Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2433 del 04/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 2433 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: PARZIALE IPPOLISTO

SENTENZA
sul ricorso 30864-2007 proposto da:
LORENZA GINO, LRN GNI 31T29 L556I, SANSALONE MARIA,
SNS MRA 40R44 A314A, elettivamente domiciliati in Roma, Via S
Saba 7, presso lo studio dell’avvocato FUCILE EMILIA, rappresentati
e difesi dall’avvocato MOLLICA LUIGI, come da procura speciale a
margine del ricorso;

– ricorrenti contro
GRISELDA GIORGIO, POLETII LUCIANA, elettivamente
domiciliati in Roma, Via Vittoria Colonna 32, presso lo studio
dell’avvocato MENGHINI MARIO, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ALICE GIANPAOLO, giusta procura
speciale notarile notaio S. Sola di Cossato 27 dicembre 2007 rep 80210;

– controricorrenti –

029?-5

/13

Data pubblicazione: 04/02/2014

avverso la sentenza n. 1545/2006 della CORTE D’APPELLO di
‘FORINO, depositata il 09/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/10/2013 dal Consigliere Dott. Ippolisto Parziale;
udito il sostituto procuratore generale, dott.sa Francesca Ceroni, che

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. I sig.ri Lorenzi Gino e Sansalone Maria chiedevano con ricorso ex
art. 703 c.p.c. la condanna di Belli Anna Elsa, Poletti Luciana e
Griselda Giorgio alla rimozione di un picchetto in ferro con catena
posizionato sull’area di passaggio verso la loro abitazione.
Si costituivano in giudizio i convenuti, che contestavano l’esistenza di
impedimenti al transito.
2. Il giudice adito, Tribunale di Biella, rigettava la domanda, motivando
che dall’istruttoria compiuta non era emerso che il picchetto fosse
posizionato sul transito o sulla via pubblica.
3. La sentenza era appellata dai soccombenti, i quali contestavano la
mancata ammissione della prova testimoniale e della CTU finalizzate a
dimostrare che il paletto posto dai sig.ri Belli, Poletti e Griselda
impediva il transito carraio verso il fondo di cui erano proprietari.
Evidenziavano che l’apposizione del paletto costituiva un atto
emulativo, non potendosi riscontrare alcuna ragione di utilità al di là
dell’intento di nuocere agli appellanti e alla loro attività artigianale. Ed,
infatti, i clienti e fornitori della sig.ra Sansalone avevano rinunciato ad
intrattenere dei rapporti commerciali a causa della difficoltà ad
accedere alla sede dell’attività di dipanatura, tanto da costringerlo a
cessare l’attività. Per questo gli appellanti ribadivano la domanda di
condanna dei sig.ri Belli, Poletti e Griselda al risarcimento dei danni da
liquidarsi in via equitativa.
Ric. 2007 n. 30864 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-2-

conclude per inammissibilità e, in subordine, per il rigetto del ricorso.

4. La Corte d’Appello di Torino rigettava l’appello. RilevaRche il Af
picchetto con catena costituiva il proseguimento del muro di divisione
esistente tra i fondi delle parti confinanti. In più, secondo il giudice
d’appello, il Tribunale aveva correttamente valutato le testimonianze
acquisite, traendone correttamente la convinzione che non esistesse

Lorenzi, ove si svolgeva l’attività artigianale della sig.ra Sansalone ed in
ogni caso non vi era la prova che prima dell’apposizione del picchetto
e catena i camion utilizzassero l’area antistante la proprietà dei
convenuti per accedere alla proprietà degli attori. Né era ritenuta
fondata la qualificazione dell’apposizione del picchetto quale atto
emulativo, non essendo stata fornita alcuna prova di un tale intento, ed
avendo, invece, la sig.ra Poletti esercitato il proprio diritto di delimitare
il fondo. Inoltre, la recinzione dei fondi sino alla pubblica via era
consentita dalla transazione intervenuta tra le parti il 14 novembre
1968.
5. Avverso la suddetta sentenza ricorrono per cassazione i sig.ri
Lorenzi e Sansalone, articolando due motivi. Resistono con
controricorso la sig.ra Poletti e il sig. Griselda.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Vanno esaminate preliminarmente le eccezioni di inammissibilità del
ricorso avanzate dai controricorrenti. Si sostiene che il ricorso è
inammissibile, per a) insufficiente esposizione sommaria dei fatti di causa; b)
mancata indicazione delle norme di diritto su cui si fondano i motivi e del tipo di
vizio fatto valere; c) omessa specifica indicazione degli atti processuali e dei
documenti su cui il ricorso si fonda; d) omessa indicazione del quesito di diritto; e)
omessa indicazione de/fatto controverso e decisivo; f) mancata indicazione dei vizi
di insufficiente e I o contraddittoria motivazione; g) violazione del principio di
autosu icienza del ricorso.
Ric. 2007 n. 30864 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-3-

alcun impedimento all’accesso dei camion all’interno della proprietà

1.1 — Le eccezioni sono infondate, perché seppure il ricorso si presenti
nei vari aspetti indicati dai contro ricorrenti ai limiti della ammissibilità,
pure gli elementi forniti sono sufficienti a consentire l’esame del
merito, posto che, in particolare, il momento di sintesi richiesto per il
vizio di motivazione dall’art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione

2. Il ricorso è infondato e va rigettato per quanto di seguito si
chiarisce.
2.1 — Col primo motivo di ricorso si deduce: «omessa e insu iciente e/ o
contraddittoria motivazione circa l’esclusione dei meui di prova». Sostengono i
ricorrenti che la mancata ammissione dei mezzi di prova chiesti nel
procedimento possessorio e in appello (circa l’impedimento al transito
carraio determinato dall’apposizione del paletto) ha determinato un
vizio di motivazione della sentenza impugnata, che si è limitata a
confermare la sentenza di primo grado.
Il motivo è inammissibile, perché il ricorrente non ha dedotto di avere
ribadito anche in sede di conclusioni di primo grado la richiesta di
escussione dei testi non ammessi. Al riguardo si veda Cass. n. 25157
del 2008: “La parte che si sia vista rigettare dal giudice di primo grado le proprie
richieste istruttorie ha l’onere di reiterarle al momento della precisazione delle
conclusioni, poiché, diversamente, le stesse dovranno ritenersi abbandonate e non
potranno essere riproposte in appello”, nonché Cass. n. 10748 del 2012:
«L’interpretnione degli artt. 189, 345 e 346 cod. proc. civ., secondo cui l’istanza
istruttoria non accolta nel corso del giudizio, che non venga n:proposta in sede di
precisazione delle conclusioni, deve reputarsi tacitamente rinunciata, non contrasta
con gli artt. 47 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, né
con gli artt. 2 e 6 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 (ratificato con
legge 2 agosto 2008, n. 130), né con gli artt. 24 e 111 Cost., non determinando
alcuna compromissione dei diritti fondamentali di difesa e del diritto ad un giusto
Ric. 2007 n. 30864 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-4-

temporis, si può ricavare dalla esposizione del motivo.

processo, poiché dette norme processuali, per come interpretate, senza escludere né
rendere disagevole il diritto di “difendersi provando”, subordinano, piuttosto, lo
stesso ad una domanda della parte che, se rigettata dal giudice dell’istruttoria, va
rivolta al giudice che decide la causa, così garantendosi anche il diritto di difesa della
controparte, la quale non deve controdedurre su quanto non oressamente

appena chiarito, non era necessaria alcuna motivazione al riguardo. Va
aggiunto, per completezza, che la deduzione della natura emulativa di
un atto compiuto dal proprietario attiene al petitorio e non al giudizio
possessorio.
2.2 — Col secondo motivo di ricorso si deduce: «omessa e comunque
insufficiente e/ o contraddittoria motiva ione circa la mancata ammissione della
consulena tecnica d’ufficio»,

finalizzata ad accertare la medesima

circostanza di cui al motivo precedente. Si trattava di accertare una
questione tecnica, che richiedeva l’ammissione della CTU.
Il motivo è infondato.
Al riguardo, occorre rilevare, in via generale, che, per orientamento
costante di questa Corte, che il collegio pienamente condivide, a) «la
consulena tecnica d’ufficio non è nue.uo istruttorio in senso proprio, avendo la
finalità di aiutare il giudice nella valuta.zione di elementi acquisiti o nella soluzione
di questioni che necessitino di .specifiche conoscente, pertanto il suddetto me.z.zo di
indagine non può essere utilivato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova
di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con
essa a sOplire alla deficiena delle proprie allegnioni o offerte di prova, ovvero di
compiere una indagine olorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non
provati» (Cass. n. 9060 del 2003, Rv. 563971); b) «La parte che denuncia la
mancata ammissione della consulena ha l’onere di precisare, sotto il profilo causale,
come l’espletamento del detto meuo avrebbe potuto influire sulla decisione
impugnata, mentre al limite costituito dal divieto di compiere indagini esplorative è
Ric. 2007 n. 30864 sez. 52 – ud. 10-10-2013

-5-

richiamato». Il motivo è anche infondato, perché, alla luce di quanto

consentito derogare unicamente quando l’accertamento di determinate situazioni di
fatto possa effettuarsi soltanto con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche» (Cass. n.
9060 del 2003, Rv. 563971; Cass. n. 396 del 2006, Rv. 588076); c) «In
materia di consulenza tecnica d’ufficio la decisione del giudice di merito che ne
esclude l’ammissione non è sindacabile in sede di legittimità, posto che compete al

il relativo espletamento possa condurre ai risultati perseguiti dalla parte istante,
sulla quale incombe pertanto l’onere di offrire gLi elementi di valutazione» (Cass n.
26264 del 2005, Rv. 587244; Cass. n. 4660 del 2006, Rv. 587497; Cass.
n. 15219 del 2007, Rv. 598312).
Nel caso in questione, vertendosi in tema di azione di manutenzione,
gli attori avrebbero dovuto dimostrare un possesso della servitù di
passaggio esercitato al momento dell’illecito da oltre un anno in modo
continuo ed non interrotto e la sentenza, rifacendosi alla deposizione
dei testi, che avevano riferito, salvo un precedente risalente al 1998-89,
che i camion per accedere alla proprietà degli attori non invadevano
l’area antistante la proprietà dei convenuti, ha implicitamente motivato
sulla superfluità della richiesta CTU in quanto l’assunto che tendeva a
dimostrare l’esercizio di un possesso (annuale) della dedotta servitù era
smentito dai testi.
3. Le spese seguono la soccombenza.

P.T.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di
giudizio, liquidate in 2.500,00 (duemilacinquecento) euro per compensi
e 200,00 (duecento) curo per spese, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, Camera di Consiglio del 10 ottobre 2013

LaNS.

IL PRh.TS \I ENTE

giudice del merito l’apprezzamento delle circostanze che consentano di escludere che

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA