Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24325 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. I, 03/11/2020, (ud. 18/09/2020, dep. 03/11/2020), n.24325

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14093/2015 proposto da:

Azienda Agricola M.F. e A. S.S., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via Luigi Luciani n. 1, presso lo studio dell’avvocato Manca

Bitti Daniele, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Tomaselli Fabrizio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Viale delle Milizie n. 34, presso

lo studio dell’avvocato Bosin Cristiano, rappresentata e difesa

dall’avvocato Orlandi Marinella, giusta procura in calce al ricorso

notificato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4218/2013 del TRIBUNALE di BRESCIA, del

20/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/09/2020 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Manca Bitti D., che insiste

nelle conclusioni rassegnate;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato Bosin Cristiano, con

delega scritta avv. Orlandi, che si riporta.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- La Corte d’appello di Brescia, con ordinanza del 21 novembre 2014, ha dichiarato inammissibile perchè privo di ragionevole probabilità di essere accolto, a norma dell’art. 348 bis c.p.c., il gravame dell’Azienda agricola M.F. e A. avverso la sentenza del Tribunale della stessa città del 20 dicembre 2013, che aveva accolto l’opposizione della Regione Lombardia al decreto ingiuntivo ottenuto dall’Azienda M. per il pagamento del contributo denominato PAC (“Politica Agricola Comune”) previsto dal regolamento CE n. 1765 del 1992, modificato dal regolamento n. 1251 del 1999 (su domande proposte tra il 2005 e il 2007).

2.- La Corte ha osservato che l’appellante aveva svolto critiche generiche e non specifiche al procedimento argomentativo seguito dal primo giudice.

3.- In particolare, il tribunale aveva condiviso la tesi, sostenuta dalla Regione, della compensazione impropria o atecnica tra il debito gravante sull’azienda agricola a titolo di prelievo supplementare per quote latte e il credito per l’aiuto comunitario PAC di cui l’azienda era titolare, trattandosi di debiti e crediti facenti capo ad un unico rapporto giuridico tra gli agricoltori e l’Unione Europea, i cui titoli costituiscono somme di pertinenza del fondo destinato a finanziare la politica agricola comune (FEOGA e FEASR).

3.1.- Il tribunale ha argomentato la unicità del rapporto sulla base di una pluralità di fonti: dal reg. CE n. 1663 del 1995, che prevede che alle somme che l’organismo pagatore è tenuto a recuperare, ivi comprese quelle relative ai prelievi, si applichino le disposizioni relative alle erogazioni per l’agricoltura, con obbligo di istituire un registro unico dei debitori; dal reg. CE n. 1290 del 1995, secondo cui gli importi relativi ai prelievi sono usati esclusivamente per finanziare le spese del FEOAG e del FEASR; dal reg. CE n. 1034 del 2008 e dalla L. n. 33 del 2009, secondo cui l’obbligo degli Stati membri di recuperare gli importi dovuti può essere soddisfatto anche tramite deduzione dei medesimi importi dai futuri pagamenti a favore dell’agricoltore debitore, entrambi risultanti dal Registro nazionale dei debitori; dall’esito della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano del 14 giugno 2007, sulle procedure di recupero del prelievo supplementare mediante compensazione nel settore lattiero caseario.

4.- Avverso questa sentenza l’Azienda agricola M. ha proposto ricorso per cassazione, resistito dalla Regione Lombardia. Le parti hanno presentato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Il ricorso dell’Azienda M. è affidato a quattro motivi.

1.1.- Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 1241 c.c. e segg., per avere erroneamente applicato la disciplina della compensazione impropria o atecnica in una situazione in cui non era applicabile la disciplina della compensazione propria, trattandosi di crediti e debiti non legati da vincolo di sinallagmaticità e relativi a rapporti e periodi diversi.

1.2.- Il secondo motivo denuncia omesso esame di fatti decisivi, avendo l’Azienda agricola maturato un credito incontestato dall’Amministrazione, quanto a certezza, liquidità ed esigibilità dello stesso, mentre l’Azienda aveva contestato il credito opposto in compensazione nell’an e nel quantum, il quale non era, dunque, certo.

1.3.- Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 1246 c.c., n. 3 e D.L. 9 settembre 2005, n. 182, art. 3, comma 5-duodecies, conv. in L. 11 novembre 2005, n. 231, che prevede che i diritti aventi ad oggetto i contributi PAC non sono pignorabili nè, dunque, compensabili per effetto di (presunti) controcrediti fatti valere nei confronti degli imprenditori agricoli inadempienti.

