Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24332 del 18/11/2011

Cassazione civile sez. II, 18/11/2011, (ud. 18/10/2011, dep. 18/11/2011), n.24332

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA G. AVEZZANA 6, presso lo studio dell’avvocato DI MAJO ADOLFO, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

BENVENUTO BARSANTI DI STEFANELLA BARSANTI SAS IN LIQUIDAZIONE, in

persona del Liquidatore pro tempore dott. P.A.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POLONIA 7, presso lo studio

dell’avvocato SABLONE STEFANO, che lo rappresenta e difende;

BA.ST. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA POLONIA 7, presso lo studio dell’avvocato SABLONE

STEFANO, che lo rappresenta e difende;

BA.AT. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA POLONIA 7, presso lo studio dell’avvocato SABLONE STEFANO,

rappresentata e difesa dall’avvocato TAGLIOLI MARCELLO;

– controricorrenti –

e contro

BA.NI.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1516/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 21/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l’Avvocato DI MAJO Adolfo difensore del ricorrente che si

riporta agli atti;

uditi gli Avvocati TAGLIOLI Marcello per BA.At., SABLONE

Stefano per BA.St. +1, difensori dei rispettivi

resistenti che hanno chiesto di riportarsi agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ba.Gi., cittadino italiano e proprietario di un ingente patrimonio, parte in Italia e parte in Venezuela, fra cui la partecipazione al 99% nel capitale della Benvenuto Barsanti s.a.s., decedeva in (OMISSIS), istituendo eredi testamentari universali i cittadini (OMISSIS) C.D. e F. F..

I suoi prossimi congiunti Ba.Re., fratello dei defunto, Ba.At. e Ba.St., nipoti di altri fratelli del “de cuius” premorti, ai quali in mancanza di testamento sarebbe spettata per legge la suddetta eredità, contestavano la validità del testamento stesso, cosicchè venivano instaurati due giudizi, uno in Italia davanti al Tribunale di Lucca per petizione ereditaria su iniziativa degli eredi testamentari C. e F. nei confronti dei tre sedicenti eredi legittimi, l’altro dinanzi al Tribunale di Caracas promosso da Ba.At. e Ba.St. nella quale il C. ed il F. introducevano una domanda riconvenzionale; in questo secondo giudizio Ba.Re. restava contumace.

Nell’ambito del giudizio dinanzi al giudice venezuelano in data 7-3- 1996 tra le parti costituite veniva stipulata una transazione in base alla quale il C. ed il F. dichiaravano di rinunciare alla loro condizione di eredi testamentari di Ba.Gi.

mentre, dal canto loro, Ba.At. e S. B. dichiaravano di trasferire ai primi dietro corrispettivo in denaro determinati beni immobili e mobili; per effetto di tale accordo, comportante per le parti la rinuncia alle rispettive azioni, si estinguevano sia il giudizio iniziato in Italia dagli eredi testamentari, sia quello instaurato in Venezuela dai supposti eredi legittimi Ba.At. e Ba.St..

Con atto di citazione notificato il 24-28/5/2002 l’avvocato B. E., premesso che con testamento pubblico del 5-4-1997 Re.

B., morto a (OMISSIS), aveva disposto un legato in favore dell’esponente avente ad oggetto tutte le partecipazioni societarie appartenute al testatore, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Lucca – sezione distaccata di Viareggio, Ba.St., Ba.At., N. B. e la società Benvenuto Barsanti & C. s.a.s. chiedendo la liquidazione della quota di partecipazione nella s.a.s. Benvenuto Barsanti appartenuta al proprio dante causa Ba.Re. sul presupposto che quest’ultimo vi avesse diritto assieme ad At.

B. e Ba.St. quali eredi legittimi di Ba.Gi.; secondo l’attore, invero, con la suddetta transazione gli eredi testamentari C. e F. avevano rinunciato all’eredità, dando luogo alla successione legittima; e poichè successore legittimo era anche Ba.Re., il B. poteva beneficiare indirettamente della transazione, pur non avendovi partecipato.

