Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24347 del 29/10/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 24347 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: D’ANTONIO ENRICA

SENTENZA

sul ricorso 10896-2009 proposto da:
NICOTRA

ANTONINO

FNRCST64D58F158Q,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GUIDO ALFANI 29, presso lo
studio dell’avvocato PANETTA GIANMARCO, rappresentato
e difeso dagli avvocati SACCO MARIA ANTONIETTA, FANARA
CRISTINA, CANNIZZARO GIUSEPPA, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
2749

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso lo

Data pubblicazione: 29/10/2013

studio dell’avvocato AREA LEGALE TERRITORIALE DI ROMA
DI POSTE ITALIANE, rappresentata e difesa
dall’avvocato URSINO ANNA MARIA, giusta delega in
atti;
– controricorrente

7665/2007 della CORTE D’APPELLO

di ROMA, depositata il 30/05/2008 r.g.n. 2540/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

02/10/2013

dal Consigliere Dott. ENRICA

D’ANTONIO;
udito l’Avvocato CANNIZZARO GIUSEPPE;
udito l’Avvocato AIAZZI ROBERTA per delega URSINO ANNA
MARIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

avverso la sentenza n.

RG n 10896/2009

Nicotra Antonino / Poste Italiane spa

Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 30 maggio 2008 la Corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza
del Tribunale, ha respinto la domanda proposta da Antonino Nicotra volta a far accertare la nullità
della clausola di cui all’accordo integrativo al CCNL del 1994 e del conseguente collocamento a
riposo comunicato al lavoratore dalla società Poste Italiane in data 8 febbraio 1997.
La Corte territoriale ha rilevato che il lavoratore lamentava l’illegittimità del provvedimento di

contrastante con disposizioni imperative di legge, norma che prevedeva la risoluzione del rapporto
in caso di raggiungimento del 65″ anno di età nonché in caso di raggiungimento della massima
anzianità contributiva senza obbligo per il datore di lavoro di dare preavviso o di corrispondere la
relativa indennità.
La Corte d’Appello ha rilevato , in via preliminare, che non era controverso che il lavoratore,
rispetto alla data di collocamento a riposo, era rimasto inattivo per cinque anni fino a quando aveva
promosso il tentativo obbligatorio di conciliazione con nota ricevuta dalla società I’8 febbraio 2002.
Secondo la Corte dal comportamento tenuto dal lavoratore emergeva in maniera univoca la volontà
di prestare acquiescenza all’immediata risoluzione del rapporto disposta in applicazione di una
previsione contrattuale collettiva. Ela rilevato pertanto che il lavoratore aveva acconsentito, in modo
implicito ma chiaro, alla cessazione del rapporto di lavoro con la conseguenza che non aveva titolo
per formulare richieste di risarcimento.
Avverso la sentenza propone ricorso in Cassazione Antonino Nicotra formulando tre motivi
successivamente illustrati con memoria ex art 378 c.p.c. Si costituisce Poste Italiane depositando
controricorso .
Motivi della decisione.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli articoli 1418, 1419, 1422
c.c. nonché omessa e contraddittoria motivazione.
Osserva che la norma collettiva sulla base della quale era stato disposto il licenziamento era
nulla,così come accertato da copiosa giurisprudenza della Suprema Corte, con la conseguenza che
erano nulli tutti i provvedimenti e gli atti adottati in applicazione della stessa.
Lamenta che la Corte d’Appello era incorsa in errore accogliendo ,in via preliminare, rispetto alla
richiesta di dichiarazione di nullità della clausola e del conseguente provvedimento di collocamento
a riposo , l’eccezione di acquiescenza del lavoratore.
Con il secondo motivo denuncia violazione dell’articolo 1372 c.c. in relazione all’articolo
2697 CC. Lamenta che il decorso di un certo periodo di tempo dalla cessazione del rapporto al
1

collocamento a riposo in quanto disposto sulla base di una norma pattizia illegittima poiché

tentativo di conciliazione o alla notifica del ricorso in primo grado non costituiva affatto inequivoco
indice della volontà di prestare acquiescenza alla risoluzione del rapporto di lavoro; che il tempo
costituiva un fatto neutro ; che , oltre al lasso di tempo , era necessario accertare la presenza di una
volontà chiara e certa di volere porre definitivamente fine ad ogni rapporto e che solo la presenza di
molteplici elementi di fatto precisi e concordanti avrebbe potuto giustificare la presunzione di
volontà di prestare acquiescenza con onere probatorio gravante su Poste Italiane.
Con il terzo motivo denuncia violazione dell’articolo 410 c.p.c., 149 c.p.c., dell’articolo 4,

