Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2435 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 31/01/2017, (ud. 29/11/2016, dep.31/01/2017),  n. 2435

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24337-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.E.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 71/2010 della COMM.TRIB.REG. dell’Emilia

Romagna, depositata il 05/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/11/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GALLUZZO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate notificava a T.E. tre avvisi di accertamento per Irpef relativa agli anni di imposta 1983, 1984 e 1985.

Contro gli avvisi di accertamento il contribuente, nell’anno 1989, proponeva distinti ricorsi alla Commissione tributaria provinciale di Bologna che li rigettava con le sentenze n. 312, 313 e 314 del 2003.

A seguito della definitività degli avvisi di accertamento, l’Ufficio iscriveva a ruolo la complessiva somma di Euro 960.168 e l’agente della riscossione notificava la relativa cartella di pagamento.

Contro la cartella di pagamento T.E. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Bologna che lo accoglieva con sentenza n. 268 del 2006.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo rigettava con sentenza del 5.7.2010. Il giudice di appello ribadiva che le sentenze che avevano confermato i prodromici avvisi di accertamento dovevano ritenersi “inesistenti” in quanto emesse senza rivolgere al contribuente l’invito a munirsi di un difensore tecnico a norma del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 12.

Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate propone ricorso con unico motivo, deducendo la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 79, artt. 161 e 327 c.p.c. nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha ritenuto che il mancato invito al contribuente a munirsi di un difensore, integri un’ipotesi di inesistenza della sentenza che ha concluso io relativo giudizio.

Il ricorrente non resiste.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato. Il mancato invito al contribuente a munirsi di difensore, verificatosi nel corso del giudizio di primo grado avente ad oggetto gli avvisi di accertamento, traducendosi in un vizio del procedimento non determina l’inesistenza ma la nullità della sentenza che, per il principio di conversione delle nullità in mezzo di gravame, deve formare oggetto di specifica impugnazione, in assenza della quale si forma sul punto il giudicato che “fa stato ad ogni effetto tra le parti” a norma dell’art. 2908 c.c. (in termini Sez. 5, Sentenza n. 8637 del 15/04/2011, Rv. 617525).

La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio per nuovo giudizio alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione. Le spese del giudizio di legittimità saranno regolate all’esito del giudizio di rinvio.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio, anche sulle spese, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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