Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24345 del 04/10/2018

Cassazione civile sez. lav., 04/10/2018, (ud. 27/03/2018, dep. 04/10/2018), n.24345

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16275-2015 proposto da:

B.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIAN MATTEO

GIBERTI 16, presso lo studio dell’avvocato LORENZO TERATONE,

rappresentata e difesa dagli avvocati ALBERTO ABBATE, DARIO ABBATE

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

EUROPA 190, presso lo studio dell’avvocato DORA DE ROSE,

rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO SANTUCCI giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 462/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 27/04/2015 R.G.N. 2061/2012;

Udita, all’adunanza camerale non partecipata del 27 marzo 2018 la

relazione del giudice incaricato dr. Cristiano Valle.

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza del 27 aprile 2015 la Corte di appello di Salerno ha confermato la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore di rigetto della domanda di B.L., volta alla dichiarazione di nullità dei termini apposti ai contratti a tempo determinato il primo dal 8.11.20906 al 31.1.2007 ed il secondo dal 17.10.2007 al 29.2.2008 intercorsi tra la detta lavoratrice e Poste italiane s.p.a.;

avverso detta sentenza ricorre per cassazione B.L., censurandola con cinque motivi di cui il primo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione alla risoluzione del contratto per mutuo consenso ritenuta dal tribunale; il secondo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per omessa valutazione di prova documentale; il terzo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione all’art. 115 c.p.c. per mancata contestazione specifica del verbale del 6 febbraio 2008; il quarto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1, ed il quinto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sempre in relazione al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1,;

Poste italiane s.p.a. resiste con controricorso;

Diritto

RITENUTO

che:

il primo motivo di ricorso, relativo alla ritenuta (dal tribunale) risoluzione del contratto di lavoro per mutuo consenso, è inconferente, in quanto la corte di appello non ha fondato in alcun modo la propria pronuncia sulla detta causa risolutiva, avendo esaminato nel merito i due contratti a termine;

deve peraltro rilevarsi, per completezza di motivazione, che la più recente giurisprudenza di questa Corte, al quale il collegio presta adesione, afferma che “l’accertamento della sussistenza di una concorde volontà delle parti diretta allo scioglimento del vincolo contrattuale costituisce apprezzamento di merito che, se immune da vizi logici, giuridici e adeguatamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità, secondo le rigorose regole sui motivi che possono essere fatti valere al fine di incrinare la ricostruzione di ogni vicenda storica antecedente al contenzioso giudiziale, previste dall’art. 360 c.p.c., n. 5, tempo per tempo vigente” (Cass. n. 29871 del 2017);

i restanti motivi di ricorso possono essere congiuntamente esaminati, stante la loro stretta connessione;

con riferimento al primo dei due contratti a termine risulta che esso è stato stipulato ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis;

la sentenza qui impugnata ha fatto riferimento alla sussistenza della tipizzazione delle ragioni oggettive che legittimano la stipula del contratto a tempo determinato con Poste italiane in forza della richiamata disposizione, operata in senso preventivo dal legislatore, nè detta motivazione risulta specificamente censurata dai motivi di ricorso;

le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 11374 del 2016 hanno, infatti, stabilito che “le assunzioni a tempo determinato, effettuate da imprese concessionarie di servizi nel settore delle poste, che presentino i requisiti specificati dal comma 1 bis del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, non necessitano anche dell’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo ai sensi dell’art. 1, comma 1 medesimo D.Lgs., trattandosi di ambito nel quale la valutazione sulla sussistenza della giustificazione è stata operata ex ante direttamente dal legislatore”;

con riferimento al secondo contratto a tempo determinato tra la B. e Poste italiane s.p.a., per il periodo 17.10.2007 29.2.2008 la sentenza impugnata ha ritenuto la sussistenza effettiva dell’esigenza posta a fondamento dell’assunzione a termine, desumendola dalla considerazione che nel detto periodo dal piano di mobilità del personale inquadrato come sportellista dei servizi generali risultava una carenza temporanea;

detta motivazione non risulta adeguatamente censurata, in quanto le deduzioni di parte ricorrente si risolvono sostanzialmente nella richiesta di un diverso apprezzamento delle risultanze di causa, preclusa nel giudizio di legittimità, ed incentrata, essenzialmente, sulla valutazione del piano di mobilità aziendale operata da altre pronunce di merito, che avevano accolto le domande di dichiarazione di nullità dei termini apposti ai contratti tra Poste italiane ed altri lavoratori con riferimento allo stesso ambito territoriale, ò

sul punto si rileva che la costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 8053 del 2014), al quale il collegio presta adesione, afferma che “l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”;

nel caso all’esame la sentenza impugnata ha esaminato la documentazione prodotta ed ha concluso che sulla base di essa fosse desumibile l’esigenza occupazionale presso l’ufficio postale di Nocera Inferiore, in aderenza alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 2680 del 2015), in forza della quale “il datore di lavoro ha l’onere di specificare in apposito atto scritto, in modo circostanziato e puntuale, le ragioni oggettive, ossia le esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che giustificano l’apposizione del termine finale. Ne consegue che compete al giudice di merito accertare la sussistenza di dette ragioni, valutando ogni elemento idoneo a darne riscontro”;

il ricorso è, quindi, rigettato;

le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate come in dispositivo;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2018

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