Si costituivano in giudizio Ba.At. e B. S. negando che Ba.Re., dante causa dell’attore, avesse mai acquistato alcuna partecipazione nella suddetta società;

quest’ultima infatti era appartenuta a Ba.Gi., alla cui morte ne erano divenuti eredi universali per testamento il C. ed il F.; costoro, essendo stata contestata la validità del testamento, avevano concluso una transazione con le esponenti quali nipoti di altri fratelli premorti di Ba.Gi. in virtù della quale si erano rese acquirenti di tutti i diritti inerenti alla suddetta eredità, ivi compresa la partecipazione alla quota di partecipazione nella menzionata società; a tale transazione era rimasto estraneo invece Ba.Re..

Con sentenza del 20-10-2005 il Tribunale adito rigettava la domanda attrice.

Proposta impugnazione da parte del B. cui resistevano B. A., Ba.St. e la Benvenuto Barsanti s.a.s. la Corte di Appello di Firenze con sentenza del 21-8-2008 ha rigettato il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza il B. ha proposto un ricorso articolato in tre motivi cui Ba.At., B. S. e la Benvenuto Barsanti s.a.s. in liquidazione hanno resistito con separati controricorsi; il ricorrente, At.

B. e B.S. hanno successivamente depositato delle memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve osservarsi, con riferimento a quanto è stato oggetto di discussione in pubblica udienza da parte in particolare del difensore del ricorrente, che la questione relativa alla pretesa nullità del testamento olografo redatto da Ba.Gi. è del tutto estranea al presente giudizio.

Come invero affermato dalla sentenza impugnata, non oggetto di alcuna censura sul punto, la suddetta questione è stata sollevata in entrambi i giudizi rispettivamente pendenti dinanzi al Tribunale di Lucca ed a quello di Caracas successivamente estinti in seguito alla menzionata transazione del 7-3-1996, mentre non ha mai formato oggetto di contraddittorio nella presente controversia, cosicchè l’istanza del ricorrente in ordine alla rilevabilità d’ufficio della validità o meno del predetto testamento in questa sede di legittimità è infondata.

Venendo quindi all’esame del ricorso, si rileva che con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 519 e 565 c.c. e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver escluso che il C. ed il F. con la transazione del 7-3-1996 avessero rinunciato all’eredità di Ba.Gi. ex art. 523 c.c., posto che con tale atto essi avevano disposto verso corrispettivo dei propri diritti acquisiti sulla suddetta eredità; in realtà con tale negozio gli eredi testamentari da un lato avevano rinunciato ai propri diritti ereditari anche nei riguardi di tutti coloro che avrebbero avuto, in ipotesi, titolo per vantare diritti sulla eredità di Ba.Gi., e dall’altro lato avevano ricevuto “causa vendendi” beni immobili, il cui prezzo era stato regolarmente quietanzato, intestati alla s.a.s. Benvenuto Barsanti e/o società da essa partecipate e non a titolo di corrispettivo della rinuncia;

pertanto l’indeterminatezza dei soggetti a favore dei quali era stata effettuata la rinuncia e l’autonomo titolo di vendita in base al quale i rinuncianti avevano acquisito per atto tra vivi beni provenienti dall’asse ereditario dimostravano che si era in presenza di una rinuncia da parte dei supposti eredi testamentari alla propria delazione testamentaria alla quale essi erano addivenuti a seguito dell’accordo raggiunto con gli eredi legittimi di Gi.

B..

Il ricorrente aggiunge che la circostanza che la rinuncia proveniva da soggetti il cui titolo “mortis causa”, almeno per il diritto venezuelano, era invalido, confermava che con l’atto del 7-3-1996 non si intendeva rinunciare ad una qualità di erede già acquisita, ma ad una mera qualità, quella di chiamato all’eredità (cosicchè nella fattispecie non trovava applicazione il principio “semel heres semper heres”); pertanto l’effetto di tale accordo era la conferma della validità della successione legittima in favore dei parenti di P.G., atteso altresì che del trasferimento dei beni in favore del C. e del F. aveva beneficiato anche un soggetto terzo, ovvero V.L.D., cosicchè l’acquisto di tali immobili non poteva essere posto in relazione alla rinuncia all’eredità di Ba.Gi..

