Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24329 del 18/11/2011

Cassazione civile sez. II, 18/11/2011, (ud. 12/10/2011, dep. 18/11/2011), n.24329

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COOPERATIVA LATTE SAVOIA SEI s.c.a.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, e M.D., rappresentati e difesi

dall’Avv. Scaparone Paolo in virtù di procura speciale a margine del

ricorso ed elettivamente domiciliati in Roma, via Cosseria, n. 2,

presso il dr. Alfredo Placidi;

– ricorrenti –

contro

PROVINCIA DI TORINO (P.I.: (OMISSIS)), in persona del Presidente

pro tempore della Giunta Provinciale, rappresentata e difesa, in

virtù di mandato a margine del controricorso, dagli Avv.ti Lorizio

M. Athena e Silvana Gallo ed elettivamente domiciliata presso lo

studio della prima, in Roma, v. Dora, n. 1;

– controricorrente –

Avverso la sentenza del Tribunale di Alba – sez. dist. di Bra n.

119/2005, emessa il 5 luglio 2005 e depositata iol 20/9/2005;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 12

ottobre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito l’Avv. Paolo Botasso, per delega, nell’interesse della

controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con distinti ricorsi formulati ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22 la s.c.a.r.l. Cooperativa Latte Savoia Sei, in persona del legale rappresentante sig. M.D., e quest’ultimo, in proprio, proponevano opposizione dinanzi al Tribunale di Alba – sez. dist. di Bra, avverso le ordinanze-ingiunzioni n. 438294/2004 del 9 dicembre 2004, n. 6845/05 dell’11 gennaio 2005 e n. 75369/2005 del 3 marzo 2005, regolarmente notificate, con le quali la Provincia aveva loro ingiunto le sanzioni amministrative, rispettivamente, di Euro 17.810.441,08, Euro 5.729.827,77 ed Euro 5.811.977,17, in relazione alla violazione della L. n. 119 del 2003, art. 5, commi 2 e 3, per non aver effettuato il materiale versamento del prelievo supplementare sul latte consegnato oltre quota dai produttori, nei periodi di riferimento 1 aprile 2003-31 dicembre 2003, nonchè febbraio e marzo 2004, ovvero per non aver comunque acquisito idonee forme di garanzia immediatamente esigibili.

Nella costituzione dell’opposta Provincia di Torino, il Tribunale adito, con sentenza n. 119 del 2005 (depositata il 20 settembre 2005), respingeva le opposizioni, confermava i provvedimenti impugnati e compensava integralmente tra le parti le spese del giudizio. A sostegno dell’adottata sentenza il suddetto Tribunale rilevava che non poteva dubitarsi della qualifica di “primo acquirente” attribuibile all’azienda ricorrente, così come della circostanza che l’accantonamento delle somme corrispondenti alla trattenuta da effettuare a titolo di prelievo supplementare da parte della stessa azienda non era avvenuto e nè erano state predisposte le cautele necessarie a garantire l’effettiva materiale disponibilità degli importi dovuti a titolo di prelievo. Inoltre, il giudicante piemontese riteneva che non poteva discutersi della configurabilità, in capo alla medesima azienda, di un vero e proprio obbligo e non di una mera facoltà di trattenuta del prezzo, osservandosi, in proposito, come la L. n. 119 del 2003, art. 5 non si poneva in contrasto con la disciplina comunitaria del settore, essendo finalizzata proprio a rendere certo il raggiungimento degli scopi perseguiti dalla CEE con l’istituzione delle cc.dd. quote latte.

Nei confronti della suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione sia il sig. M.D., in proprio, che la Cooperativa Latte Savoia Sei, in persona del legale rappresentante pro-tempore, basato su quattro complessi motivi, al quale ha resistito con controricorso l’intimata Provincia di Torino. I difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione e falsa applicazione di legge in relazione alla L. n. 468 del 1992, art. 5, comma 4, al D.M. 25 ottobre 1995, art. 1 e alla L. n. 79 del 2000, art. 1, comma 5 congiuntamente al vizio di insufficienza e contraddittorietà della motivazione. In particolare, i ricorrenti, nella prima parte di detta doglianza, hanno inteso censurare l’interpretazione data dal giudice di primo grado sulla trattenuta del prelievo supplementare e sul correlato obbligo di versamento dello stesso, contestando la tesi, sostenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale è necessario che si provveda ad un effettivo accantonamento delle somme ed al conseguente versamento all’AGEA degli importi trattenuti sul prelievo supplementare per le consegne eccedenti rispetto alla quota latte individuale assegnata a ciascun produttore. Secondo l’impostazione dei ricorrenti, invece, per assolvere all’obbligo di trattenuta e del versamento del prelievo supplementare sarebbero state sufficienti le registrazioni, come effettuate dalla stessa Cooperativa Savoia Sei, in quanto la legge non avrebbe imposto il materiale accantonamento delle somme trattenute. Con la seconda questione dedotta nel corpo del primo motivo i ricorrenti hanno affermato che, poichè i provvedimenti di imposizione del prelievo supplementare a carico delle singole aziende erano stati sospesi o definitivamente annullati in sede giurisdizionale dal TAR, il giudice di prima istanza avrebbe dovuto considerare estinta l’obbligazione della medesima Cooperativa di trattenere le somme a titolo di prelievo supplementare e, quindi, ritenere inammissibile o improcedibile l’applicazione della sanzione amministrativa a carico della società.

