Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24336 del 18/11/2011

Cassazione civile sez. II, 18/11/2011, (ud. 25/10/2011, dep. 18/11/2011), n.24336

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

IOLE IMMOBILIARE SRL P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.

AVEZZANA 6, presso lo studio dell’avvocato DI MAJO ADOLFO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ITA RESINE SUD SRL P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.

FERRARI 4, presso lo studio dell’avvocato PRIORESCHI MAURILIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato COLELLI RIANO ROBERTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4605/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 27/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/10/2011 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l’Avvocato SQUARCIA Emanuele, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato DI MAJO Adolfo, difensore del ricorrente che ha chiesto

accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato COLELLI RIANO Roberto, difensore del resistente che

ha chiesto rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto 1 motivo accoglimento

degli altri motivi del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 5.12.95 la srl Iole Immobiliare proponeva opposizione avverso il decreto con il quale il Tribunale di Frosinone le aveva ingiunto il pagamento della somma di L. 60.172.489 in favore della ricorrente ITA Resine sud a titolo di saldo del corrispettivo per l’esecuzione di lavori realizzati da quest’ultima su incarico di essa opponente. A sostegno dell’opposizione la srl Iole Imm.re deduceva che i lavori in questione non erano stati eseguiti a regola d’arte dall’impresa e presentavano dei difetti, per cui chiedeva la revoca del provvedimento monitorio opposto, con la condanna dell’ITA Resine srl al risarcimento dei lamentati danni. L’adito tribunale di Frosinone con sentenza n. 27 del 10.1.2003 revocava il decreto opposto e condannava la Iole Imm.re al pagamento in favore dell’opposta della somma di Euro 30.993,03, oltre interessi legali.

Secondo il primo giudice l’opponente non aveva provato di avere effettuato alcuna tempestiva denunzia, prima del telegramma del 18.10.95, degli asseriti vizi ai sensi dell’art. 1667 c.c. Avverso la predetta pronuncia la Iole Imm.re proponeva appello, deducendo che la controparte non aveva mai sollevato l’eccezione relativa alla tardività della denuncia per i difetti dell’opera; si costituiva l’appellata insistendo per il rigetto dell’impugnazione.

L’adita corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 4605 depos. in data 27.10.05 rigettava l’impugnazione, ribadendo invece che l’eccezione di cui sopra era stata più volte sollevata nel corso del giudizio di primo grado dalla soc. convenuta.

Avverso la predetta pronuncia, la Iole Imm.re ricorre per cassazione sulla base di 5 mezzi; resiste con controricorso l’intimata; sono state depositate memorie ex art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso l’esponente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 189 c.p.c. nonchè la contraddittorietà della motivazione in ordine all’asserita eccezione di decadenza della Iole imm.re srl dalla garanzia per vizi mai sollevata dall’appaltatrice nel giudizio di 1 grado e comunque non riproposta in sede di precisazione delle conclusioni e quindi abbandonata.

La doglianza non è fondata.

Invero una volta dedotta l’eccezione di tardività della denuncia per vizi nella parte espositiva della comparsa di risposta, non era affatto necessario richiamarla e ribadirla in modo specifico nelle conclusioni; occorre infatti tener presente che siffatta eccezione costituiva una delle argomentazioni addotte a sostegno della domanda di reiezione dell’opposizione al provvedimento monitorio.

Con il secondo motivo l’esponente denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. per mancanza di motivazione atteso che non può ritenersi congrua la motivazione “per relationem” resa dalla corte d’Appello che si sarebbe solo limitata ad adottare la motivazione del giudice di 1 grado.

La doglianza è priva di pregio atteso che il giudice a quo si è pronunciato sull’eccezione di decadenza di cui trattasi con motivazione assai concisa, ma tuttavia chiara e sufficiente per comprendere l’iter argomentativo seguito, ribadendo tra l’altro che ” …prima dello spirare del termine di decadenza ai sensi dell’art. 1667 c.c., comma 2 non era stata adottata alcuna denuncia delle difformità e dei vizi.

Con il terzo motivo l’esponente denuncia l’omessa pronuncia su un motivo di gravame e la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione al mancato accertamento del termine di consegna arbitrariamente individuato alla data del 31.7.95.

Osserva il Collegio che nella fattispecie non si verte in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c. per cui la censura è inammissibile.

Trattasi comunque di doglianza volta a contestare dati ed elementi di fatto circa l’ultimazione dei lavori, la consegna dell’opera ecc, ai quali la ricorrente non sa opporre altri dati precisi; anche in questo caso la doglianza finisce per introdurre questioni di merito non valutabili in questa sede, sul punto essendo plausibile la motivazione del giudice a quo. Con il 4 motivo l’esponente deduce l’omessa pronuncia su un motivo di gravame e la violazione dell’art. 112 c.p.c.. Deduce che si trattava di vizi occulti o non immediatamente riconoscibili, per cui la loro denuncia scattava solo dopo la scoperta e non prima. In realtà si sarebbe trattato di vizi occulti in quanto essi si manifestarono solo dopo la c.d.

“stagionatura della resina” che provocava appunto delle fessurazioni, per cui la loro denuncia, tenuto conto della data in cui le crepe si erano manifestate, doveva ritenersi tempestiva.

Osserva il Collegio che anche in questo caso non si verte in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c. per cui la censura è inammissibile.

La stessa è comunque infondata in quanto nel caso in esame non sembra trattarsi di vizi occulti, in mancanza di un specifica originaria contestazione da parte dell’opponente circa la presenza nell’opus di difformità o vizi occulti o comunque immediatamente riconoscibili. Si osserva peraltro che la questione della c.d.

stagionatura delle resine su cui la ricorrente tanto insiste in questo giudizio, non appare proposta in precedenza. In ogni caso l’onere probatorio su tale specifica circostanza comunque gravava su colui che aveva eccepito tali vizi o difetti, cioè sulla committente, che certamente non ha assolto a tale onere probatorio.

Con il 5 motivo, infine, si deduce l’omessa pronuncia su un motivo di gravame e la violazione dell’art. 112 c.p.c..

La ricorrente critica l’affermazione del giudicante secondo il quale l’intervenuta decadenza era stata confermata anche dall’assunto della difesa della Iole Imm.re, secondo cui detta società aveva avuto modo di verificare la cattiva esecuzione dell’opera e quindi “invitava immediatamente la ITA a provvedere”. Ora dall’uso dell’avverbio “immediatamente” non era possibile – secondo l’esponente – in alcun modo risalire ad una data precisa (31.7.95), come ha fatto il tribunale, perchè esso si riferiva non al termine dei lavori, ma alla scoperta dei vizi.

Osserva il Collegio che anche qui non si verte in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c.; si tratta comunque di un questione di mero fatto quale che riguarda l’interpretazione di un documento, anzi di una parola (l’avverbio immediatamente) in esso contenuta, e non sembra affatto, anche in questo caso, che la motivazione del giudice non possa essere condivisa essendo conforme a logica.

In conclusione il riscorso in esame dev’essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2.600,00, di cui Euro 2.400,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011

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