Il ricorrente infine afferma che, una volta chiarito che con l’atto del 1996 si era in presenza di una vera e propria rinuncia alla delazione testamentaria, lo stesso comportamento dei supposti eredi testamentari antecedente all’accordo del 7-3-1996, teso a far valere i propri diritti contro chi li contestava, doveva essere interpretato nel senso che essi, ben consapevoli del fatto che il suddetto testamento olografo era di dubbia validità in quanto contrario al diritto venezuelano, avevano rinunciato alla propria delazione testamentaria, così consentendo la piena operatività della successione legittima di Ba.Re. e delle due nipoti di Ba.Gi..

Il ricorrente quindi formula il seguente quesito di diritto: “se costituisce accettazione dell’eredità ex art. 478 c.c., tale da escludere la successione legittima, un atto di rinunzia a far valere diritti successori effettuato anche nei confronti di soggetti indeterminati, come, nel caso di specie, nei confronti di tutti coloro che avrebbero avuto titolo a pretendere diritti sull’eredità del de cuius”.

La censura è infondata.

La Corte territoriale ha escluso che l’atto di transazione sopra richiamato avesse dato luogo ad una successione ereditaria legittima dei Ba. nei confronti di Ba.Gi., posto che l’eredità di quest’ultimo era già stata accettata dagli eredi testamentari C. e F. tacitamente, avendo essi esercitato l’azione di petizione ereditaria dinanzi al Tribunale di Lucca, con conseguente impossibilità di una successiva rinuncia in virtù del principio “semel heres semper heres”.

Il giudice di appello ha altresì negato che Ba.Gi.

avesse comunque acquisito diritti sulla predetta eredità in base all’atto di transazione del 7-6-1996 anzitutto per la ragione che egli non aveva partecipato ad esso, e poi anche per il rilievo che dall’interpretazione letterale dell’atto emergeva che gli eredi testamentari avevano rinunciato a far valere dei diritti anche nei confronti di Ba.Re., ma senza trasferirgli nessun bene;

ha quindi concluso che un ipotetico trasferimento a quest’ultimo della qualità di erede di Ba.Gi. era escluso sia per la pregressa accettazione dell’eredità da parte degli eredi testamentari, sia perchè una rinuncia a titolo oneroso, in quanto sinallagmaticamente controbilanciata da un corrispettivo, si sarebbe configurata come onerosa, dando luogo così ad una accettazione tacita dell’eredità ai sensi dell’art. 477 c.c..

Tale convincimento deve essere condiviso ed è immune dai profili di censura sollevati dal ricorrente.

E’ invero decisivo il rilievo che la configurabilità dell’atto del 7- 6-1996 come rinuncia da parte degli eredi testamentari di Ba.

G. all’eredità di quest’ultimo con conseguente operatività della successione legittima è esclusa in radice dal fatto che il C. ed il F., avendo precedentemente proposto dinanzi al Tribunale di Lucca una azione di petizione ereditaria nei confronti dei tre sedicenti eredi legittimi di Ba.Gi., ed avendo quindi posto in essere un atto che presupponeva necessariamente la loro volontà di accettare la predetta eredità, ai sensi dell’art. 476 c.c. avevano in tal modo accettato tacitamente tale eredità, atteso che l’accettazione tacita dell’eredità può risultare dalla stessa proposizione di una azione in veste di erede (vedi “ex multis”Cas. 4-5-1999 n. 4414); nè evidentemente tale conclusione può essere infirmata da una diversa valutazione di tale inequivocabile comportamento processuale alla luce del successivo accordo del 7-3-1996, posto che, quale che fosse t’intento con esso perseguito dal C. e dal F., a seguito della pregressa proposizione della azione di petizione ereditaria da parte di costoro si erano già verificati all’epoca gli effetti dell’accettazione tacita dell’eredità, come tale non più revocabile.

