Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24344 del 29/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 29/11/2016, (ud. 04/10/2016, dep. 29/11/2016), n.24344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12108-2013 proposto da:

T.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE LIBIA 4,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO GALIENA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIULIANO CARDELLINI

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.C., C.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 693/2012 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

emessa il 31/01/2012 e depositata il 18/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

p.1. T.T. ha proposto ricorso per cassazione contro B.C. e C.R. avverso la sentenza del 18 maggio 2012, con la quale la Corte di Appello di Bologna ha provveduto in grado di appello su una controversia inter partes rigettando l’appello principale ed accogliendo quello incidentale degli intimati contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Rimini nel 2006.

p.2. Al ricorso non v’è stata resistenza degli intimati.

p.3. Prestandosi il ricorso ad essere trattato in camera di consiglio, secondo il rito dell’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione all’avvocato del ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

p.4. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

p.1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis si sono svolte le seguenti considerazioni:

(…) p.3. Il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., in quanto appare inammissibile.

Queste le ragioni.

p.3.1. In via preliminare parte ricorrente si è limitata ad allegare che la sentenza impugnata gli venne notificata sebbene anche ai fini esecutivi unitamente al precetto l’8 marzo 2013, ma ha prodotto copia autentica recante il precetto e una facciata della busta della notificazione a mezzo posta eseguita dalle controparti che reca la sola data di spedizione del 5 marzo 2013.

In mancanza di documentazione della data di ricevimento allo stato non è documentata la tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, che vi sarebbe se effettivamente la ricezione avvenne l’8 marzo e non anche se avvenuta lo stesso 5 o il 6 o il 7 marzo.

Parte ricorrente potrà eventualmente farsi carico del rilievo in vista dell’adunanza della Corte.

p.3.2. In disparte il rilievo svolto, si rileva che il primo motivo del ricorso – denunciante “violazione dell’art. 1458 c.c. e dell’art. 189 c.p.c.”, nonchè “difetto di motivazione sul punto – postula che erroneamente la Corte felsinea abbia disatteso il secondo e terzo motivo di appello principale del ricorrente, che imputava alla sentenza di primo grado di avere omesso di pronunciare su una pretesa domanda di restituzione di somme corrisposte dal T. in esecuzione del contratto.

Senonchè, con un primo profilo censura la sentenza impugnata là dove ha affermato che la domanda era stata formulata tardivamente in sede di precisazione delle conclusioni e lo fa sostenendo che in quella sede vi era stata solo una precisazione della domanda, ma omette di individuare sia i termini della domanda che sarebbe stata solo precisata, sia quelli della precisazione, astenendosi dal riprodurre il relativo contenuto. Inoltre si astiene dal dire dove in questa sede il relativo verbale sarebbe esaminabile, se prodotto (ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4). Tali indicazioni erano necessarie per adempiere all’onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 (norma costituente il c.d. precipitato normativo del c.d. principio di autosufficienza dell’esposizione del motivo di ricorso per cassazione: Cass. n. 7455 del 2013, ex multis), secondo consolidata giurisprudenza della Corte: si vedano già Cass. (ord.) n. 22303 del 2008 e Cass. sez. un. n. 28547 del 2008.

In ogni caso l’illustrazione del motivo in parte qua impinge anche in mancanza di specificità e, quindi, si configura ulteriore inammissibilità per l’assoluta genericità (Cass. n. 4741 del 2005, seguita da numerose conformi), atteso che tanto implica la mancanza di svolgimento di considerazioni che commentino gli atti processuali rilevanti e pretendono di discuterli senza argomentare su di essi.

Nella seconda parte il motivo, sulla premessa che la Corte territoriale avrebbe “erroneamente qualificato giuridicamente la domanda di risarcimento danno a favore del sig. T.T. fondandola unicamente sul presupposto della risoluzione per inadempimento dei Sig.ri B.- C., omettendo quindi su questo errato presupposto ogni disamina nel merito dell’intera problematica relativa alla risoluzione contrattuale per inadempimento degli odierni resistenti”, richiama una parte della motivazione della sentenza impugnata con cui è stato ritenuto fondato l’appello incidentale riguardo all’ultrapetizione del giudice di primo grado per non avere il ricorrente formulato domanda di risoluzione per inadempimento, reputandosi particolarmente che tale domanda nemmeno fosse stata fatta in sede di precisazione delle conclusioni.

Anche in tal caso si argomenta senza dimostrare con opportuni riferimenti agli atti dove e come invece quella domanda era stata proposta, sicchè si viola nuovamente l’art. 366 c.p.c., n. 6 e l’onere di specificità del motivo.