1.1. Rileva, innanzitutto, il collegio che la parte del motivo riferita alla questione da ultimo richiamata si prospetta inammissibile perchè del tutto nuova in quanto afferente ad una doglianza che – per quanto evincibile anche dallo specifico contenuto della sentenza impugnata – non aveva costituito oggetto dei motivi formulati con l’atto di opposizione alle ordinanze-ingiunzioni proposto dinanzi al giudice del merito, risultando, in ogni caso, priva del requisito dell’autosufficienza, proprio perchè non riproduce, comunque, i necessari passaggi dell’atto introduttivo idonei a comprovare la deduzione di detta questione.

1.2. La doglianza relativa, invece, alla prima parte del complesso motivo è da ritenersi infondata e deve, perciò, essere respinta.

I ricorrenti hanno sostenuto, in effetti, che la L. n. 468 del 1992, art. 5, comma 4 non avrebbe previsto l’accantonamento materiale delle somme trattenute a titolo di prelievo supplementare nè che la trattenuta dovesse essere effettiva, ma che potesse avvenire mediante un’operazione contabile, aggiungendo che la Cooperativa non poteva considerarsi un acquirente, poichè il produttore conferisce e non vende alla Cooperativa il proprio prodotto, sottolineando come l’eventuale obbligo di versare le trattenute sarebbe sorto solo al momento del recupero delle somme su tutti i soci.

La riportata ricostruzione ermeneutica addotta dai ricorrenti non si prospetta condivisibile.

Posto che, nella fattispecie, si discute unicamente della violazione attinente all’omesso versamento del prelievo supplementare che avrebbe dovuto avere luogo entro il 30 marzo 2004 (obbligo che, in alternativa, sarebbe stato surrogabile con la prestazione di idonea fideiussione), non può certamente ritenersi conforme al sistema legislativo comunitario e a quello nazionale la condotta realizzata dalla Cooperativa (come quella ricorrente) che, anzichè trattenere il prelievo supplementare, lo cede in prestito ai singoli produttori e, nel contempo, poichè, in base agli usi contrattuali, non paga immediatamente il latte conferito, ma dilaziona il pagamento a 60 o 90 giorni, ritiene di potersi avvalere del credito corrispondente per garantire in qualsiasi momento il versamento del prelievo supplementare alla Comunità europea. Di contro, la legge prevede che, in alternativa al versamento, l’acquirente può prestare all’AGEA una fideiussione bancaria esigibile a prima e semplice richiesta. In sostanza, dal complessivo quadro normativo di riferimento (al quale il giudice di merito si è correttamente rapportato, offrendo un’adeguata e logica motivazione delle argomentazioni indicate), emerge come fosse, in primo luogo, essenziale e funzionale al sistema comunitario, dopo la modifica introdotta con la L. n. 119 del 2003 sull’istituto del prelievo supplementare, l’osservanza dell’obbligo dell’effettivo ed indilazionabile versamento del suddetto prelievo presso l’istituto tesoriere dell’AGEA nel termine di 30 giorni dalla trattenuta del prelievo stesso e come, in alternativa, potesse essere possibile offrire la garanzia della disponibilità materiale ed effettiva della somma trattenuta dall’acquirente sull’eccedenza del prodotto rispetto alla quota individuale di riferimento sul prezzo dovuto al produttore. Alla stregua di questo impianto normativo deve, perciò, rilevarsi che il meccanismo osservato dalla Cooperativa ricorrente ha violato l’obbligo di legge di procedere alla trattenuta sull’importo del latte conferito o alla costituzione di una fideiussione idonea ed adeguata ad al conseguente assolvimento dell’obbligo di versamento del prelievo nel termine perentorio fissato dalla legge (condotta, nella specie, pacificamente non tenuta dalla Cooperativa Latte Savoia Sei), con la conseguente legittimità dell’applicazione delle correlate sanzioni amministrative riconducibili ai riscontrati illeciti amministrativi, non sortendo, perciò, al riguardo alcuna rilevanza ed efficacia la mera contabilizzazione della trattenuta attraverso l’iscrizione nelle voci a passivo. Del resto, su un piano generale, la giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 17106 del 2006) ha statuito in proposito che, in materia di diritti di prelievo supplementare sul latte vaccino e sui suoi derivati, l’obbligo per l’acquirente di latte di operare la trattenuta sul corrispettivo per le partite costituenti eccedenza rispetto alla quota assegnata al produttore-venditore ha la finalità di garantire il versamento del superprelievo nell’importo dovuto e nei tempi previsti dalle norme comunitarie, allorchè in sede di consuntivo il suddetto prelievo supplementare risulti effettivamente dovuto all’esito di tutti i conguagli e compensazioni. A tal fine, è giustificata l’esistenza di una sanzione amministrativa per il sol fatto di aver omesso l’accantonamento nella percentuale prevista sul corrispettivo di forniture di latte che risultino “a priori” eccedentarie rispetto alla quota, poichè l’ordinamento persegue una finalità di garanzia per assicurarsi la immediata disponibilità delle somme nella eventualità che dovessero risultare dovute alla Comunità europea.

