Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24339 del 16/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 16/10/2017, (ud. 13/07/2017, dep.16/10/2017),  n. 24339

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16334-2014 proposto da:

F.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 40,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO FILIERI, rappresentata e

difesa dall’avvocato PIETRO LENCIONI;

– ricorrente –

contro

FO.GI., D.A.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PLACIDI,

rappresentati e difesi dall’avvocato MASSIMO VOLPI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 342/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 24/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/07/2017 dal Consigliere Dott. ORILIA LORENZO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 Per quanto ancora interessa in questa sede, la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza depositata il 24.2.2014, in parziale accoglimento del gravame proposto da Fo.Gi. e D.A.M. contro la sentenza di primo grado (Tribunale di Firenze sez. distaccata di Empoli n. 267/2007), ha disposto, ai sensi dell’art. 2932 c.c., il trasferimento dell’immobile oggetto di causa in favore dell’appellata F.F. (promissaria acquirente ed originaria attrice), subordinatamente al pagamento da parte di quest’ultima della somma di Euro 253.500,00 e ha fissato per il pagamento il termine di 90 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza. Ha compensato le spese in ragione della reciproca soccombenza.

Per giungere a tale soluzione la Corte territoriale – e sempre per quanto ancora interessa – dopo avere individuato la questione controversa (termini e modalità di effettuazione del pagamento del prezzo), ha richiamato la regola della necessaria subordinazione del trasferimento al pagamento del Prezzo secondo la tecnica della sentenza condizionale, a cui invece il primo giudice non si era attenuto, ed ha ritenuto altresì di fissare un termine con decorrenza dal passaggio in giudicato della sentenza, così come richiesto dagli appellanti.

2 Contro tale decisione la F. ricorre per cassazione con quattro motivi a cui resistono con controricorso il Fo. e la D..

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1-2 Col primo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al capo della sentenza che ha subordinato il trasferimento della proprietà al pagamento della somma di Euro 253.500,00; violazione e falsa applicazione degli artt. 166,167 e 112 c.p.c., Natura di domanda riconvenzionale della richiesta di subordinazione del pagamento del prezzo; decadenza del convenuto: secondo la ricorrente, quest’ultima richiesta integrava una domanda riconvenzionale e avrebbe quindi dovuto essere proposta nel rispetto dei termini di decadenza previsti dagli artt. 166 e 167 c.p.c., mentre invece è stata proposta con la comparsa di costituzione depositata all’udienza. La Corte d’Appello, nell’accogliere le doglianze degli appellanti in punto di subordinazione, ha quindi violato la disciplina processual – civilistica stante la maturata decadenza e la sua rilevabilità di ufficio.

Col secondo motivo si denunzia in via subordinata error in iudicando con riferimento al capo della sentenza che subordina il trasferimento della proprietà al pagamento della somma di Euro 253.500,00; inammissibilità dell’appello sul punto della mancata subordinazione; esercizio di facoltà giurisdizionale; violazione dell’art. 2932 c.c.; omessa motivazione circa il fatto controverso e decisivo del giudizio. Secondo la tesi della ricorrente, qualora si ritenga che la subordinazione del trasferimento della proprietà al pagamento del prezzo possa essere disposta dal giudice indipendentemente dalle richieste delle parti, il relativo provvedimento verrebbe a qualificarsi come discrezionale, ad impulso ufficioso e quindi l’omessa emanazione non sarebbe soggetta ad impugnazione. Evidenzia la peculiarità del caso di specie, in cui nessuna domanda in tal senso è stata spiegata dall’attrice, mentre la corrispondente richiesta dei convenuti era tardiva. Evidenzia inoltre vizi di omessa motivazione.

2 I primi due motivi, che ben si prestano ad esame unitario, sono infondati, ed il secondo è anche in parte inammissibile.

Inammissibile è il secondo motivo laddove denunzia vizi di motivazione, ormai non più censurabili in cassazione (il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, è chiarissimo e si applica alla fattispecie in esame, riguardante una sentenza pubblicata nel febbraio 2014).

Ciò premesso, come costantemente affermato da questa Corte, nei casi in cui in base all’accordo contenuto nel contratto preliminare di compravendita le parti abbiano previsto il pagamento del prezzo, o del relativo saldo (come nel caso di specie) contestualmente alla stipulazione del contratto definitivo, l’offerta della prestazione, richiesta dall’art. 2932 c.c., comma 2, può ritenersi implicita nella domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto, considerato che la verificazione degli effetti traslativi della sentenza di accoglimento, sostitutiva del non concluso contratto definitivo, deve essere necessariamente condizionata dal giudice all’adempimento della controprestazione (Sez. 2, Sentenza n. 16881 del 31/07/2007 Rv. 600207; Sez. 3, Sentenza n. 59 del 04/01/2002 Rv. 551383; Sez. 2, Sentenza n. 1964 del 2000; più di recente, v. altresì tra le varie, Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 29849 del 29/12/2011 Rv. 620833; Sez. 2, Sentenza n. 21896 del 2011 non massimata).

Si rivela dunque del tutto irrilevante l’affermazione, contenuta nel secondo motivo (v. pag. 16), circa la mancanza di una domanda di subordinazione del trasferimento al pagamento del prezzo ed inoltre, essendo il giudice tenuto a condizionare gli effetti traslativi al pagamento del prezzo, e parimenti diventa del tutto irrilevante anche ogni disquisizione sulla tardività della richiesta formulata in tal senso nel giudizio di primo grado dai convenuti (odierni controricorrenti).

