Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24330 del 18/11/2011

Cassazione civile sez. II, 18/11/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 18/11/2011), n.24330

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.C. C.F. (OMISSIS), M.F. C.F.

(OMISSIS), S.B. C.F. (OMISSIS),

MA.FR. IN QUALITA’ DI SOCIO ED AMMINISTRATORE DELLA

DISCIOLTA ASFALTI FINALESI S.N.C. P.I. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, CORSO TRIESTE 87, presso lo studio dell’avvocato

ANTONUCCI ARTURO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato POLA DANTE;

– ricorrenti –

contro

BIANCHINI COSTR SRL IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE Sig.

B.A. P.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 29, presso lo studio dell’avvocato MILLI

MARINA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FONTANA

MARCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 626/2005 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 31/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato Antonucci Arturo difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Milli Marina difensore della controricorrente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 14 luglio 1995 accogliendo il ricorso proposta da Asfalti Finalesi srn. Di Mattioli e Soffritti, il Presidente del Tribunale di Modena ingiungeva a Bianchini costruzioni srl il pagamento della somma di L. 99.960.000 pretesa dalla ricorrente quale saldo del corrispettivo della vendita di macchine operatrici.

Avverso tale ingiunzione Bianchini costruzioni srl proponeva opposizione eccependo che: a) non era tenuta al pagamento delle rate non ancora scadute al momento dell’ingiunzione; b) la sospensione del pagamento era giustificata dal fatto di non aver ricevuto la consegna di due macchine operatrice dal valore complessivo di circa L. 45.000.000; c) la venditrice aveva violato il patto di non concorrenza stipulato contemporaneamente alla vendita.

Chiedeva, pertanto,la revoca del decreto ingiuntivo e in via riconvenzionale la condanna della controparte alla consegna delle due macchine, oltre il risarcimento danni subiti.

Si costituiva Asfalti Finalesi resistendo all’opposizione e deducendo che essa non aveva mai negato la consegna delle due macchine operatrici, che il patto di non concorrenza, se esistente, si sarebbe dovuto provare per iscritto. Il Tribunale di Modena, rigettava l’opposizione in considerazione del fatto che non era stata fornita la prova del patto di non concorrenza, che l’opposta non si era resa inadempiente dell’obbligo di consegnare le due macchine operatrici atteso che esse dovevano essere ritirate dall’acquirente.

Avverso tale decisione proponeva appello, davanti alla Corte di Appello di Bologna, Bianchini costruzioni, deducendo che il Giudice di primo grado aveva errato nel ritenerla decaduta del beneficio del termine rilevando che per l’effetto dell’applicazione della decadenza essa era stata costretta a sopportare maggiori spese per il procedimento monitorio e a pagare in anticipo la somma costituente il prezzo della vendita, nonchè a corrispondere gli interessi moratori su di un importo maggiore rispetto a quello effettivamente dovuto all’atto dell’ingiunzione.

Si costituivano in proprio i soci di Asfalti Finalesi snc, perchè questa nel frattempo era stata disciolta, i quali chiedevano il rigetto del gravame.

La Corte di Appello di Bologna, con sentenza n. 626 del 2005, revocava il decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del Tribunale di Modena nel 1995, dichiarava che Bianchini costruzioni aveva estinto ogni ragione di debito nei confronti dell’appellata. A sostegno di questa decisione la Corte bolognese osservava che : nell’ipotesi in esame non ricorrevano gli estremi della fattispecie di cui all’art. 1186 cod. civ. perchè la società Asfalti Finalesi potesse richiedere alla società Bianchini costruzioni il versamento immediato delle rate di prezzo non ancora scadute; b) d’altra parte nell’ipotesi andava escluso che l’insolvenza richiamata dalla norma potesse identificarsi con la semplice cessazione dei pagamenti che di per se costituiscono un elemento equivoco. c) Lo stesso mancato versamento da parte della società Bianchini costruzioni della somma di L. 10.710.000 non costituiva di per sè segno rivelatore di uno stato di sbilancio economico, nè nell’ipotesi in esame sussisteva altro elemento idoneo a dimostrare che le condizioni di Bianchini costruzioni fossero all’epoca tali da impedire di soddisfare regolarmente le sue obbligazioni.

La Cassazione della sentenza n. 626 del 2005 della Corte di appello di Bologna è stata chiesta da Ma.Fr. in qualità di socio ed amministratore della di scio Ita Asfalti Finalesi snc, nonchè dai soci in proprio M.F., S.B. e L.C. con ricorso affidato ad un unico motivo. Bianchini costruzioni srl. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

l.= Con l’unico motivo, i ricorrenti, Ma.Fr. quale socio e amministratore della società Asfalti Finalesi e M. F., S.B. e L.C. quali soci della stessa società, lamentano l’errata interpretazione e, conseguentemente, falsa applicazione dei principi di diritto, per quanto disposto nella previsione normativa di cui all’art. 1186 cod. civ. Avrebbe errato la Corte di Appello di Bologna, secondo il ricorrente, per aver ritenuto che il mancato pagamento di alcune rate non sia di per se sufficiente a dimostrare la sussistenza dei requisiti di cui all’art. 1186 cod. civ. considerato che la possibilità per il creditore di richiedere il pagamento dell’intera somma, relativa anche a rate non ancora scadute rappresenta un suo diritto.

E, ancor di più, avrebbe errato la Corte di Appello di Bologna, nell’aver ritenuto che l’esplicita intenzione di non voler seguire più alcun pagamento non può esser fatto valere per dimostrare l’insolvenza della debitrice nell’eccezione richiesta dall’art. 1186 cod. civ. perchè tale articolo deve invece ritenersi applicabile nel caso in cui il debitore manifesti per iscritto la sua intenzione di non adempiere, dato che ciò rende ragionevolmente certo il futuro inadempimento.