Da ciò si è fatta scaturire la deduzione che i conteggi successivi della produzione su scala nazionale e le eventuali compensazioni che escludano la debenza del prelievo non possono incidere sull’illecito amministrativo consumatosi antecedentemente, quando è venuta meno la garanzia pretesa dallo Stato.

1.3. Quanto alla contestazione (sub n. 3 del primo motivo del ricorso) relativa all’affermazione del giudice di primo grado in virtù della quale non poteva dubitarsi dell’attribuzione della qualifica di “primo acquirente” in capo all’azienda ricorrente è sufficiente ricordare che – secondo l’univoca giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 14827 del 2006 e, da ultimo, Cass. n. 6551 del 2010), alla quale si è conformato il giudice piemontese nella sentenza impugnata – in tema di prelievo supplementare quote latte, la nozione di acquirente, ai sensi dell’art. 2, n. 2, e dell’art. 9, lett. e), del Regolamento del Consiglio CEE n. 3950 del 1992, va intesa, come chiarito dalla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee del 29 aprile 1999, resa in causa Consorzio tra i caseifici dell’altopiano di Asiago e la Regione Veneto (e avente valore vincolante per quel che riguarda l’interpretazione della normativa comunitaria), come comprensiva di ogni impresa intermediaria che proceda all’acquisto di latte presso un produttore nell’ambito di un rapporto contrattuale, quali che siano le modalità di remunerazione del produttore medesimo, allo scopo di trattarlo o di trasformarlo essa stessa oppure di cederlo ad un’impresa di trasformazione o trattamento.

1.4. All’ultimo punto del primo complesso motivo i ricorrenti hanno chiesto a questa Corte, se del caso, di deferire alla Corte di Giustizia CE – ex art. 234 Trattato CE – la questione pregiudiziale di interpretazione delle norme relative al trattenimento e alla prestazione di garanzie di cui ai Regolamenti CEE nn. 3950/1992 e 536 del 1993 in rapporto ai principi comunitari di certezza del diritto e legittimo affidamento ed, in particolare, se tali norme possano essere interpretate nel senso che l’applicazione del regime di trattenimento e di versamento del superprelievo possa prescindere dalla comunicazione tempestiva e regolamentare del Q.R.I. e da tutti gli altri adempimenti e procedure previsti dalla predetta normativa comunitaria.

Ritiene il collegio che non sussistono le condizioni per il deferimento della dedotta questione alla suddetta Corte di Giustizia europea poichè essa è stata già respinta con altre pronunce della stessa Corte. In particolare con la sentenza 25 marzo 2004 detta Corte ha esaminato e si è espressa in merito a molteplici questioni (involgenti anche quelle sollecitate dai ricorrenti) attinenti alla materia dei prelievi supplementari del latte, ai quantitativi di riferimento, alle rettifiche “a posteriori” a seguito dei ritardi nella determinazione delle quote latte, alle modalità per la comunicazione sia delle assegnazioni iniziali delle quote che delle modifiche successive. In termini specifici, con la richiamata decisione, la menzionata Corte ha così statuito:

1) Gli artt. 1 e 4 dei regolamento (CEE) del Consiglio 28 dicembre 1992, n. 3950, che istituisce un prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, nonchè gli artt. 3 e 4 del regolamento (CEE) della Commissione 9 marzo 1993, n. 536, che stabilisce le modalità di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che a seguito di controlli uno Stato membro rettifichi i quantitativi di riferimento individuali attribuiti ad ogni produttore e conseguentemente ricalcoli, a seguito di riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, i prelievi supplementari dovuti, successivamente al termine di scadenza del pagamento di tali prelievi per la campagna lattiera interessata.

2) I regolamenti nn. 3950/92 e 536/93 devono essere interpretati nel senso che l’assegnazione iniziale dei quantitativi di riferimento individuali nonchè ogni modificazione successiva di tali quantitativi devono essere comunicate ai produttori interessati dalle autorità nazionali competenti.

Il principio di certezza del diritto esige che codesta comunicazione sia tale da fornire alle persone fisiche o giuridiche interessate ogni informazione relativa all’assegnazione iniziale del loro quantitativo di riferimento individuale o alla successiva modifica di quest’ultimo. Spetta al giudice nazionale accertare, in base agli elementi di fatto di cui dispone, se ciò si verifichi nelle cause principali.

Con questa sentenza, pertanto, la Corte di Giustizia CE ha riconosciuto, per un verso, agli Stati membri la legittimazione a procedere all’esercizio di un ampio potere di controllo e di rettifica dei quantitativi di riferimento individuali assegnati ad ogni produttore e, per altro verso, con riferimento alle comunicazioni, ha statuito che, pur non imponendo i regolamenti comunitari forme o modalità precise in proposito, resta fermo il principio che le comunicazioni devono essere tali da fornire alle persone giuridiche o fisiche ogni informazione relativa sia quote iniziali che a quelle modificate. L’orientamento della citata Corte di Giustizia è, dunque, chiaramente schierato – come opportunamente evidenziato dall’ente controricorrente – nel senso di riconoscere agli Stati membri il potere di disporre di adeguati mezzi di controllo e verifica dell’effettiva riscossione del prelievo supplementare, anche mediante il ricorso a correzione o rettifica “a posteriori” del Q.R.I. e ciò al fine di non compromettere la finalità del regime delle cc.dd. “quote latte” in termini di sviluppo razionale, finanziamenti ed investimenti per la ristrutturazione del settore lattiero-caseario, nell’interesse dello stesso settore onde garantire agli allevatori condizioni eque di vita ed un equilibrato sviluppo del mercato.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti hanno prospettato la violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla L. n. 119 del 2003, art. 5, comma 1 e l’omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5). In sostanza, con tale doglianza i ricorrenti hanno dedotto che, pur avendo il giudice di primo grado riconosciuto alla Cooperativa, quale primo acquirente, il ruolo di “mero sostituto d’imposta” con riferimento all’obbligo di trattenuta e versamento del prelievo supplementare, avrebbe, poi, contraddittoriamente ritenuto legittime le sanzioni applicate dalla Provincia di Torino a carico della stessa Cooperativa che non aveva provveduto, rispettando la sequenza cronologica prevista dalla legge, all’effettivo accantonamento delle somme corrispondenti alla trattenuta sul prelievo supplementare nè al relativo versamento nel termine di legge delle somme trattenute (dovendo, invece, ad avviso della medesima Cooperativa, ritenersi che la trattenuta andava effettuata al momento in cui fosse stato eseguito il pagamento a favore del produttore e non al momento della consegna del prodotto).

3. Con il terzo motivo i ricorrenti hanno dedotto l’illegittimità della sentenza impugnata per omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5, avuto riguardo all’aspetto prospettato con il richiamato secondo motivo. 3.1. Questi due motivi, siccome strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente e devono essere dichiarati entrambi infondati.

In proposito si osserva che il D.L. n. 49 del 2003, art. 5, comma 2 convertito nella L. n. 119 del 2003, prevede il versamento all’AGEA, da parte degli acquirenti, degli importi trattenuti a titolo di prelievo supplementare sul latte conferito in eccesso rispetto alla quota individuale assegnata al singolo produttore. Sulla scorta di tale presupposto si deve, anzitutto, escludere la configurabilità, cosi come ermeneuticamente ipotizzata dai ricorrenti (i quali fondano su di essa la propria tesi difensiva), di una assimilazione tra la posizione del datore di lavoro, sostituto d’imposta con riguardo alle ritenute previdenziali, e quella del primo acquirente di latte con riferimento alla trattenuta dell’importo corrispondente alle consegne eccedenti la quota individuale consentita al singolo produttore:

