Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24330 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. I, 03/11/2020, (ud. 13/10/2020, dep. 03/11/2020), n.24330

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14535/2019 proposto da:

D.K., rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Fascia,

(Pec: fascia.antonio.avvocatifoggia.legaimail.it) giusta procura

speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12,

presso l’avvocatura generale dello Stato che lo rappresenta ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

12/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/10/2020 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

D.K. ha proposto ricorso per cassazione contro il decreto del Tribunale di Brescia che ha respinto la sua domanda di protezione internazionale;

il Ministero dell’Interno ha depositato un atto di costituzione per la eventuale partecipazione all’udienza pubblica.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorrente denunzia in unico contesto l’omesso esame di fatti decisivi e la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e artt. 5 e 19 del T.U. IMm.;

il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3, mancando l’esposizione dei fatti di causa;

il ricorrente formula la doglianza ex abrupto, senza alcun riferimento ai fatti, alla motivazione delle domande e alle ragioni del diniego, evocate con formula genericamente allusiva (“che qui si richiamano”);

viceversa da tempo questa Corte ha chiarito che per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, nonchè lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni;

il principio impone cioè che il ricorso contenga esso – in sè – tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti e atti del processo (cfr. per tutte Cass. n. 1926-15, Cass. n. 13312-18);

da questo punto di vista giova puntualizzare che anche il Protocollo d’intesa tra la Corte di cassazione e il Consiglio nazionale forense sulle regole redazionali dei motivi di ricorso riconosce doversi a tal proposito indicare separatamente, da un lato, la cd. “sintesi dei motivi” e dall’altro la “esposizione del fatto” e lo svolgimento del processo siccome funzionale “alla percepibilità delle ragioni poste a fondamento delle censure poi sviluppate nella parte motiva” -; e solo dopo suppone redigersi la parte relativa ai “motivi di impugnazione”; ciò è da considerare confermativo del senso ultimo del canone di autosufficienza, visto che la ripartizione dell’esposizione del fatto non può mai mancare nel ricorso per cassazione e deve rimanere per migliore intelligenza confinata in termini di tendenziale autonomia rispetto alla esposizione delle argomentazioni a sostegno delle singole censure;

difatti i motivi di ricorso, essendo deputati a esporre gli argomenti difensivi, anche ove alludano alle fasi del giudizio (e una tale allusione è del tutto generica nel caso di specie) non possono considerarsi funzionalmente idonei a una precisa enucleazione dei fatti di causa, il quale invece è prescritta sì in termini di sommarietà dall’art. 366 c.p.c., n. 3, ma in funzione della necessità di individuare innanzi tutto la materia del contendere, agevolando la comprensione della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, per modo da coordinare, poi, l’esame dei motivi di censura (v. Cass. n. 21750-16); le spese seguono la soccombenza;

l’atto di costituzione dell’avvocatura dello Stato non costituisce controricorso, per cui non devesi provvedere sulle spese processuali.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

 

 

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