Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2433 del 03/02/2021

Cassazione civile sez. I, 03/02/2021, (ud. 22/09/2020, dep. 03/02/2021), n.2433

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31579/2018 proposto da:

O.A., elettivamente domiciliato in Roma, alla via Cunfida

16, presso lo studio dell’avvocato Maria Visentin, che lo

rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1913/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/09/2020 da Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 26.3. 2018, ha respinto l’appello proposto da O.A., cittadino del (OMISSIS) richiedente asilo, contro l’ordinanza del Tribunale della stessa città che aveva a sua volta respinto il ricorso dell’appellante avverso il provvedimento della competente Commissione Territoriale, di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

La corte del merito, a sostegno della decisione, ha osservato che: a) andava condiviso il giudizio del tribunale, secondo cui il richiedente, piuttosto che allegare atti persecutori diretti nei propri confronti sussumibili nelle ipotesi disciplinate dal D.Lgs. n. 251 del 2007, aveva esposto fatti attinenti alla propria incolumità personale, avendo

visto in volto, ed essendo perciò stato aggredito, dagli oppositori

politici che avevano assassinato il nonno, Z.D.A., re del villaggio di (OMISSIS); b) il giudice di primo grado aveva ritenuto scarsamente credibile il racconto in ragione del fatto che al nonno era succeduto lo zio del richiedente; c) in effetti non poteva comprendersi perchè O. avesse timore,a distanza di anni, di tornare al villaggio governato dallo zio, tanto più che, già nell’immediatezza del fatto, gli assassini si erano “limitati” ad aggredirlo; d) non era assolutamente credibile quanto da lui riferito in ordine all’esistenza di usanze locali che rimettevano al capo del villaggio la possibilità di opporsi alla sepoltura nello stesso villaggio di coloro che, presentatisi per concorrere alle elezioni per tale carica, erano morti al di fuori di esso; e) la mancata richiesta di aiuto alle forze dell’ordine, che l’appellante aveva giustificato affermando di essere aduso ad evitare contatti con la polizia o militari, senza allegare l’esistenza di ragioni oggettive che sconsigliavano di sollecitarne l’intervento, unitamente alla circostanza che O. risiedeva abitualmente con la propria famiglia ad (OMISSIS) e soggiornava solo saltuariamente presso la casa del nonno a (OMISSIS), confermavano l’esistenza di incongruenze nella versione fornita ed escludevano la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato; f) andava respinta anche la domanda di protezione sussidiaria in quanto, come desumibile dal rapporto di Amnesty International 2017/2018, non risultava che in Ghana si perpetrassero gravi violazioni dei diritti umani connesse ad una condizione di instabilità politica e sociale; g) l’appellante non aveva allegato specifici profili di vulnerabilità, tali da giustificare la concessione della protezione umanitaria.

O. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a cinque motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, art. 101, comma 2 e art. 115, nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata. Lamenta che la corte d’appello non abbia assolto al proprio onere di cooperazione istruttoria, acquisendo d’ufficio informazioni sulla successione al trono di (OMISSIS), che è tuttora oggetto di conflitto fra opposte fazioni, e che abbia inoltre omesso di esaminare la documentazione da lui prodotta, dalla quale emergeva sia la veridicità della circostanza, ritenuta “assolutamente non credibile” dal giudice, del potere del re del villaggio di rifiutare la sepoltura dei rivali uccisi, sia il fatto che, per legge, le forze dell’ordine ghanesi non possono intervenire in questioni di competenza dei re locali, salvo che siano questi ultimi a richiederne il supporto.

Il motivo è fondato.

Il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, prevede che l’esame della domanda del richiedente sia svolto in cooperazione con questi, in primo luogo attraverso la valutazione di tutti i fatti pertinenti che riguardano il suo Paese d’origine nonchè della documentazione da lui prodotta.

Nel caso di specie la corte d’appello ha invece totalmente omesso di esaminare i documenti allegati dal ricorrente, dai quali avrebbero potuto trarsi circostanze decisive ai fini dell’accertamento della sua credibilità, e si è limitata ad acquisire informazioni generali sulla situazione socio-politica del Ghana, senza svolgere alcun approfondimento istruttorio in ordine alla condizione in cui versa la regione di (OMISSIS) e all’attuale permanenza in tale regione di conflitti tribali per la successione al trono di quel villaggio.

Il giudizio di inattendibilità della vicenda narrata da O. si fonda dunque, in massima parte, su argomentazioni assertive, rispetto alle quali avrebbero invece ben potuto, e dovuto, essere ricercati precisi riscontri fattuali.

L’accoglimento del primo motivo del ricorso comporta l’assorbimento delle ulteriori censure illustrate dal ricorrente, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della controversia, per un nuovo esame, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2021

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