1.1.= La censura è infondata e non merita di essere accolta perchè la decisione impugnata ha correttamente interpretato ed applicato i principi di cui all’art. 1186 cod. civ. e nell’escludere uno stato d’insolvenza della società Bianchini Costruzione ha adeguatamente chiarito le ragioni di fatto e di diritto posti a fondamento della sua conclusione.

1.2.= Intanto, appare opportuno evidenziare che l’art. 1186 cod. civ. faculta il creditore ad esigere immediatamente la prestazione se il debitore: a) è divenuto insolvente, b) ha diminuito per fatto proprio le garanzie che aveva dato; c) non ha dato le garanzie che aveva promesso. Si tratta di una normativa che intende tutelare: il creditore contro il pericolo di perdere le garanzie patrimoniali del proprio debitore, e il debitore, contro una ingiustificata richiesta di anticipazione dell’adempimento, dato che fuori dei casi previsti, il creditore non può invocare la decadenza del termine.

Di qui due essenziali considerazioni: a) dato che la finalità perseguita dalla norma di cui all’art. 1186 cod. civ. è quella di tutelare il creditore contro il pericolo di perdere le garanzie patrimoniali del proprio debitore, lo stato di insolvenza cui si fa riferimento non può che essere costituito da una situazione di dissesto economico, sia pure temporaneo, in cui il debitore venga a trovarsi, e la quale rende verosimile l’impossibilità da parte di quest’ultimo di far fronte ai propri impegni. Ciò significa che l’insolvenza ivi prevista non postula necessariamente un collasso economico, ma, solo l’impotenza, reale ed oggettiva, a soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Non deve neppure rivestire i caratteri di gravità e irreversibilità, come previsto in materia di fallimento, ma può conseguire anche ad una situazione di difficoltà economica e patrimoniale reversibile purchè idonea ad alterare, in senso peggiorativo, le garanzie patrimoniali offerte dal debitore, b) Dato che la norma esprime una tutela bilanciata degli interessi del creditore e di quelli del debitore, deve intendersi che: 1) la valutazione dello stato di insolvenza va effettuata con riferimento al momento della decisione. Tuttavia, va precisato che la possibilità per il creditore di esigere immediatamente la prestazione, non postula il conseguimento di una preventiva pronuncia giudiziale nè la formulazione di un’espressa domanda, potendo essere il diritto al pagamento immediato virtualmente dedotto con la domanda o il ricorso per ingiunzione di pagamento del debito non ancora scaduto, in quanto la sentenza o il decreto che tale domanda accolgano devono ritenersi contenere un implicito accertamento positivo delle condizioni per l’applicabilità della citata norma. 2) il debitore potrà far valere, anche in sede di opposizione se il creditore abbia chiesto decreto ingiuntivo le sue ragioni circa l’insussistenza della ritenuta insolvenza.

1.3.= Dottrina e giurisprudenza concordano nel ritenere che: a) il mero inadempimento di un’obbligazione non può, di per se, dimostrare lo stato di insolvenza; b) il ritardo nel pagamento di alcune cambiali non è sufficiente a giustificare la decadenza del debitore dal beneficio del termine prevista dall’art. 1186 cod. civ.; c) il mero inadempimento di un’obbligazione non dimostra una situazione di dissesto economico tale di impedire al debitore di far fronte ai propri impegni. Così, in particolare, avuto riguardo alle ipotesi di pagamenti rateali, il mancato pagamento di alcune rate scadute non è dimostrativo di uno stato di insolvenza rilevante ai sensi dell’art. 1186 cod. civ. E, al contrario, dimostrano uno stato di insolvenza:

a) l’emissione di svariati decreti ingiuntivi a carico del debitore per importo rilevanti; b) la domanda da parte del debitore ad essere ammesso alla procedura di amministrazione controllata.

1.4.= A sua volta l’identificazione dell1 insolvenza del debitore si risolve in una valutazione della situazione economica e per certi aspetti giuridica, in cui versa il debitore e pertanto presenta gli estremi di una questione di fatto e postula un giudizio di merito che se adeguatamente motivato, non potrà essere censurabile in cassazione.

1.5 Questi principi consentono di apprezzare la decisione della Corte di appello di Salerno laddove ha escluso la legittimità della richiesta di decadenza della Bianchini Costruzioni dal beneficio del termine di cui all’art. 1186 cod. civ. In particolare, appare coerente con i principi appena indicati, così come sostenuti dalla dottrina e dalla giurisprudenza, la valutazione della Corte di appello di Salerno secondo la quale il mancato versamento di L. 10.710.000 non costituiva per se un segno rivelatore di uno stato di sbilancio economico della Bianchini Costruzioni. Una valutazione che veniva confermata dall’ulteriore emergenza processuale e, cioè, dall’assenza di ulteriori elementi idonei a dimostrare che le condizioni di Bianchini Costruzioni fosse, all’epoca, tali da impedirle di soddisfare regolarmente le sue obbligazioni.

1.5.1.= Ed è, altresì, coerente con i principi di cui si è appena detto anche l’ulteriore valutazione della Corte salernitana, secondo la quale neppure la lettera raccomodata del 10 luglio 1995 con la quale il legale della debitrice (Bianchini Costruzioni) manifestava la volontà di sospendere i pagamenti, era idonea ad evidenziare uno stato di crisi economica della Bianchini Costruzioni, dato che quella lettera motivava il rifiuto di onorare le rate del debito con riferimento specifico a pretesi inadempimenti della creditrice.

In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente, in ragione del principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., condannata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, così come verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi e oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 13 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011

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