E’ poi appena il caso di aggiungere che l’assunto del ricorrente secondo cui i suddetti eredi testamentari con l’atto più volte richiamato avrebbero rinunciato ai propri diritti ereditari nei confronti di tutti coloro che avrebbero potuto vantare diritti sull’eredità di Ba.Gi., e quindi anche di R. B., è smentito dal rilievo che, come chiarito dall’interpretazione letterale dell’atto resa dal giudice di appello, essi non avevano trasferito a quest’ultimo, non partecipante al negozio, alcun diritto inerente alla predetta eredità, e che la rinuncia effettuata aveva come corrispettivo il trasferimento in loro favore (ed anche di tale V.L.D., circostanza che nulla toglie al rilievo decisivo della pregressa accettazione tacita dell’eredità da parte degli eredi testamentari ed alla conseguente impossibilità di rinunciare successivamente ad essa) di alcuni beni mobili ed immobili da parte soltanto delle attuali parti resistenti.

Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 1411 c.c. ed insufficiente e contraddittoria motivazione, rileva che erroneamente la Corte territoriale ha disatteso il secondo motivo di appello con il quale in via subordinata si era sostenuto che l’esponente dovesse quantomeno essere considerato terzo beneficiario in base ad un acquisto “inter vivos” quale il contratto a favore di terzo, atteso che l’atto del 7- 3-1996 configurava un accordo con il quale si era risolta ogni controversia tra i supposti eredi testamentari e gli eredi legittimi, ivi compreso Ba.Re., oltre che Ba.St.

ed Ba.At..

Il B. sostiene l’irrilevanza dell’assunto del giudice di appello riguardo all’assenza di una esplicita attribuzione di diritti a Ba.Re. quale terzo, posto che l’attribuzione al terzo può essere desunta anche implicitamente dagli effetti che scaturiscono dall’atto dal quale si vuole far derivare un vantaggio a beneficio del terzo, come appunto nella fattispecie, dove la rinuncia dei suddetti eredi testamentari da essi posta in essere con l’accordo del 7-3-1996 comportava un beneficio anche per Ba.Re., perchè la rinuncia era stata effettuata anche nei suoi confronti con il riconoscimento del suo diritto sul patrimonio ereditario.

Il ricorrente rileva poi la sussistenza di un interesse delle stipulanti (ovvero Ba.At. e Ba.St.) all’attribuzione di diritti a Ba.Re. quale terzo, contrariamente all’assunto della sentenza impugnata, atteso che, se non vi fosse stata la considerazione della posizione anche di quest’ultimo (che, in quanto anch’esso erede legittimo, vantava diritti sui beni che venivano trasferiti ai supposti eredi testamentari), l’intero accordo non avrebbe potuto avere realizzazione, e ciò anche nell’interesse delle stipulanti At.

B. e Ba.St..

Infine il B. ritiene inefficace la revoca del beneficio del terzo Ba.Re. effettuata da parte delle stipulanti suddette con atto del 9-3-1998, in quanto a tale data quest’ultimo aveva già accettato per “facta concludentia” gli effetti derivanti dall’accordo transattivo attraverso molteplici atti di gestione che avevano determinato l’irrevocabilità dell’acquisto.

Il ricorrente formula pertanto il seguente quesito di diritto: “se è da ritenere esclusa la figura del contratto a favore del terzo ex art. 1411 c.c. quando il diritto attribuito al terzo derivi da un atto che non possa che spiegare i suoi effetti favorevoli anche nei confronti del terzo, essendo anche quest’ultimo titolare di aspettative (successorie), oggetto dell’atto medesimo e che l’interesse dello stipulante il contratto possa derivare dall’esistenza di un comune rapporto (successorio) di esso stipulante con il terzo”.

La censura è infondata.

La sentenza impugnata ha escluso la ricorrenza di un contratto in favore del terzo, che presuppone necessariamente un interesse dello stipulante a favorire il terzo, laddove nella fattispecie nessun interesse in tal senso potevano avere nè le parti appellate, le quali, anzi, avevano interesse ad escludere dall’accordo Re.

B. per divenire da sole comproprietarie dei beni oggetto dell’eredità di Ba.Gi., nè il C. ed il F., rispetto ai quali Ba.Re., convenuto sia nel giudizio italiano che in quello venezuelano, non aveva alcuna contropartita processuale per impedire la soluzione transattiva raggiunta dalle altre parti.

