Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24329 del 03/11/2020
Cassazione civile sez. I, 03/11/2020, (ud. 13/10/2020, dep. 03/11/2020), n.24329
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14462/2019 proposto da:
B.O.O., rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Cesarini,
(Pec: antonio.cesarini.bergamo.pecavvocati.it) giusta procura
speciale in calce al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12,
presso l’avvocatura generale dello Stato che lo rappresenta ex lege;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il
20/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
13/10/2020 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.
Fatto
RILEVATO
che:
B.O.O., (OMISSIS), ricorre per cassazione, con quattro mezzi, avverso il decreto del tribunale di Brescia che ne ha respinto la domanda di protezione internazionale; il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.
Diritto
CONSIDERATO
che:
il primo motivo (genericamente rubricato come violazione di legge e vizio di motivazione) è inammissibile; ci si duole della ritenuta non credibilità soggettiva e si lamenta che non sia stato applicato il principio dell’onere della prova attenuato;
il richiedente aveva affermato di essere fuggito dal proprio villaggio dopo essere stato brutalmente aggredito per la collaborazione col nonno nella tutela dei diritti di persone LGBT; il tribunale ha motivatamente ritenuto non credibile il racconto posto a fondamento della domanda, e la censura di vizio di motivazione è generica in rapporto a Cass. Sez. U. n. 8053-14; consegue che la doglianza, nel suo complesso, semplicemente si riduce a un sindacato di fatto, non suscettibile di trovare ingresso in questa sede;
il secondo e il terzo motivo (violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8), da esaminare unitariamente, sono egualmente inammissibili;
il ricorrente lamenta che non siano state acquisite informazioni aggiornate sulla situazione socio-politica nigeriana e che quindi non sia stato riconosciuto il presupposto della condizione di violenza indiscriminata;
per converso è decisivo constatare che il tribunale non ha mancato di svolgere l’indagine all’uopo richiesta, giacchè la condizione suddetta, nella zona di provenienza del richiedente, è stata esclusa proprio in base alle più recenti COI;
anche in tal caso si tratta di una valutazione in fatto, motivata e insindacabile in questa sede;
il quarto mezzo (violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e art. 5 del T.U. Imm.) è inammissibile;
ci si duole del mancato riconoscimento dei presupposti per la protezione umanitaria in relazione a seri motivi di vulnerabilità; sennonchè anche qui è risolutivo osservare che il tribunale ha escluso la protezione umanitaria anche in ragione della non credibilità del racconto, e a proposito di tale consequenzialità non risultano prospettate censure;
in ogni caso ha pure conformato la decisione all’orientamento di questa Corte (v. Cass. n. 4455-18 e ora anche Cass. Sez. U. n. 29549-19), stabilendo che la situazione specifica del richiedente non era tale (nel concreto) da far ritenere sussistente l’integrazione sociale;
la decisione si basa dunque su una valutazione in fatto, e il ricorso, nell’affermare che non sarebbe stata rettamente considerata la situazione di vulnerabilità, implica, sotto spoglie di censura in iure, una critica (peraltro generica) al risultato della valutazione.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 13 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020