Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24336 del 16/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 16/10/2017, (ud. 06/07/2017, dep.16/10/2017),  n. 24336

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17200-2013 proposto da:

B.C. (OMISSIS) e B.S. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZALE CLODIO 61, presso lo

studio dell’avvocato FLORANGELA MARANO, rappresentati e difesi dagli

avvocati MASSIMO MANDARA e ALFONSO MANDARA;

– ricorrenti –

contro

G.C.Z., elettivamente domiciliato in ROMA, C.SO

TRIESTE 61, presso lo studio dell’avvocato TIZIANA SGOBBO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GUIDO TATANGELO;

– controricorrente –

nonchè contro

B.R., T.P.;

– intimati –

avverso la sentenza non definitiva n. 606/2011 e la sentenza

definitiva n. 148/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositate

rispettivamente il 2 maggio 2011 ed il 28 gennaio 2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 6

luglio 2017 dal Dott. CAVALLARI DARIO;

sentito il PG IACOVIELLO Francesco, il quale ha concluso per il

rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Domenico Simone, in delega, per i ricorrenti, il

quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso e l’Avvocato Guido

Tatangelo, per il resistente, che ne ha domandato il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 17 novembre 2005 B.R., quale erede legittimo di B.U., adiva il Tribunale di Firenze per sentire dichiarare la nullità del testamento olografo, datato 22 dicembre 2004, con cui era stato nominato erede G.Z.C., in quanto non olografo e redatto dal de cuius in stato di grave deterioramento mentale.

L’attore domandava, inoltre, che fosse dichiarata aperta la successione legittima e che il convenuto fosse condannato a restituire agli eredi legittimi i beni facenti parte del compendio ereditario.

Si costituiva G.Z.C., il quale chiedeva il rigetto delle domande dell’attore.

Si costituiva pure B.C., che si associava alle domande del fratello B.R. e disconosceva il testamento, prodotto in fotocopia.

Rimaneva contumace B.S. e, in corso di causa, interveniva T.P., unico nipote ed erede legittimo di T.M., coniuge premorto di B.U..

Il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 3267/08, dichiarava inammissibile l’intervento di T.P. e accoglieva le domande dell’attore, ritenendo che G.Z.C. avesse omesso di chiedere la verificazione del testamento e di depositare i necessari mezzi di prova.

G.Z.C. proponeva appello, chiedendo il rigetto delle domande articolate in primo grado dall’attore.

Si costituivano i soli R. e B.C., i quali domandavano il rigetto dell’appello.

La Corte di Appello di Firenze, nella contumacia delle altre parti, con sentenza non definitiva n. 606/2011, dichiarava che G.Z.C. aveva ritualmente proposto istanza di verificazione del testamento olografo e rimetteva la causa sul ruolo per gli incombenti conseguenti.

Con successiva sentenza definitiva n. 148/2013, la Corte di Appello di Firenze dichiarava G.Z.C. erede universale di B.U. e rigettava le domande di R. e B.C..

C. e B.S. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui ha resistito con controricorso G.Z.C..

I ricorrenti hanno depositato memoria scritta ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di tardività del ricorso di B.S. sollevata dal controricorrente.

Quest’ultimo sostiene che, non avendo B.S. proposto riserva di impugnazione contro la sentenza non definitiva n. 606/2011 perchè contumace nel giudizio di appello, egli sarebbe ormai decaduto dal diritto di impugnare tale sentenza, poichè sarebbe decorso il c.d. termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., per ricorrere in cassazione.

La doglianza è infondata.

Infatti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 3, nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, non è più previsto il ricorso per cassazione immediato avverso la sentenza non definitiva che, decidendo questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, non definisca, neppure in parte, il processo dinanzi al giudice che l’ha pronunciata, potendo l’impugnazione essere proposta, senza necessità di riserva, allorchè sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio (Cass., Sez. 1, n. 11916 del 12 maggio 2017, Rv. 644077 – 01).