1.4.- Il quarto motivo, articolato in diversi sottomotivi, denuncia violazione e falsa applicazione dei Regolamenti CE n. 1663 del 1995, n. 1290 del 2005 e del D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, art. 8, conv. con L. 9 aprile 2009, n. 33, come interpretati nel senso di ritenere l’esistenza di un rapporto giuridico unitario tra ciascun produttore agricolo e l’Unione Europea, nell’ambito delle misure di finanziamento della politica agricola Europea, per le seguenti ragioni: la pretesa creditoria dell’Azienda agricola sarebbe sorta in epoca precedente all’entrata in vigore della L. n. 33 del 2009 e del Reg. CEn. 1034 del 2008 e inconferente sarebbe il richiamo al registro debitori di cui al Reg. CE n. 1663 del 1995; la disposta compensazione sarebbe contraddetta dalla prevista facoltà di rateizzare il debito relativo alle quote latte e di sospendere le procedure di recupero per compensazione “fino alla scadenza del termine per la richiesta di rateizzazione” (L. n. 33 del 2009, art. 8-quinquies); i giudici di merito non avrebbero considerato che i debiti relativi al prelievo supplementare non potrebbero essere compensati fino a quando non siano accertati in via definitiva con sentenza passata in giudicato, ovvero non più contestabili in sede giurisdizionale; sarebbe mancata la valutazione della distorsione della concorrenza e delle difficoltà cui andrebbe incontro l’azienda agricola per effetto della compensazione.

2.- I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati.

3.- Si reputa necessario riportare le principali disposizioni non codicistiche utili per la decisione:

– il Reg. CE n. 1034 del 2008, in tema di organismi pagatori e liquidazione dei conti FEAGA e FEASR, recante modifiche del Regolamento CE n. 885 del 2006, al terzo “considerando”, stabilisce che “l’obbligo per gli Stati membri di recuperare gli importi indebitamente versati può essere soddisfatto in diversi modi (…) un modo efficace e poco oneroso per procedere in tal senso è quello di dedurre gli importi da recuperare dai futuri pagamenti a favore del debitore, quando il debito sia stato accertato in conformità alla legislazione nazionale. E’ quindi opportuno rendere obbligatoria l’applicazione di tale modalità da parte degli Stati membri”;

– il citato Reg. CE n. 885 del 2006 (come modificato dal Reg. n. 1034 del 2008) dispone: “Fatte salve eventuali altre misure di esecuzione previste dalla normativa nazionale, gli Stati membri deducono gli importi dei debiti in essere di un beneficiario, accertati in conformità della legislazione nazionale, dai futuri pagamenti a favore del medesimo beneficiario effettuati dall’organismo pagatore incaricato di recuperare il debito” (art. 5-ter); in relazione “ai prelievi, alle cauzioni incamerate, ai pagamenti rimborsati, alle entrate con destinazione specifica, ecc.”, “l’organismo pagatore è tenuto a riscuoter(li) per conto del FEAGA e del FEASR” (allegato I, 2-E);

– il Reg. CE n. 1290 del 2005, relativo al finanziamento della politica agricola comune, stabilisce: “Sono considerate entrate con destinazione specifica gli importi riscossi o recuperati in applicazione del regolamento (CE) n. 1788/2003 del Consiglio, del 29 settembre 2003, che stabilisce un prelievo nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari” (art. 34);

– il Reg. CE n. 595 del 2004, in tema di prelievo nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, dispone: “Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinchè l’imposizione del prelievo venga effettuata correttamente e si ripercuota sui produttori che hanno contribuito al superamento” (art. 17);

– la L. 11 novembre 2005, n. 231, di conv. con mod. del D.L. 9 settembre 2005, n. 182, recante interventi urgenti in agricoltura, sostituendo del D.P.R. 24 dicembre 1974, n. 727, art. 2, il comma 2, stabilisce che “Le somme dovute agli aventi diritto in attuazione di disposizioni dell’ordinamento comunitario relative a provvidenze finanziarie, la cui erogazione sia affidata agli organismi pagatori riconosciuti ai sensi del regolamento (CE) n. 1663/95 della Commissione, del 7 luglio 1995, non possono essere sequestrate, pignorate o formare oggetto di provvedimenti cautelari, ivi compresi i fermi amministrativi di cui al R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69, comma 6, tranne che per il recupero da parte degli organismi pagatori di pagamenti indebiti di tali provvidenze” (art. 3, comma 5-duodecies);

