Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24340 del 16/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 16/10/2017, (ud. 13/07/2017, dep.16/10/2017),  n. 24340

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16697-2014 proposto da:

CGA SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 110, presso lo

studio dell’avvocato MARCO MACHETTA, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE MILOTTA;

– ricorrente –

contro

BANCA CREDITO COOPERATIVO CARUGATE SC, in persona del suo Vice

Presidente Vicario, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E. FAA’

DI BRUNO 79, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO ANTONIO

GARGIULO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA

FRANCESCA CLEMENTE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 949/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 06/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/07/2017 dal Consigliere Dott. ORILIA LORENZO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 Con sentenza depositata il 6.3.2014 la Corte d’Appello di Milano, respingendo il gravame proposto da C.G.A. srl in liquidazione, ha confermato la decisione di primo grado (Tribunale di Monza 2334/2011) che, in accoglimento della opposizione proposta dalla Banca di Credito Cooperativo di Carugate aveva revocato un Decreto Ingiuntivo di 22.569,86 ottenuto nel 2007 dalla CGA srl per pagamento di fatture relative a consegne di beni avvenute tra il dicembre 1996 e il gennaio 1997.

Secondo la Corte territoriale, il tempo trascorso tra la data di consegna e l’emissione delle fatture, la mancanza di data di ricezione nelle bolle di consegna e la netta contestazione della banca (che aveva affermato di non avere reperito nessuna traccia della merce nè in contabilità nè nel libro dell’inventario), unitamente all’assenza di solleciti di pagamenti di un credito fatto valere a distanza di circa dieci anni rendevano inverosimile la tesi della società appellante.

2 Contro tale decisione la C.G.A. srl in liquidazione ricorre con due motivi.

Resiste con controricorso la Banca di Credito Cooperativo di Carugate e Inzago s.c. (già la Banca di Credito Cooperativo di Carugate s.c.).

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 Col primo motivo la ricorrente denunzia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia” censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ravvisato la mancanza di prova in ordine alla consegna della merce di cui si chiedeva il pagamento.

Il motivo è inammissibile.

La sentenza impugnata è stata depositata, come già esposto, in data 6.3.2014 e pertanto (v. la norma transitoria di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3, convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012) trova applicazione nella fattispecie in esame il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che prevede, tra i motivi di ricorso per cassazione, solo “l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

La ricorrente non considera l’intervenuta modifica normativa che, per una precisa scelta del legislatore, preclude la proposizione del ricorso per cassazione per far valere i vizi di motivazione della sentenza sotto il profilo della assenza, insufficienza o contraddittorietà.

Come già chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenze 22.9.2014 n. 19881 e 7.4.2014 n. 8053) la ratio del recente intervento normativo è ben espressa dai lavori parlamentari lì dove si afferma che la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ha la finalità di evitare l’abuso dei ricorsi per cassazione basati sul vizio di motivazione, non strettamente necessitati dai precetti costituzionali, e, quindi, di supportare la funzione nomofilattica propria della Corte di cassazione, quale giudice dello ius constitutionis e non dello ius litigatoris, se non nei limiti della violazione di legge. Il vizio di motivazione, quindi, rileva solo allorquando l’anomalia si tramuta in violazione della legge costituzionale, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (v. anche Sez. L, Sentenza n. 4015 del 2017 non massimata).

Nessuna di dette eccezionali ipotesi ricorre nella fattispecie, poichè Corte territoriale ha dato conto delle ragioni a sostegno del proprio convincimento sulla mancanza di prova della consegna della merce, esaminando anche le bolle di consegna (che, secondo quanto emerge dal ricorso, sarebbero state allegate sub 2 e 3 al fascicolo monitorio).

2 Col secondo motivo si deduce “violazione ed errata applicazione delle norme di diritto: osserva la ricorrente che, avendo il Dott. V. esplicitamente riconosciuto come propria la firma apposta sui documenti di consegna, integra una palese violazione di legge l’affermazione della Corte secondo cui la ricezione dei materiali “non sia supportata da alcun altro supporto probatorio”.

Il motivo è anch’esso inammissibile, ma per un’altra ragione: difetto di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, seppure l’indicazione delle norme che si assumono violate non si pone come requisito autonomo ed imprescindibile, occorre comunque tener presente che si tratta di elemento richiesto allo scopo di chiarire il contenuto delle censure formulate e di identificare i limiti dell’impugnazione. Ne consegue che la mancata indicazione delle disposizioni di legge può comportare l’inammissibilità della singola doglianza, qualora gli argomenti addotti non consentano di individuare le norme e i principi di diritto di cui si denunci la violazione (Sez. 3, Sentenza n. 4233 del 16/03/2012 Rv. 621660; Sez. 3, Sentenza n. 25044 del 07/11/2013 Rv. 629102).

Nel caso di specie, il ricorrente si limita ad una scarna doglianza che non lascia comprendere quali siano le norme e i principi di diritto che si assumono violati (stante la mancanza di qualunque riferimento anche nel corpo del motivo); nè spetta alla Corte di Cassazione di procedere alla relativa sussunzione rimediando all’omesso assolvimento da parte del ricorrente.

Considerato infine che il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 – quater, del testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2017

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