c.d. Paese di transito ben può rivestire un rilievo affatto peculiare – per il tema della protezione umanitaria, in particolare -, allorchè questa “presenti un certo grado di significatività in relazione a indici specifici”, quale ad esempio può essere la durata in concreto del soggiorno o anche le forti sofferenze o traumi ivi subiti (cfr., in specie, la pronuncia di Cass., 3 luglio 2020, n. 13758).

6.- Il ricorso va dunque accolto e di conseguenza cassato, per quanto di ragione (la statuizione relativa alla materia della protezione umanitaria, cioè), il decreto impugnato. Per l’effetto, la controversia va rinviata al Tribunale di Venezia che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato con riferimento alla statuizione relativa alla protezione umanitaria e rinvia la controversia al Tribunale di Venezia che, in diversa composizione, provvederà pure alle determinazioni inerenti alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

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