Rileva che la Corte erroneamente aveva affermato che il lavoratore aveva promosso il tentativo di
conciliazione in data 8 febbraio 2002. Rileva che invece aveva impugnato la comunicazione di
risoluzione del rapporto ed offerto la propria disponibilità a prestare attività lavorativa in data 29
maggio 2001 e che tale atto costituiva formale costituzione in mora interruttivo di qualsiasi termine
di prescrizione sebbene la commissione avesse comunicato la convocazione a distanza di sette
mesi e che, pertanto, il lavoratore avesse richiesto il ripristino del rapporto di lavoro ben prima del
decorso di cinque anni.
Il primo ed il secondo motivo sono fondati .11 terzo motivo resta assorbito.
Deve, in primo luog9rilevarsi che la questione della nullità della clausola dell’accordo integrativo al
CCNL del 1994 ,che prevede la risoluzione del rapporto di lavoro in caso di raggiungimento del
65″ anno di età nonché in caso di raggiungimento della massima anzianità contributiva senza
obbligo per il datore di lavoro di dare preavviso o di corrispondere la relativa indennità, non è posta
in discussione dalle parti e non è oggetto di contrasto . Appare, pertanto, sufficiente richiamare la
copiosa giurisprudenza di questa Corte secondo cui “con riferimento al rapporto lavorativo
privatizzato (ex D.L. n. 487 del 1993, conv. nella legge n. 71 del 1994) dei dipendenti dell’Ente
Poste Italiane, stante la tipicità e tassatività delle fattispecie di estinzione del rapporto di lavoro a
tempo indeterminato, è illegittima, per violazione di norme imperative, la clausola contenuta
nell’accordo integrativo del contratto collettivo 26 novembre 1994, secondo la quale il rapporto di
lavoro si risolve automaticamente al raggiungimento della massima anzianità contributiva” 8 cfi Cass 1785/2003, 2406/2004, 14283/2004)
Dalla affermata nullità della clausola discende la nullità della risoluzione disposta da Poste Italiane
del Nicotra fondata sulla citata clausola nonché la continuità giuridica del rapporto, interrotto solo
di fatto con conseguente diritto al risarcimento determinato dall’atto illegittimo del datore di
lavoro.
La Corte territoriale ha ritenuto , tuttavia, che la domanda del lavoratore, volta proprio a far
accertare l’illegittimità del suo collocamento a riposo e la continuità del rapporto di lavoro non
2

comma 3’della legge 890/ 1982, nonché omessa insufficiente motivazione.

meritasse accoglimento sul presupposto che era provata l’acquiescenza del Nicotra alla risoluzione
del rapporto atteso che aveva lasciato trascorrere circa 5 anni prima di impugnare il provvedimento
di collocamento a riposo.
Pur spettando al giudice di merito il potere di valutazione del fatto, la decisione della Corte è
censurabile in quanto fondata sulla sola circostanza che il tempo lasciato trascorrere dal lavoratore
fosse idoneo ad affermare la manifestazione di una autonoma volontà dello stesso di risoluzione
del rapporto e di acquiescenza al suo collocamento a riposo.

rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 1372, primo comma, C.C., anche in presenza non di
dichiarazioni ma di comportamenti significativi tenuti dalle parti e che il lasciare passare un
rilevante periodo di tempo dalla conclusione dell’ultimo periodo di prestazione lavorativa prima di
far valere in giudizio l’illegittimità della risoluzione chiedendo il ripristino del rapporto non
giustifica di per sè solo l’opinione che sia intervenuta una risoluzione consensuale del contratto(cfr.
Cass. 15 dicembre 1997 n. 12665).
Corollario di siffatti principi è che per la configurabilità di una risoluzione per mutuo consenso è
necessario accertare – sulla base del lasso di tempo lasciato trascorrere dopo la conclusione
dell’ultimo contratto nonché alla stregua delle modalità di tale conclusione, del comportamento
tenuto dalle parti e di eventuali altre significative circostanze – che sia presente una volontà chiara e
certa delle parti di volere, d’accordo tra loro, porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo.
La valutazione del significato e della portata di siffatte circostanze – la cui prova deve essere fornita
in base alla regola generale sull’onere della prova da chi fa valere in giudizio la risoluzione per
mutuo consenso – spetta al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di
legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto (v. ad es. Cass. 11-11-2009 n. 23872,
Cass. 10-11-2008 n. 26935, Cass. 28-9-2007 n. 20390, Cass. 17-12-2004 n. 23554, Cass. 11-122001 n. 15621). Nella specie , tuttavia, la Corte d’Appello di Roma ha ritenuto,omettendo idonea
motivazione, provata tale volontà di prestare acquiescenza arguendola solo dal tempo trascorso dal
collocamento a riposo fino alla proposizione del ricorso senza neppure valutare le argomentazioni
offerte dal lavoratore che sottolinea come il collocamento a riposo con dette modalità costituiva la
prassi generalizzata determinando la convinzione del lavoratore nella correttezza del provvedimento
assunto in base a norma collettiva e con il beneplacito delle OOSS. La Corte territoriale ha desunto,
invece, l’acquiescenza dal mero trascorrere del tempo senza ulteriore valutazione dell’ eventuale
concomitante concorso di più elementi di fatto idonei a fondare una presunzione di acquiescenza.
Per le ragioni che precedono la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi
accolti ed il giudizio rinviato alla Corte d’Appello di Roma , in diversa composizione, che
3

Questa Corte ha ripetutamente ribadito che è configurabile la risoluzione per mutuo consenso del

procederà ad un nuovo esame della controversia in base ai rilievi e alla stregua dei principi sopra
menzionati . 11 medesimo giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
PQM
Accoglie il primo ed il secondo motivo , dichiara assorbito il terzo ; cassa la sentenza impugnata in
relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Roma ,in diversa composizione ,anche
per le spese del presente giudizio.

Roma 2/10/2013

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