Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24350 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. I, 03/11/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 03/11/2020), n.24350

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SANGIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8605/2019 proposto da:

B.J., elettivamente domiciliato in Roma Via Teofilo

Folengo, 49, presso lo studio dell’avvocato Facilla Giovanni Maria,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma,

via dei Portoghesi n. 12 – Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il

31/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/06/2020 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- B.J., proveniente dalla terra del Gambia, ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Venezia avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Verona, sezione di Vicenza, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) e della protezione umanitaria.

Con provvedimento emesso in data 31 gennaio 2019, il Tribunale ha rigettato il ricorso.

2.- Con riferimento alla richiesta di riconoscimento del diritto di rifugio, il giudice del merito ha rilevato che i “fatti riferiti dal ricorrente non evocano profili di persecuzione diretta e personale per alcuna delle ragioni prese in considerazione dalla Convenzione di Ginevra”. Ha anche ritenuto la non credibilità del racconto, così fornito, per la serie di incongruenze e di contraddizioni che lo contaminano.

Con riguardo al tema della protezione sussidiaria, il Tribunale ha rilevato pure che, secondo quanto riferito dal report Amnesty International 2017/2018, il Gambia non presenta, nell’attuale, indici specifici e peculiari di pericolosità. Il quadro complessivo del Paese ha annotato il decreto – “non dà conto di alcun conflitto armato o di situazioni di violenza indiscriminata”.

Quanto poi alla protezione umanitaria, il giudice ha rilevato che non risultano riscontrabili specifiche situazioni soggettive che legittimino il riconoscimento di siffatta concessione; del resto, “non è possibile ritenere che la situazione del ricorrente in Italia sia migliore di quella del Paese di provenienza” – è stato anche aggiunto -, “in quanto lo stesso ha riferito in sede di audizione giudiziale di non lavorare”.

3.- Avverso questo provvedimento B.J. ha presentato ricorso, affidato a tre motivi di cassazione.

Il Ministero ha resistito, presentando controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- I motivi di ricorso presentanti dal ricorrente risultano così intestati: (i) il primo motivo, “mancata assunzione dell’onere probatorio”; (ii) il secondo motivo, “sussistenza del diritto di asilo”; (iii) “applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e art. 5, comma 6”.

5.- In appendice ai motivi, il ricorso chiede a questa Corte l’emissione di un provvedimento cautelare che, nelle more del giudizio, disponga in via preventiva l’anticipazione degli effetti della decisione finale.

6.- La richiesta di un provvedimento cautelare di sospensione è inammissibile. Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, attribuisce in via esclusiva al giudice che ha adottato il provvedimento impugnato il potere di decidere sull’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato (cfr. Cass., n. 11756 del 2020).

7.- Il ricorso è inammissibile.

Nello svolgimento dei tre motivi che lo compongono, il ricorso si limita a svolgere delle considerazioni di mero genere e del tutto astratte dalla fattispecie concreta a cui pur dovrebbe essere pertinente.

Nei fatti, la motivazione adottata dal Tribunale non risulta presa minimamente in esame dal ricorso che è stato approntato. Non diversamente è da dire quanto alla specifica posizione della persona del richiedente, come pure della situazione del Paese di sua provenienza, che pure il ricorso appare ignorare.

8.- Le spese del giudizio di legittimità seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 2.100,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

 

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