infatti, mentre il datore di lavoro è tenuto ad applicare la ritenuta, che contribuisce a formare la retribuzione, su tutti i compensi corrisposti al lavoratore, il corrispettivo del latte prodotto nei limiti della quota assegnata al singolo produttore spetta totalmente a quest’ultimo e le consegne fuori quota costituiscono un corrispettivo destinato esclusivamente all’AGEA. Da ciò si desume (cfr., in tal senso, anche Cass. n. 8763 del 2010) che mentre il datore di lavoro, in caso di mancato pagamento della retribuzione, non è tenuto al versamento delle trattenute, per il primo acquirente del latte non esiste alcuna connessione tra il pagamento del corrispettivo al produttore e l’obbligo di versamento all’AGEA del prelievo supplementare, cui egli è tenuto per legge a prescindere dalla scadenza contrattuale eventualmente prevista per il pagamento, anche perchè il conferimento di latte in esubero – in relazione al quale è imposto il versamento all’AGEA della percentuale di legge – non da luogo a corrispettivo a favore del produttore.

Per completezza si rileva, inoltre, che sulla questione non può attribuirsi, in contrario, alcun rilievo alla statuizione contenuta nella sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 26434 del 2006, secondo la quale l’art. 2, n. 2, del regolamento del Consiglio CE n. 3950 del 1992 deve essere interpretato, alla luce della sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee del 29 aprile, nel senso che, pur avendo gli acquirenti la facoltà di trattenere il prelievo supplementare sul prezzo del latte e dei prodotti lattiero- caseari, tuttavia tale disposizione non impone alcun obbligo in tal senso agli acquirenti medesimi; la richiamata pronuncia non esclude, infatti, l’obbligo del versamento, ma solo quello della trattenuta che eventualmente lo precede (in senso conforme v., da ultimo, Cass. n. 9477 del 2011).

4. Con il quarto motivo i ricorrenti hanno denunciato l’illegittimità costituzionale, in relazione all’art. 3 Cost., della L. n. 119 del 2003, art. 5, comma 5 come modificato dalla legge di conversione e ora sostituito dal D.L. n. 22 del 2005, art. 2, comma 1 nella parte in cui punisce con sanzioni assolutamente differenti comportamenti identici (riconducibili anche all’omesso versamento), senza possibilità di modulare l’importo della sanzione in relazione all’effettiva rilevanza del comportamento stesso (anche in relazione all’applicabilità della L. n. 689 del 1981, art. 11).

4.1. La questione, ancorchè rilevante nel presente giudizio (essendo state emanate le ordinanze-ingiunzioni impugnate nella vigenza della Legge di Conversione n. 119 del 2003, con la quale è stato previsto un sistema sanzionatorio più grave nella materia delle cc.dd. “quote latte”), appare manifestamente infondata, dal momento che deve considerarsi certamente rientrante nella discrezionalità del legislatore disciplinare diversamente nel tempo comportamenti che concretino anche illeciti amministrativi identici quando la scelta del più gravoso sistema sanzionatorio sia ispirata a criteri non irrazionali e risulti giustificata dalla necessità, valorizzando anche gli esiti dell’applicazione della precedente disciplina, di regolamentare “ex novo” una determinata materia. Del resto la giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Cass. n. 6769 del 2004 e Cass. n. 6519 del 2005) è concorde nel ritenere che, in materia di illeciti amministrativi, l’adozione, risultante dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 1 dei principi di legalità, di irretroattività e di divieto di applicazione dell’analogia, comporta l’assoggettamento del comportamento, rilevante ai fini della integrazione della violazione, alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilità della eventuale disciplina posteriore più favorevole e preclusione – a ragione della differenza qualitativa delle situazioni considerate – anche della possibilità dell’applicazione analogica dell’opposta regolamentazione di cui all’art. 2, commi 2 e 3, c.p.. Nè, come affermato dalla Corte costituzionale (v. ordd. nn. 140 e 502 del 2002), sussistono dubbi di legittimità costituzionale su tale disciplina, posto che, in caso di successione di leggi nel tempo, non è dato rinvenire un vincolo per il legislatore nel senso della applicazione della legge più favorevole, rientrando nella discrezionalità del legislatore – nel rispetto del limite della ragionevolezza – modulare le proprie determinazioni secondo criteri di maggiore o minore rigore, ferma la possibilità di una disciplina diversificata per le condotte poste in essere da una medesima categoria di soggetti in tempi diversi.

5. In definitiva, il ricorso deve essere integralmente rigettato con la conseguente condanna dei ricorrenti, in via fra loro solidale, al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano come in dispositivo (in considerazione dell’elevato valore della controversia e della complessità delle difese approntate nell’interesse dell’ente controricorrente).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 35.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011

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