– la L. 9 aprile 2009, n. 33, di conv. con mod. del D.L. 11 febbraio 2009, n. 5, art. 8-ter (Istituzione del Registro nazionale dei debiti) stabilisce: “Il rapporto giuridico tra ciascun produttore che eserciti attività agricola ai sensi dell’art. 2, primo paragrafo, lettera c), del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009, e l’Unione Europea è unico nell’ambito delle misure di finanziamento della Politica agricola comune di cui al regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, del 21 giugno 2005” (comma 1); “L’iscrizione del debito nel Registro di cui al comma 2 degli importi accertati come dovuti dai produttori agricoli equivale all’iscrizione al ruolo ai fini della procedura di recupero” (comma 4); “In sede di erogazione di provvidenze e di aiuti agricoli comunitari, connessi e cofinanziati, nonchè di provvidenze e di aiuti agricoli nazionali, gli organismi pagatori, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano verificano presso il Registro di cui al comma 2 l’esistenza di importi a carico dei beneficiari e sono tenuti ad effettuare il recupero, il versamento e la contabilizzazione nel Registro del corrispondente importo, ai fini dell’estinzione del debito” (comma 5); l’art. 8-quinquies, comma 2, stabilisce: “L’AGEA (…) intima a ciascun debitore il versamento delle somme che risultino esigibili. Sono da considerare esigibili anche le imputazioni di prelievo non sospese in sede giurisdizionale” (comma 1).

4.- La ricorrente nella memoria ha segnalato precedenti di legittimità (vd. Cass. n. 9466 e 7403 del 2020, n. 18852 e 4313 del 2019, n. 5002 del 2017, n. 13279 del 2016) che hanno escluso l’ammissibilità della cosiddetta compensazione impropria o atecnica in controversie riguardanti contributi PAC richiesti da aziende agricole, cui ugualmente erano stati opposti (in quei casi dall’AGEA) controcrediti per prelievi supplementari relativi a quote latte.

5.- Tuttavia, i suddetti precedenti, da un lato, si riferiscono a casi in cui i controcrediti opposti dall’amministrazione a titolo di prelievo supplementare per quote latte erano sub judice, in quanto contestati in separati giudizi – mentre nella specie non risulta la pendenza di giudizi promossi dall’Azienda M. – e, dall’altro, suggeriscono alcune puntualizzazioni circa l’ambito applicativo della disciplina della compensazione nella materia in oggetto.

6.- Gli argomenti valorizzati nei menzionati precedenti per escludere qualsiasi forma di compensabilità tra i crediti per contributi PAC e i debiti relativi ai prelievi per quote latte (sia impropria che propria, in considerazione della impignorabilità dei primi) possono essere sintetizzati come segue.

a) La normativa Eurounitaria rimette alla legislazione nazionale, in tema di compensazione, la possibilità di dedurre gli importi che gli Stati membri sono tenuti a recuperare nei confronti dei debitori dai pagamenti dovuti a favore degli stessi;

b) il debito dell’agricoltore per quote latte è determinato unilateralmente dall’amministrazione, sicchè qualunque forma di contestazione da parte del debitore lo rende giuridicamente incerto, con l’effetto di precludere la compensazione con crediti certi vantati dello stesso debitore;

c) la tesi della “compensazione comunitaria finanziaria atecnica” non è fondata poichè la compensazione non può essere svincolata dai requisiti (di certezza, liquidità ed esigibilità del credito) previsti dalla disciplina nazionale;

d) l’unicità del rapporto giuridico tra ciascun produttore agricolo e l’Unione Europea, prevista nella L. n. 33 del 2009, art. 8-ter, di conv. con mod. del D.L. n. 5 del 2009, nell’ambito delle misure di finanziamento della Politica agricola comune, non rende ammissibile la compensazione impropria o atecnica, perchè l’unicità del rapporto non esclude la riconducibilità delle singole ragioni di debito e credito a titoli diversi; l’iscrizione dei debiti e crediti in un unico conto intestato a ciascun produttore agricolo risponde a mere esigenze gestionali;

e) la compensazione è comunque preclusa, a norma dell’art. 1246 c.c., n. 3, essendo il credito relativo ai contributi PAC impignorabile e non sequestrabile, a norma della L. n. 231 del 2005, art. 3, comma 5-duodecies.