Orbene la Corte ritiene che la qualificazione dell’accordo del 7-3- 1996 come contratto a favore di Ba.Re. è esclusa in radice dalla insussistenza nell’atto di qualsiasi riferimento, anche indiretto, a quest’ultimo, e quindi dalla impossibilità di individuare una pretesa volontà delle parti di attribuirgli un qualsiasi diritto; il rilievo è decisivo, in quanto per la configurabilità di un contratto a favore di terzo non è sufficiente, contrariamente all’assunto del ricorrente, che egli riceva un vantaggio economico indiretto dal contratto intervenuto tra altri soggetti, ma è necessario che questi abbiano inteso direttamente attribuirglielo, nel senso che i soggetti stessi, nella qualità di contraenti, abbiano previsto e voluto una prestazione a favore di un terzo estraneo al contratto come elemento del sinallagma (Cass. 4-10-1994 n. 8075; Cass. 19-8-1997 n. 7693).

Sulla base di tale essenziale considerazione è agevole sottolineare la fondatezza del convincimento della Corte territoriale in ordine alla insussistenza di qualsiasi interesse delle parti che sottoscrissero l’accordo suddetto ad attribuire a Ba.Re.

un diritto inerente ai beni oggetto dell’eredità di Gi.

B., essendo anzi evidente l’interesse in particolare delle attuali parti controricorrenti ad escluderlo da una partecipazione ad un negozio da cui nascevano diritti in tal senso in favore di costoro.

D’altra parte, una volta chiarito che gli eredi testamentari non potevano più rinunciare all’eredità di Ba.Gi. da essi già tacitamente accettata, è evidente che l’accordo suddetto escludeva logicamente l’operatività della successione legittima, con la conseguenza che Ba.Re. non poteva vantare alcun diritto quale erede legittimo in ordine alla predetta eredità; anche sotto tale profilo pertanto non sussisteva alcun interesse delle stipulanti Ba.At. e Ba.St. a prevedere l’attribuzione di un diritto al terzo Ba.Re. per assicurarsi la validità dell’accordo del 7-3-1996.

Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. e segg., sostiene che la Corte territoriale, avendo ritenuto che all’esponente non potesse spettare nè la tutela derivante dalla successione legittima di Re.

B. nè quella dell’acquisto “inter vivos” in qualità di terzo beneficiario di contratto tra altri concluso, avrebbe dovuto anche d’ufficio valutare se la parte avesse potuto giovarsi dell’istituto dell’arricchimento senza causa; infatti era certo che il B., successore “mortis causa” di Ba.Re., anch’esso erede legittimo di Ba.Gi., aveva subito una diminuzione patrimoniale cui aveva corrisposto simmetricamente un arricchimento senza causa di Ba.At. e S. B., uniche beneficiane degli accordi da esse conclusi con i presunti eredi testamentari.

Il ricorrente formula il seguente quesito di diritto: “se possa definirsi giustificato l’arricchimento ottenuto da un erede a spese di un altro erede laddove quale unica causa di entrambi gli effetti (arricchimento e diminuzione) vi sia un atto dispositivo di beni ereditari”.

La censura è infondata.

Premesso il dato pacifico che nei primi due gradi di giudizio non è mai stata sollevata la questione della applicabilità nella fattispecie dell’istituto dell’arricchimento senza causa, è agevole osservare che il giudice di appello non avrebbe certamente potuto rilevare d’ufficio l’operatività di esso in assenza di una qualsiasi domanda in tal senso; al riguardo è appena il caso di evidenziare l’irrilevanza della pronuncia di questa Corte richiamata a sostegno del suo assunto dal ricorrente (Cass. 5-8-2005 n. 16594), laddove è stato affermato, sul presupposto della natura sussidiaria dell’azione generale di arricchimento, che il giudice anche d’ufficio deve accertare che non sussista altra specifica azione, per le restituzioni ovvero per l’indennizzo del pregiudizio subito, contro lo stesso arricchito o contro altra persona.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 4500,00 per onorari di avvocato in favore di Ba.At. e di Euro 200,00 per spese e di Euro 5000,00 per onorari di avvocato in favore di Ba.St.

e della Benvenuto Barsanti s.a.s. in liquidazione.

Così deciso in Roma il 18 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011

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