Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24350 del 29/10/2013
Civile Sent. Sez. 6 Num. 24350 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO
SENTENZA
sentenza con
motivazione semplificata
sul ricorso proposto da:
DRASIC Drusan (DRS DSN 56C01 Z118D)
e DRASIC VOJMIR (DRS
VMR 48P15 Z118P), rappresentati e difesi, per procura
notarile e procura speciale a margine del ricorso, dagli
Avvocati Nicola Staniscia e Gina Tralicci, presso lo studio
dei quali in Roma, via Crescenzio n. 20, sono elettivamente
domiciliati;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (80184430587), in persona del
Ministro
pro
tempore,
rappresentato e difeso
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
1
Data pubblicazione: 29/10/2013
- controrícorrente –
avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia
depositato in data 22 giugno 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24 maggio 2013 dal Consigliere relatore Dott.
udito l’Avvocato Nicola Staniscia;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. Lucio Capasso, il quale ha
concluso per l’accoglimento del quarto motivo di ricorso e
il rigetto degli altri.
Ritenuto che Drasic Dusan e Vojmir, con ricorso in data
6 luglio 2009, hanno chiesto alla Corte d’appello di
Perugia il riconoscimento dell’equa riparazione, ai sensi
della legge 24 marzo 2001, n. 89, per la irragionevole
durata di un giudizio civile svoltosi dinanzi al Tribunale
e alla Corte d’appello di Roma, iniziato nel febbraio 2000
e definito nel giugno 2008;
che l’adita Corte d’appello, con decreto in data 22
giugno 2012, ha dichiarato l’inammissibilità della domanda;
che,
accogliendo
la
preliminare
eccezione
dell’Amministrazione resistente,
sulla nullità delle
procure rilasciate all’estero,
perché prive tanto
dell’indicazione del luogo e della data del rilascio,
quanto dell’autentica di firma, l’adita Corte d’appello
2
Stefano Petitti;
disponeva procedersi ad interrogatorio formale dei
ricorrenti, per mezzo di rogatoria internazionale;
che il Ministero della Giustizia della Repubblica di
Croazia notificava che detto interrogatorio formale non
poteva essere espletato;
due procure notarili, una per ciascun ricorrente, invocando
la sanatoria di cui all’art. 182 cod. proc. civ.;
che la Corte d’appello, tuttavia, respingeva la
richiesta di sanatoria, rilevando una insanabile difformità
rispetto al luogo di nascita ed alla residenza dei
ricorrenti, tra quanto indicato nel ricorso e quanto
indicato nella procura;
che per la cassazione di questo decreto i signori
Drasic hanno proposto ricorso, sulla base di quattro
motivi, illustrati da memoria;
che
il Ministero
intimato ha resistito con
controricorso.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di
una motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che, con il primo motivo di ricorso (violazione e falsa
applicazione degli artt. 182 cod. proc. civ., come
modificato dalla legge n. 69 del 2009, 112 cod. proc. civ.,
nonché 163 e 164 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360,
che i procuratori delle parti producevano in udienza
n. 3, cod. proc. civ.) i ricorrenti si dolgono del fatto
che la Corte d’appello, rilevata la nullità della procura,
abbia omesso di concedere qualsivoglia sanatoria, in
violazione dell’art. 182 cod. proc. civ., come novellato
dalla riforma introdotta con legge n. 69 del 2009, e che i
ricorso, con motivazione illegittima, nonostante il
deposito comunque avvenuto della procura notarile
rilasciata dai ricorrenti;
che il motivo di ricorso è fondato;
che trova applicazione nel presente giudizio, in quanto
introdotto con ricorso depositato il 6 luglio 2009, l’art.
182, secondo comma, cod. proc. civ., come modificato dalla
legge n. 69 del 2009, a norma del quale «quando rileva un
difetto di rappresentanza, di assistenza o di
autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità
della procura al difensore, il giudice assegna alle parti
un termine perentorio per la costituzione della persona
alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il
rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il
rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione
della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi, e gli
effetti sostanziali e processuali della domanda si
producono fin dal momento della prima notificazione»;
giudici del merito abbiano dichiarato l’inammissibilità del
che le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo
di affermare che «l’art. 182, secondo comma, cod. proc.
civ. (nel testo applicabile
ratione temporis,
anteriore
alle modifiche introdotte dalla legge n. 69 del 2009),
secondo cui il giudice che rilevi un difetto di
un termine per la regolarizzazione della costituzione in
giudizio, dev’essere interpretato, anche alla luce della
modifica apportata dall’art. 46, comma secondo, della legge
n. 69 del 2009, nel senso che il giudice “deve” promuovere
la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e
indipendentemente dalle cause del predetto difetto,
assegnando un termine alla parte che non vi abbia già
provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc,
senza il
limite delle preclusioni derivanti da decadenze
processuali” (Cass., S.U., n. 9217/2010);
che, nel caso di specie, la Corte d’appello non solo
non ha concesso alcun termine per sanare il vizio della
procura eccepito dalla Amministrazione ricorrente, ma non
ha tenuto in alcun conto la produzione delle procure in
udienza da parte del difensore delle parti;
che il primo motivo ricorso è quindi fondato;
che i restanti motivi di ricorso sono assorbiti;
rappresentanza, assistenza o autorizzazione “può” assegnare
che il decreto impugnato deve conseguentemente essere
cassato, con rinvio alla Corte d’appello di Perugia in
diversa composizione, per nuovo esame della domanda;
che al giudice del rinvio è demandato altresì il
regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
La Corte il
impugnato e
accoglie
rinvia,
il ricorso;
cassa
il decreto
anche per le spese del giudizio di
legittimità, alla Corte d’appello di Perugia, in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Sesta Sezione Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione,
il 24 maggio 2013.
PER QUESTI MOTIVI