Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2433 del 03/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 03/02/2010, (ud. 01/12/2009, dep. 03/02/2010), n.2433

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31107/2005 proposto da:

C.A. n.q. di socio della Sas Mobili Giannetti,

elettivamente domiciliato in ROMA CIRCONVALLAZIONE CLODIA 19, presso

lo studio dell’avvocato MINGHELLI GIAN ANTONIO, che lo rappresenta e

difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE GENERALE, in persona del

Direttore prò tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 44/2004 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 10/11/2 004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2009 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato MINGHELLI, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito per il resistente l’Avvocato DE STEFANO, che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per la dichiarazione di nullità

della sentenza di 1 e 2 grado.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Sulla scorta di P.V.C., della Guardia di Finanza, la Agenzia delle Entrate di Caserta emetteva avviso di accertamento nei confronti della Società Mobili Giannetti di Francesca e Giovanna Giannetti s.a.s. con il quale assumeva la sussistenza di ricavi non contabilizzati e pertanto elevava il reddito della società per l’anno 1994 da L. 137.884.000 a L. 990.292.000. Conseguentemente accertava maggiori imposte a fini ILOR, oltre interessi e sanzioni, a carico della società, e con separati avvisi accertava maggiori imposte a fini IRPEF ed SSNN per lo stesso anno a carico dei soci in ragione delle quote di partecipazione sociale.

Avverso l’atto di accertamento alla stessa notificato proponeva ricorso la socia C.A., innanzi la Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, assumendo la illegittimità dell’atto stesso per violazioni di legge inerenti il PVC cui faceva riferimento, ed inoltre per non avere correttamente valutato i costi di produzione. La Commissione accoglieva il ricorso ed annullava l’accertamento. Appellava l’Ufficio e la Commissione Tributaria Regionale della Campania con sentenza n. 44/39/04 in data 3-1104 depositata il 10-11-04 accoglieva parzialmente il gravame, determinando il reddito della socia, nell’anno considerato, prò quota, nella misura determinata a carico della società.

Propone ricorso per cassazione la C. con quattro motivi.

Resiste la Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la contribuente deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sulla base della ritenuta illegittimità degli accertamenti bancari per mancanza della relativa autorizzazione. Con il secondo, deduce violazione dell’art. 329 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere l’Ufficio utilizzato documenti relativi ad un procedimento penale ancora coperti dal segreto istruttorio in carenza della autorizzazione del P.M..

Con il terzo, lamenta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa ed insufficiente motivazione in ordine alle modalità di calcolo del reddito effettuata dalla commissione con formula matematica anzichè con esame diretto delle risultanze processuali.

Con il quarto, deduce violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 111 e 24 cost., per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio nella acquisizione della prova.

La Agenzia nel controricorso eccepisce preliminarmente la inammissibilità del ricorso perchè notificato al Ministero della economia e della Finanze che non è stato parte nel giudizio di appello, ed alla Direzione Regionale delle Entrate della Campania nonchè all’Ufficio periferico della Agenzia, ufficio di S. Maria Capua Vetere, prive di legittimazione a stare in giudizio avanti questa Corte. Nel merito confuta le asserzioni della ricorrente. La eccezione preliminare della Agenzia deve essere respinta, sulla base della constatazione che il ricorso è stato notificato alla sede centrale della, Agenzia delle Entrate, in persona del direttore prò tempore. Comunque può rammentarsi il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui, a seguito della istituzione della Agenzia delle Entrate, divenuta operativa dal 1 gennaio 2001, e la successione della stessa al Ministero, si è creata una realtà ordinamentale caratterizzata dalla capacità di stare in giudizio conferita agli uffici periferici della Agenzia, in via concorrente od alternativa rispetto al direttore, in forza della quale deve ritenersi che la notifica sia della sentenza ai fini della impugnazione, sia del ricorso possano essere effettuate alternativamente presso la sede centrale della Agenzia o presso i suoi uffici periferici, (Cass. n. 22889 del 2006).

In ordine al merito del ricorso, osserva la Corte che la controversia riguarda l’accertamento di maggior reddito ai fini ILOR a carico di una società di persone, da cui sono derivati accertamenti a fini IRPEF a carico dei soci. Al riguardo, deve essere riaffermato il seguente principio di diritto: “la unitarietà dell’accertamento che è (o deve essere) alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società ed associazioni di cui all’art. 5 cit. T.U.I.R. e dei soci delle stesse (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40) e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso proposto da uno dei soci o dalla società anche avverso un solo avviso di rettifica, riguarda inscindibilmente la società ed i soci, (salvo che questi prospettino questioni personali) i quali tutti devono essere parte nello stesso processo, e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi, (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 1) perchè non ha ad oggetto la singola posizione debitoria dei ricorrenti, bensì la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto alla obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, cioè gli elementi comuni della fattispecie costitutiva della obbligazione (Cass., SS.UU. 1052/2007)”; trattasi pertanto di fattispecie di litisconsorzio necessario originario, con la conseguenza che il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati destinatario di un atto impositivo, apre la strada al giudizio necessariamente collettivo ed il giudice adito in primo grado deve ordinare la integrazione del contraddittorio (a meno che non si possa disporre la riunione dei ricorsi proposti separatamente, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29); il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è nullo per violazione del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c., ed art. 111 Cost., comma 2, e trattasi di nullità che può e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass. SS.UU. 14815 del 2008). Dato che nel caso di specie il giudizio è stato celebrato senza che fosse disposta nè la integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, nè la riunione dei ricorsi separatamente proposti dalla società e dai soci, il ricorso deve essere accolto, in quanto l’intero rapporto processuale si è sviluppato in violazione del D.Lgs. N. 546 del 1992, art. 14; deve quindi essere cassata la sentenza impugnata e l’intero giudizio, e la causa deve essere rinviata alla Commissione Tributaria Provinciale adita, per la celebrazione del giudizio di primo grado. Il giudice di rinvio dovrà disporre la integrazione del contraddittorio, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14. Le spese del giudizio devono essere compensate.

P.Q.M.

La Corte, decidendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata, annulla l’intero giudizio e rinvia la causa innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2010

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