6.1.- Rispetto ai suddetti argomenti è possibile svolgere le seguenti osservazioni:

aa) I Regolamenti CE n. 1034 del 2008, terzo “considerando”, e n. 885 del 2006, art. 5-ter, rimettono invero agli Stati membri di accertare il debito “in conformità alla legislazione nazionale”, ma a questo accertamento consegue necessariamente la deduzione degli “importi da recuperare (nella specie, a titolo di prelievo supplementare per quote latte) dai futuri pagamenti a favore del medesimo beneficiario”, avendo lo stesso Regolamento del 2008 consigliato (“E’ quindi opportuno…”) ma in realtà imposto agli Stati membri di “rendere obbligatoria l’applicazione di tale modalità (compensatoria) da parte degli Stati membri”.

bb) E’ la legislazione nazionale che conferisce all’amministrazione il potere di accertare unilateralmente il debito per quote latte, stabilendo che “l’iscrizione del debito nel Registro di cui al comma 2, degli importi accertati come dovuti dai produttori agricoli equivale all’iscrizione al ruolo ai fini della procedura di recupero” (L. n. 33 del 2009, art. 8-ter, comma 4; sul punto vd. Cass., sez. un., n. 25261 del 2009). In conseguenza di detta iscrizione, la contestazione del controcredito non può che essere affidata ad una azione giurisdizionale dell’interessato dinanzi al giudice competente, senza la quale esso si cristallizza ed è efficacemente opponibile all’agricoltore per paralizzare, in tutto o in parte, il credito per contributi PAC.

cc) La compensazione cosiddetta atecnica o impropria, nella specie invocata dalla Regione Lombardia, è prevista anche nell’ordinamento nazionale e non vi è ragione di escluderla solo perchè definita come “compensazione comunitaria finanziaria”, tralasciando il rilievo che l’essere prevista a livello comunitario nella specifica materia costituisce argomento sufficiente per renderla vincolante nell’ordinamento interno (come si dirà sub 8.1 ss.). Del resto, va detto che, ai fini della stessa compensazione propria (giudiziale), anche un credito litigioso (e non solo nei casi in cui la contestazione sia prima facie pretestuosa) può essere liquido ed esigibile, sempre che sussistano in concreto i relativi requisiti: nel contrasto tra le parti, infatti, spetta al giudice accertare se il credito opposto in compensazione sia di facile e pronta liquidazione (vd. Cass. n. 962 e 1532 del 1975, n. 2128 del 1971), sulla base di apprezzamenti di fatto insindacabili in sede di legittimità (vd. Cass. n. 21923 del 2009, n. 18775 del 2005, n. 10065 del 1996, n. 4921 del 1993, n. 4161 del 1982).

dd) La unicità del rapporto (anche complesso) o l’esistenza di un nesso di accessorietà tra i rapporti, dai quali i contrapposti crediti e debiti delle parti hanno origine, è una caratteristica della compensazione impropria, nella quale la valutazione delle reciproche pretese comporta l’accertamento contabile del dare e avere, senza bisogno di apposita domanda riconvenzionale od eccezione di compensazione, diversamente dalla compensazione propria che postula, invece, l’autonomia dei rapporti ai quali i crediti si riferiscono (tra le tante, Cass. n. 4825 e 30220 del 2019, n. 12303 e 21646 del 2016, n. 16800 del 2015, n. 11729 del 2014, n. 14688 del 2012, n. 23539 del 2011, n. 3628 del 2007, n. 2461 del 2001, n. 1905 e 3732 del 1983, n. 3683 del 1981). La necessità, affermata nei richiamati precedenti di legittimità, che i contrapposti debiti e crediti scaturiscano dal medesimo titolo postulerebbe implicitamente l’esigenza che le obbligazioni per essere compensabili si trovino in relazione di corrispettività, ma una tale evenienza – peraltro valorizzata in alcune pronunce al fine opposto di escludere l’operatività della compensazione in senso proprio (vd. Cass. n. 10629 del 2006, n. 12327 del 2005, n. 8924 del 2004, n. 775 del 1999, richiamate da Cass. n. 4313 del 2019, citata sub 6-d) – sembra disarmonica con la previsione che “la compensazione (in qualunque forma) si verifica qualunque sia il titolo dell’uno o dell’altro debito” (art. 1246 c.c., comma 1).