E’, quindi, da considerare esclusa la riserva facoltativa di ricorso per cassazione con riguardo alle sentenze non definitive emesse ex art. 279 c.p.c., n. 4, come desumibile pure dal testo dell’art. 361 c.p.c., che limita tale possibilità alle sole sentenze di cui all’art. 278 c.p.c., ed a quelle che decidono una o più domande senza definire l’intero giudizio.

Nella specie, la sentenza n. 606/2011 è chiaramente una pronuncia non definitiva che statuisce solo in ordine ad un profilo istruttorio, quale quello concernente l’istanza di verificazione, senza decidere su alcuna domanda.

Se ne ricava che B.S. poteva impugnare la decisione n. 606/2011 solo una volta definito il giudizio con la sentenza definitiva n. 148/2013 e che il termine per il gravame è iniziato a decorrere, con riferimento alla sua posizione, dopo la pubblicazione dell’ultimo arresto.

2. Con due motivi di ricorso che, stante la stretta connessione, possono essere trattati congiuntamente, C. e B.S. lamentano la violazione o falsa applicazione degli artt. 210,216,217,218 e 345 c.p.c..

Essi contestano, innanzitutto, la circostanza che la corte territoriale abbia ritenuto regolarmente proposta in primo grado istanza di verificazione della scrittura privata ex art. 216 c.p.c., nonostante il controricorrente si fosse limitato a chiedere, nella memoria di cui all’art. 184 c.p.c., l’ammissione di una Ctu rivolta ad accertare la veridicità sia della scrittura che della forma apposta in calce, senza presentare scritture di comparazione, nè depositare o domandare di acquisire l’originale del testamento.

Ad avviso dei ricorrenti, in particolare, la corte territoriale non avrebbe considerato che, non essendo stato acquisito l’originale del testamento non avrebbe mai potuto essere espletata la Ctu domandata dalla controparte, con conseguente impossibilità di dimostrare l’autenticità del documento.

Affermano, poi, C. e B.S. che i documenti depositati in appello sarebbero stati presentati tardivamente, così come non tempestiva avrebbe dovuto essere considerata la richiesta di acquisizione del testamento avanzata dal controricorrente per la prima volta formalmente solo davanti alla corte territoriale e, quindi, in violazione degli artt. 184 e 345 c.p.c..

Peraltro, secondo i ricorrenti, la Corte di Appello di Firenze avrebbe errato ad ammettere la richiesta Ctu, in quanto le scritture presentate da G.Z.C. non sarebbero state idonee, comunque, a provare l’autenticità del testamento.

Le doglianze sono inammissibili.

Infatti, la più recente giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, che questa sezione ritiene di condividere, ha affermato che la parte la quale contesti l’autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, gravando su di essa l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo (Cass., SU, n. 12307 del 15 giugno 2015, Rv. 635554-01).

Ne consegue che l’attuale controricorrente non era tenuto a proporre istanza di verificazione per dimostrare la veridicità del testamento e che, al contrario, erano C. e B.S. a dovere fornire la prova positiva della dedotta falsità.

Pertanto, i ricorrenti non hanno interesse a contestare la tardività della richiesta di verificazione e del deposito dei documenti presentati, solo nel giudizio davanti alla Corte di Appello di Firenze dalla controparte, nonchè l’idoneità di questi quali scritture di comparazione e l’omessa acquisizione davanti al Tribunale di Firenze dell’originale del testamento, poichè erano essi e non G.Z.C. a dovere svolgere l’attività istruttoria necessaria per giungere all’accertamento della non olografia del documento in questione.

3. Il ricorso va, quindi, rigettato.

4. Le spese di lite sono compensate ex art. 92 c.p.c., essendo intervenuto, dopo l’instaurazione della controversia, un mutamento della giurisprudenza in ordine alla questione della ripartizione dell’onere della prova concernente la non olografia del testamento.

Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata, trattandosi di ricorso per cassazione la cui notifica si è perfezionata successivamente alla data del 30 gennaio 2013 (Cass., Sez. 6 – 3, sentenza n. 14515 del 10 luglio 2015, Rv. 636018 – 01).

PQM

 

La Corte, rigetta il ricorso e compensa le spese di lite;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione 2^ Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2017

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