Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2435 del 02/02/2011

Cassazione civile sez. II, 02/02/2011, (ud. 22/12/2010, dep. 02/02/2011), n.2435

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. PROTO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 18737/05) proposto da:

D.P.C. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e

difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.

Di Trapani Giuseppe ed elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’Avv. Barlettelli Patrizia, in Roma, via della Bufalotta, n. 174;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PALERMO, in persona del Sindaco pro-tempore;

– intimato –

Avverso la sentenza del Giudice di pace di Palermo n. 9236/2004,

depositata il 1 ottobre 2004;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 22

dicembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

Ceniccola Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato presso la cancelleria del giudice di pace di Palermo in data 12 maggio 2004, D.P.C. proponeva opposizione avverso il verbale di accertamento n. 211713/2003 del 7 novembre 2003, notificato il 13 marzo 2004, elevato dalla Polizia municipale di Palermo, con il quale le veniva contestata la violazione di cui al combinato disposto del D.Lgs. n. 285 del 1992, artt. 41 e 146 (cd. C.d.S.). Nella contumacia dell’opposta P.A., il giudice adito, con sentenza n. 9236 del 2004 (depositata il 1 ottobre 2004), rigettava la proposta opposizione, ravvisandone l’infondatezza, posto che la violazione accertata con l’impugnato verbale di accertamento, facente fede fino a querela di falso (nella specie non proposta dalla ricorrente), era stata legittimamente rilevata e contestata ritualmente in modo differito (come consentito dal C.d.S.).

Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la D.P.P., basato su quattro motivi. L’intimato Comune non si è costituito in questa fase.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente ha censurato la sentenza del giudice di pace di Palermo prospettando, in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la supposta violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 c.c., sul presupposto che, avuto riguardo alle modalità di accertamento in rapporto alla violazione oggetto del verbale di contestazione, il verbale della Polizia municipale non si sarebbe potuto considerare dotato dell’efficacia propriamente prevista dal citato art. 2700 c.c..

1.1. Nella motivazione della sentenza impugnata si argomenta, in modo sufficiente, che la violazione ascritta alla ricorrente (riconducibile al combinato disposto degli artt. 41 e 146 C.d.S., ovvero riferibile al constatato attraversamento di incrocio con semaforo lampeggiante luce rossa) era risultata basata sulle emergenze del verbale di accertamento, il quale, indipendentemente dallo svolgimento dinamico del fatto oggetto del rilievo effettuato, doveva considerarsi munito della fidefacienza prevista dall’art. 2700 c.c. e che, quindi, faceva prova di quanto in esso attestato fino a querela di falso, la quale non risultava essere stata, nella specie, proposta. In tal senso, il giudicante si è attenuto al principio fatto proprio recentemente dalle Sezioni unite di questa Corte (v.

sentenza n. 17355 del 24 luglio 2009), secondo il quale, nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione relativo al pagamento di una sanzione amministrativa (ovvero in quello relativo all’opposizione diretta in sede giurisdizionale avverso il verbale di accertamento per violazioni relative al Cd. C.d.S., come consentito dall’attuale art. 204 bis stesso C.d.S.) è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile contraddittorietà oggettiva, mentre è riservata al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale, la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgimento dei fatti. In altri termini – secondo il ricordato recente arresto delle Sezioni unite (con il quale è stato superato l’orientamento accolto nella sentenza delle stesse Sezioni unite n. 12545 del 1992) – l’efficacia di cui all’art. 2700 c.c. riconoscibile al verbale di accertamento concerne inevitabilmente tutti gli accadimenti e le circostanze pertinenti alla violazione constatata menzionati nell’atto indipendentemente dalla modalità statica o dinamica della loro percezione, pur rimanendo fermo l’obbligo del pubblico ufficiale di descrivere le condizioni soggettive ed oggettive dell’accertamento, giacchè egli deve dar conto nell’atto pubblico non soltanto della sua presenza rispetto ai fatti attestati, ma anche delle ragioni per le quali detta presenza ne ha consentito l’attestazione. Sotto altra prospettiva, dunque, l’approccio (v., in senso conforme alla sentenza delle Sezioni unite del 2009, anche la più recente Cass., sez. 2^, 11 gennaio 2010, n. 232) alla questione relativa all’ammissibilità della contestazione e della prova nel giudizio di opposizione a provvedimento irrogativo di sanzione amministrativa non deve essere condotto con riguardo alle circostanze di fatto della violazione attestate nel verbale come percepite direttamente ed immediatamente dal pubblico ufficiale ed alla possibilità o probabilità di un errore nella loro percezione (che devono essere necessariamente confutate, ove contestate, con il rimedio apposito della querela di falso), ma esclusivamente in relazione a circostanze che esulano dall’accertamento, quali l’identificazione dell’autore della violazione e la sua capacità o la sussistenza dell’elemento soggettivo o di cause di esclusione della responsabilità, ovvero rispetto alle quali l’atto – come già sottolineato – è insuscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile oggettiva contraddittorietà (come, ad es., quando risulti una mancata corrispondenza obiettiva tra numero di targa e tipo di veicolo al quale essa è attribuita, nel mentre, nei caso esaminato dal giudice di pace di Palermo, non è stata contestata la suddetta corrispondenza col riferimento al veicolo effettivamente risultato di proprietà della D.P. ma dedotta soltanto la supposta erroneità dell’attività di percezione del verbalizzante nella rilevazione dei numero di targa, circostanza per la cui confutazione, però, per quanto precedentemente evidenziato, la giurisprudenza di questa Corte ritiene ora necessario l’esperimento della querela di falso).