Quanto alla fissazione di un termine disposto con la sentenza di appello, è appena il caso di rilevare che la stessa attrice aveva avanzato una espressa richiesta in tal senso, avendo, tra l’altro domandato che “il Tribunale…..trasferisse all’attrice ex art. 2932 c.c., la proprietà dell’immobile oggetto di causa per il residuo prezzo di Euro 253.500,00 da versarsi nei termini e con le modalità da determinarsi da parte dello stesso Tribunale” (v. pag. 3 sentenza impugnata nella parte relativa allo svolgimento del processo).

Appare pertanto giuridicamente corretta la sentenza di appello che ha disposto il trasferimento del bene subordinandolo al pagamento del prezzo entro un congruo termine dal passaggio in giudicato della stessa, così riformando l’illogica pronuncia di primo grado caratterizzata da proposizioni del tutto inconciliabili tra loro, quali la dichiarazione di cessazione della materia del contendere da un lato, e ciononostante la declaratoria di trasferimento giudiziale della proprietà dall’altro (pronuncia, quest’ultima, che non avrebbe dovuto certamente aver luogo se la materia del contendere fosse tra le parti cessata non essendo certamente plausibile un accordo su un trasferimento del bene in assenza di ogni determinazione in ordine alla controprestazione).

Le censure, pertanto, non colgono nel segno e vanno respinte.

3 Col terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al capo di sentenza che dispone per il pagamento del prezzo il termine di novanta giorni dal passaggio in giudicato: violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.; vizio di ultrapetizione: osserva che la fissazione di un termine come data di avveramento della condizione sospensiva non era mai stata chiesta nè dagli appellanti nè dalla resistente in appello. A dire della ricorrente gli appellanti avevano chiesto una separata condanna di pagamento con determinazione della scadenza per l’adempimento e ciò integra un vizio di ultrapetizione.

Il motivo è inammissibile per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.).

Secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, l’effetto traslativo della sentenza pronunciata ex art. 2932 cod. civ. si determina, stantene l’efficacia costitutiva “ex nunc”, dal momento del suo passaggio in giudicato, onde solo da tale momento sorge, a carico promissario acquirente, il correlato obbligo di adempimento cui il detto effetto sia stato subordinato, rappresentando tale momento, inoltre, il “dies a quo” per l’adempimento entro un termine che non sia stato espressamente determinato ma solo qualificato (nella specie, in termini di “immediatezza”) ai fini della sua determinazione (tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 2781 del 24/02/2003 Rv. 560703; Sez. 2, Sentenza n. 690 del 16/01/2006 Rv. 586249; Sez. 2, Sentenza n. 8250 del 06/04/2009 Rv. 607645).

Pertanto, anche se il giudice non avesse fissato un termine entro cui provvedere al pagamento del prezzo, la promissaria acquirente, sulla scorta del citato principio, avrebbe dovuto necessariamente provvedervi al momento del passaggio in giudicato della sentenza emessa ex art. 2932 c.c., e pertanto non si comprende come la fissazione di un termine addirittura più ampio (entro i novanta giorni successivi al passaggio in giudicato) possa pregiudicare l’interesse patrimoniale della odierna ricorrente.

4 Resta a questo punto da esaminare il quarto ed ultimo motivo con cui la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., e art. 92 c.p.c., comma 2, criticando la compensazione delle spese, contestando la soccombenza reciproca ravvisata dalla Corte d’Appello e dolendosi dell’omessa statuizione sull’appello incidentale proposto in ordine alle spese.

Il motivo è anch’esso infondato.

L’art. 92 c.p.c., comma 2, prevede espressamente la compensazione “se vi è soccombenza reciproca…”.

Questa Corte ha costantemente affermato il principio secondo cui il giudice di appello, allorchè riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poichè la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, mentre, in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione (tra le tante, Sez. L, Sentenza n. 11423 del 01/06/2016 Rv. 639931; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 6259 del 18/03/2014 Rv. 629993; Sez. 3, Sentenza n. 15483 del 11/06/2008 Rv. 603368).

Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha ravvisato la soccombenza reciproca e la conclusione è corretta, essendo stato accolto in parte l’appello principale dei promittenti venditori con conseguente riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva omesso di condizionare il trasferimento immobiliare al pagamento del prezzo ed una tale statuizione vedeva certamente vittoriosi i Fo. – D. e soccombente la F. che, invece, aveva sostenuto la correttezza della decisione di primo grado sul trasferimento immobiliare senza alcuna previsione in ordine al pagamento del prezzo; il rigetto delle altre domande degli appellanti principali li vedeva invece a loro volta soccombenti.

La rivalutazione globale della regolamentazione delle spese – attività resasi necessaria in considerazione dell’esito finale del giudizio – assorbiva ovviamente l’esame dell’appello incidentale sulle spese spiegato dalla F. (che si era doluta della compensazione disposta dal primo giudice).

In conclusione, il ricorso, infondato sotto ogni profilo, va respinto con addebito di spese alla parte soccombente.

Considerato infine che il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il all’art. 13, comma 1 – quater, del testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, a carico della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in Euro 5.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2017

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