Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24347 del 18/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 18/11/2011, (ud. 22/09/2011, dep. 18/11/2011), n.24347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20841-2009 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CARSO 23,

presso lo studio dell’avvocato DAMIZIA MARIA ROSARIA, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BOLOGNA, in persona

del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 148/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 19/03/2009 R.G.N. 564/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2011 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato DAMIZIA MARIA ROSARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA PIETRO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ex art. 414 c.p.c., P.M. conveniva in giudizio l’ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITA’DEGLI STUDI DI BOLOGNA, lamentando di essere stato assunto, con mansioni di operatore amministrativo, 5^ qualifica, Area Funzionale Amministrativo Contabile, a seguito di pubblico concorso, con contratto a tempo determinato stipulato in data 13/07/1999, con durata sino al 12/07/2000, e successivamente prorogato una prima volta fino al 12/07/2001 ed una seconda volta fino al 12/07/2002, in violazione della L. n. 230 del 1962, art. 2, commi 1 e 2, e del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, nonchè delle norme del c.c.n.l. Comparto Università 1994-97 (art. 19), vigente al momento della stipula del contratto e delle due successive proroghe, nonchè dell’art. 16, comma 1, lett. d) del Regolamento in materia di accesso all’impiego presso l’Università degli Studi di Bologna da parte del personale tecnico amministrativo, emanato con Decreto Rettorale 26 maggio 1998, n. 691 e vigente al momento della stipula del contratto e delle due successive proroghe.

Richiedeva pertanto, in via principale che, dichiarate invalide le menzionate proroghe, si accertasse “l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra il ricorrente e l’Università degli Studi di Bologna con conseguente condanna di quest’ultima a reintegrare o riassumere il Sig. P. nella sua precedente posizione lavorativa, con le medesime mansioni, e al risarcimento di tutti i danni subiti dallo stesso”, e, in via subordinata, che “accertata l’illegittimità… delle proroghe successive alla scadenza del primo contratto di lavoro a tempo determinato…, dichiarare tenuta e condannare l’Università degli Studi di Bologna al risarcimento dei danni subiti dallo P., quantificabili nell’importo corrispondente alla maggiorazione della retribuzione nella misura del 20% per i primi dieci giorni e del 40% per i giorni di lavoro ulteriori e relativi a tutta la durata del rapporto di lavoro successiva alla scadenza del primo contratto di lavoro”.

Si costituiva in giudizio l’ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BOLOGNA contestando tutto quanto dedotto e richiesto dal ricorrente e chiedendo “In via principale: previa declaratoria di manifesta infondatezza della questione di incostituzionalità del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 sollevata nel ricorso, rigettare il medesimo perchè infondato in fatto ed in diritto. In via subordinata, nella denegata ipotesi che si affermasse la violazione di norme imperative di legge da parte dell’Ateneo, rigettare comunque il ricorso stante il divieto di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 nonchè rigettare qualunque richiesta di risarcimento del danno poichè inesistente. In tutte le ipotesi con vittoria di spese di lite.

Il Tribunale di Bologna, con sentenza del 3 febbraio 2005, accoglieva la domanda subordinata.

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza depositata il 19 marzo 2009, in riforma della sentenza impugnata, respingeva le domande tutte.

Propone ricorso per cassazione il P., affidato a tre motivi.

Resiste la ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BOLOGNA con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto, articolato su tre motivi (i primi due denuncianti violazione o falsa applicazione di norme di diritto e contrattuali collettive, il terzo insufficiente o contraddittoria motivazione), deve dichiararsi inammissibile, difettando del tutto dei quesiti di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis nella fattispecie.

Giova infatti rammentare che “la decisione della Corte di cassazione deve essere limitata all’oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce l’illustrazione”, Cass. sez. un. 9 marzo 2009 n. 5624.

La funzione propria del quesito di diritto, da formularsi a pena di inammissibilità del motivo proposto, è quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito (e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare), Cass. 7 aprile 2009 n. 8463.

Ciò vale anche per la censura di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, contenuta nel terzo motivo, posto che anche in tal caso l’illustrazione del motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, sicchè la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso, consentendo alla Corte di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso, senza necessità di un’attività interpretativa dell’intero motivo da parte della Corte (Cass. 30 dicembre 2009 n. 27680, Cass. 7 aprile 2008 n. 8891, Cass. 18 luglio 2007 n. 16002, Cass. sez. un. 1 ottobre 2007 n. 20603).

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, pari ad Euro 30,00 Euro 2.000,00 per onorari, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011

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