2. Con il secondo motivo la ricorrente ha prospettato, in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un punto decisivo della controversia riconducibile alla necessaria contestazione immediata dell’infrazione rilevata con il verbale opposto, aspetto sul quale il giudice di pace non aveva rilevato nulla, cosi incorrendo nella violazione dell’art. 112 c.p.c..

2.1. Il motivo è inammissibile perchè – in ossequio alla giurisprudenza pacifica di questa Corte (v. Cass. 4 giugno 2007, n. 12952, e Cass. 17 dicembre 2009, n. 26598) – la deduzione in sede di legittimità della violazione dell’art. 112 c.p.c. deve essere fatta valere non come vizio di violazione di legge (ricollegabile all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) ovvero – come è avvenuto nel caso di specie – come motivo riconducibile all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (ossia come vizio di motivazione), bensì come doglianza esclusivamente riferibile al n. 4 dello stesso articolo. In ogni caso si rileva che, nella parte motiva della sentenza impugnata, viene dato atto, in modo adeguato, della non necessità di provvedere – con riferimento all’accertata violazione – alla contestazione immediata (sul corretto presupposto che si ricadesse in uno dei casi di esonero da tale indispensabilità, ai sensi dell’art. 201 C.d.S., nuovo comma 1 bis, come introdotto per effetto del D.L. n. 151 del 2003, art. 4, comma 1, lett. b), conv., con modif, nella L. n. 214 del 2003), essendo risultato sufficiente che si fosse proceduto, nel caso di specie, alla legittima contestazione dell’infrazione in modo differito nel prescritto termine.

3. Con il terzo motivo la D.P. ha dedotto, sempre con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un punto decisivo della controversia con riguardo alla non esaminata eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 201 bis (rectius: art. 201 C.d.S., comma 1 bis), con il quale il legislatore ha voluto escludere l’indispensabilità della contestazione immediata anche nell’ipotesi di attraversamento di incrocio stradale con il semaforo lampeggiante luce rossa. La ricorrente ha riproposto, nella presente sede di legittimità, la stessa questione di costituzionalità.

3.1. Anche tale prospettazione giuridica è priva di pregio.

Al di là dell’erroneità del riferimento ad un inesistente art. 201 bis cd. C.d.S. (dovendosi, invero, ritenere che la ricorrente abbia, in effetti, voluto rivolgere la sua doglianza all’art. 201 C.d.S., comma 1 bis) e della generica individuazione dei parametri costituzionali che si sarebbero dovuti ritenere violati (discorrendosi, essenzialmente, di una supposta violazione del diritto di difesa), il collegio rileva che la questione (implicitamente disattesa dal giudice di pace di Palermo) – relativa alla previsione, nella richiamata norma, dell’esclusione della necessità della contestazione immediata anche nell’ipotesi dell’accertamento dell’infrazione riconducibile all’attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante luce rossa – si profila manifestamente infondata avuto riguardo al dedotto impedimento per il contravventore di predisporre una valida ed adeguata difesa (in relazione al principio contemplato dall’art. 24 Cost., comma 2). In proposito è sufficiente osserva che la Corte costituzionale (v.

ordinanze n. 307/2006 e n. 155/2007), con riguardo ad analoghe questioni di costituzionalità sollevate, le ha ritenute, appunto, manifestamente infondate sul presupposto che l’omissione della contestazione immediata di un’infrazione punita con una misura amministrativa non integra di per sè una violazione del diritto di difesa e che la mancata presentazione di osservazioni, scritti difensivi e documenti non condiziona affatto la possibilità di tutela giurisdizionale, potendo questa intervenire dopo un atto dell’amministrazione lesivo della posizione del responsabile (autore e obbligato solidale), che è normalmente l’atto (l’ordinanza- ingiunzione o anche, con riferimento alle violazioni al codice della strada, il verbale di accertamento) che contiene la determinazione e/o l’irrogazione della sanzione.

4. Con il quarto motivo la ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 126 bis C.d.S., comma 2, alla luce della sentenza n. 27 del 2005 della Corte costituzionale, che, dovendosi equiparare a “ius superveniens”, avrebbe dovuto trovare applicazione anche nel giudizio in questione, chiedendo, pertanto, la dichiarazione di illegittimità del provvedimento di applicazione della detrazione dei punti dalla sua patente di guida.

4.1. Quest’ultimo motivo è palesemente inammissibile poichè l’oggetto del giudizio di opposizione instaurato dinanzi al giudice di pace di Palermo riguardava esclusivamente la sanzione pecuniaria riconducibile a verbale di accertamento impugnato, ragion per cui, con la prospettata doglianza, la ricorrente ha, in effetti, dedotto un profilo relativo ad un aspetto che deve ritenersi inammissibilmente proposto per la prima volta nella presente sede di legittimità.

5. In definitiva, quindi, il ricorso deve essere integralmente rigettato, senza che si debba adottare alcuna pronuncia sulle spese del presente giudizio a carico della soccombente ricorrente, in difetto della costituzione dell’intimato Comune di Palermo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2011

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