Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24338 del 16/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 16/10/2017, (ud. 13/07/2017, dep.16/10/2017),  n. 24338

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13051-2014 proposto da:

CRISTANINI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FABIO MASSIMO

45, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO SABBATANI SCHIUMA,

rappresentato e difeso dall’avvocato SIMONE CURI;

– ricorrente –

contro

G.A. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 138, presso lo studio dell’avvocato SIMONE BELLARELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI TARONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 441/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 21/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/07/2017 dal Consigliere Dott. ORILIA LORENZO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 Con sentenza depositata il 21.2.2014 la Corte d’Appello di Venezia, respingendo l’impugnazione proposta da Cristianini spa, ha confermato la decisione del Tribunale che, in accoglimento della domanda di G.A.’, aveva condannato la società convenuta al pagamento della somma di Lire 43.960,04 dovuta in relazione alla restituzione di un macchinario per la produzione di acqua ad altra pressione trasportato in Siria per essere venduto e per il quale l’attore aveva anticipato il prezzo.

Per giungere a tale soluzione, la Corte territoriale ha osservato:

– che la questione dell’avvenuta utilizzazione del mezzo non poteva essere considerata perchè inammissibile in quanto non proposta in primo grado;

– che tutte le argomentazioni sollevate dall’appellante sulla efficacia del termine e sulla sua valenza all’interno del rapporto sinallagmatico dovevano ritenersi irrilevanti a fronte del compiuto esame da parte del primo giudice con riferimento alla consapevole adesione dell’appellante alla tardiva restituzione dimostrata dal fatto, accertato dal primo giudice e non contestato in appello, che mai essa aveva richiesto il mezzo sino all’agosto del 2000;

– che la ricostruzione dei fatti compiuta dal primo giudice non risultava smontata dall’appellante nemmeno quanto al contenuto del fax 4.8.2000, dal quale non si vinceva affatto la giacenza del solo autocarro e non dell’attrezzatura;

– che quanto alla questione dei documenti necessari alla vendita, l’avvenuto uso del mezzo non era stato mai discusso nei rapporti tra le parti, essendo stato evidenziato solo dal CTU e quindi esso non poteva essere utilizzato per ricavarne obbligazioni a carico del G., mentre dalle affermazioni dell’appellante si ricavava la dimostrazione della mancata consegna dei documenti da parte sua e quindi la conseguente illegittimità della pretesa di avere in restituzione ciò che non aveva neppure consegnato.

2 Contro tale decisione la società Cristianini ricorre con due motivi.

Resiste con controricorso G.A..

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 Col primo motivo il ricorrente denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, “omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio” censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto nuova la questione dell’avvenuta utilizzazione del mezzo.

1.2 Col secondo motivo si deduce ancora ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, “omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio” criticandosi la motivazione della sentenza sulla censura riguardante la presenza o meno dei documenti necessari alla vendita del macchinario.

2 I due motivi sono inammissibili.

La sentenza impugnata è stata depositata, come già esposto, in data 21.2.2014 e pertanto (v. la norma transitoria di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3, convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012) trova applicazione nella fattispecie in esame il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che non prevede più, tra i motivi di ricorso per cassazione, il vizio di “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio” ma solo “l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Il ricorrente non considera l’intervenuta modifica normativa che, per una precisa scelta del legislatore, preclude la proposizione del ricorso per cassazione per far valere i vizi di motivazione della sentenza sotto il profilo della assenza, insufficienza o contraddittorietà.

Come già chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenze 22.9.2014 n. 19881 e 7.4.2014 n. 8053) la ratio del recente intervento normativo è ben espressa dai lavori parlamentari lì dove si afferma che la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ha la finalità di evitare l’abuso dei ricorsi per cassazione basati sul vizio di motivazione, non strettamente necessitati dai precetti costituzionali, e, quindi, di supportare la funzione nomofilattica propria della Corte di cassazione, quale giudice dello ius constitutionis e non dello ius litigatoris, se non nei limiti della violazione di legge. Il vizio di motivazione, quindi, rileva solo allorquando l’anomalia si tramuta in violazione della legge costituzionale, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (v. anche Sez. L, Sentenza n. 4015 del 2017 non massimata).

Nessuna di dette eccezionali ipotesi ricorre nella fattispecie, poichè la Corte territoriale ha dato conto delle ragioni per le quali non ha considerato la questione (posta dalla società col primo motivo di appello) dell’avvenuta utilizzazione del mezzo (v. pagg. 8 e 9), così come (v. pagg. 9 e 10) ha dato conto del proprio convincimento sulla infondatezza della censura riguardante la presenza o meno dei documenti necessari alla vendita.

Considerato infine che il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 – quater, del testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2017

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