Ne segue che il primo motivo appare inammissibile.

p.3.3. Il secondo e terzo motivo di ricorso deducono vizi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ma lo fanno evocando la nozione di punto decisivo e non quella di fatto controverso, che era applicabile al ricorso.

Inoltre, al di là di tale rilievo, la struttura dell’illustrazione dei due motivi si pone del tutto al di fuori della logica che si doveva assegnare all’art. 360 c.p.c., n. 5 sia nella versione applicabile alla controversia (quella risultante dalla modifica di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006), sia in quella pregressa imperniata sul concetto di punto decisivo. Infatti, ci si duole della valutazione di risultanze probatorie senza denunciare il vizio motivazionale nei termini in cui la ricostruzione della quaestio facti era criticabile. Termini che non erano quelli della mera prospettazione di una possibile alternativa nella ricostruzione del fatto: si veda, al riguardo Cass. n. 22979 del 2004, seguita da numerose conformi.

In ogni caso anche i due motivi in discorso evocano le risultanze istruttorie senza fornirne l’indicazione specifica ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

p.3.4. Il quarto motivo – deducente “omessa motivazione in merito alla richiesta istruttoria di nuova c.t.u. e/o integrazione e/o chiarimenti a quella di primo grado” – viola l’art. 366 c.p.c., n. 6 perchè non fornisce indicazione specifica degli atti su cui si fonda si fonda, che indica come prodotti rinviando ad essi ed addebitando ala Corte felsinea di non averlo considerati, senza che si sappia che cosa doveva considerarsi. Nemmeno si precisa il tenore della richiesta istruttoria. Sicchè la prospettazione del motivo anche in questo caso è del tutto generica.

p.4. Il ricorso, stante l’inammissibilità di tutti i motivi, appare inammissibile.”.

p.2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali la memoria muove rilievi che non supera in alcun modo, salvo per quanto attiene alla prospettazione della possibile tardività della proposizione del ricorso, riguardo alla quale ha evidenziato che al n. 57 delle produzioni (“referto di Poste Italiane”) risulta, come in effetti, la ricezione della notificazione il giorno 8 marzo 2013.

Infatti:

a) la memoria risulta articolata in modo del tutto assertivo e senza confronto con la giurisprudenza evocata dalla relazione e, sotto taluni aspetti, priva di pertinenza rispetto ai rilievi della relazione;

b) essa assume in primo luogo che “i vizi denunciati con ricorso per cassazione riguardano fatti decisivi e controversi del giudizio” e non precisa a quale fra i motivi intenda riferirsi, citando, peraltro, giurisprudenza sulla nozione di fatto controverso senza correlarla in alcun modo a quanto dedotto nel ricorso ed evocando – sempre genericamente – una pretesa motivazione “omessa, contraddittoria o insufficiente” con assoluta mancanza di considerazione e di spiegazione del come e del perchè sarebbero rispettati i criteri indicati da Cass. n. 22979 del 2004, e citando, senza commento alcuno e spiegazione della loro pertinenza, Cass. sez. un. n. 11652 del 2008 (che concerneva l’art. 366-bis quanto alla c.d. “chiara indicazione”) e Cass. n. 25452 del 2008 (che riguardava un caso di mancata indicazione del c.d. fatto controverso);

c) svolge, di seguito considerazioni sull’art. 366 c.p.c., n. 3, delle quali è incomprensibile la rilevanza, atteso che la relazione non ha detto il ricorso carente del relativo requisito;

d) assume, senza spiegazione ed in modo del tutto assertorio, che “l’indicazione dei motivi da parte del ricorrente è stata specifica”;

e) si occupa del rilievo di inosservanza dell’art. 366, n. 6 assumendo che sarebbe stato suo onere solo localizzare i documenti e gli atti processuali e non trascriverli ed evoca all’uopo Cass. (ord.) n. 12580 del 2012, ma, in disparte la consueta carenza di spiegazione di come e perchè tale precedente sarebbe pertinente al caso (il che non è perchè in quel caso si era avuta la riproduzione integrale di una serie di documenti con sostanziale rinvio alla loro integrale lettura), l’assunto risulta privo di pertinenza, atteso che la giurisprudenza evocata dalla relazione e la relazione stessa non hanno affatto richiesto l’integrale trascrizione, bensì la riproduzione, che poteva essere diretta od indiretta, del contenuto degli atti evocati nei motivi (riguardo ai quali è stata rilevata l’inosservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 6) e nel secondo caso avrebbe dovuto indicare la parte dell’atto oggetto dell’indiretta riproduzione.

Tanto si rileva non senza che si debba rimarcare che la memoria si disinteressa completamente dei rilievi di aspecificità dei motivi evocati dalla relazione e della relativa giurisprudenza, che in ogni caso sarebbero decisivi.

p.3. Il ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile.

Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 4 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 novmebre 2016

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