ee) La questione della impignorabilità del credito degli operatori agricoli ai contributi PAC (ai sensi del D.L. n. 182 del 2005, art. 3, comma 5 duodecies, come convertito in L. n. 231 del 2005) e, quindi, della sua non compensabilità, deve essere risolta osservando che l’art. 1246 c.c., non può operare, alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità, con riferimento al fenomeno della compensazione impropria (vd. Cass. n. 21646 del 2016, n. 5024 del 2009, n. 18498 del 2006, n. 6214 del 2004), alla quale il meccanismo di cui qui si discute, per la sua specifica connotazione, è più esattamente riconducibile. L’ulteriore argomento secondo cui la compensazione sarebbe astrattamente consentita soltanto per i crediti relativi alle annate agrarie successive alla data di promulgazione della L. 9 aprile 2009, n. 33, istitutiva del Registro nazionale dei debiti, non è condivisibile perchè, come rilevato dalle Sezioni Unite (sentenza n. 25261 del 2009), a quella data “il Registro nazionale dei debiti nel S.I.A.N. (era) già in fatto operativo”, risalendo al reg. CE n. 1663 del 1995 (in allegato, art. 11). La compensazione, attuata mediante il meccanismo di deduzione degli importi a debito dai futuri pagamenti a favore del debitore, è implicita nel sistema che impone agli Stati membri di adottare “tutte le misure necessarie affinchè l’imposizione del prelievo venga effettuata correttamente e si ripercuota sui produttori che hanno contribuito al superamento”, ai sensi dell’art. 17 del Reg. CE n. 595 del 2004. Si aggiunga che, come nella compensazione propria (vd. Cass. n. 1536 del 1985 con riferimento a quella giudiziale), anche in quella impropria l’accertamento della coesistenza dei rispettivi crediti va operata al momento della liquidazione del credito opposto in compensazione, con la conseguenza che i relativi effetti si verificano dal momento in cui viene pronunciata la sentenza che la dichiara.

7.- Non è fondata l’obiezione, sollevata dall’Azienda ricorrente, secondo cui la compensazione non avrebbe potuto operare nella specie, in quanto avrebbe dovuto essere fatta valere in giudizio, in via di compensazione, un credito che doveva essere accertato da una giurisdizione diversa, atteso che la ricorrente non ha nemmeno allegato la pendenza di un giudizio dinanzi al giudice amministrativo, sicchè la sua contestazione del controcredito è rimasta su un piano di mera astrattezza.

8.- Nè è fondata l’ulteriore obiezione secondo cui l’organismo pagatore non avrebbe potuto porre in compensazione il debito per prelievo supplementare poichè debitori del medesimo prelievo sarebbero solo gli Stati membri e non i produttori. Ed infatti, oltre al citato art. 17 del Reg. CE n. 595 del 2004 (sub 3, 6.1-ee, 9.5), è significativo l’art. 79 del Reg. CE n. 1234 del 2007, secondo il quale “i produttori sono debitori verso lo stato membro del pagamento del contributo al prelievo sulle eccedenze dovuto (…) per il semplice fatto di avere superato le rispettive quote di cui dispongono”.

9.- A questo punto è necessario illustrare più approfonditamente le ragioni a sostegno dell’affermata ammissibilità della cd. compensazione impropria, in linea con la giurisprudenza del Consiglio di Stato (a partire dalla sentenza della Terza Sezione n. 487 del 2015, conformi le sentenze n. 186, 188, 202 del 2015 e, della Seconda Sezione, la n. 5692 del 2019).

9.1.- Come condivisibilmente rilevato dal Consiglio, si deve considerare che il regime dei contributi previsto per la PAC costituisce un sistema complesso che prevede l’attribuzione, a favore degli agricoltori, di diverse forme di aiuto e che, al contempo, pone restrizioni in capo agli stessi e agli Stati membri, affinchè siano rispettati i vincoli posti a livello Europeo per un corretto sviluppo dell’agricoltura. Il sistema è pensato come un unicum con più attori che agiscono a livelli differenti per perseguire gli obiettivi previsti dal Trattato: in primo luogo, l’Unione Europea e lo Stato membro in qualità di “finanziatori” e, al contempo, di controllori del processo di erogazione dei contributi; in secondo luogo, gli organismi di coordinamento e gli organismi pagatori a livello nazionale e locale; infine, i beneficiari, ovvero gli agricoltori individuali o riuniti in associazioni/cooperative, le imprese agricole, di produzione, trasformazione o commercializzazione.

9.2.- I vari soggetti e, in particolare, l’insieme degli organismi nazionali con funzioni di raccordo tra l’Unione Europea e i beneficiari dei pagamenti devono agire per garantire l’effettività del sistema nel suo complesso e preservare la struttura unica, uniforme e bilanciata della PAC su tutto il territorio Europeo.

9.3.- A tal fine è fondamentale che gli Stati membri diano una corretta applicazione della disciplina Europea in materia di agricoltura ed evitino di frapporre ostacoli alla corretta applicazione delle misure previste da Bruxelles.

9.4.- Il regime delle quote latte è parte della PAC e costituisce uno dei maggiori titoli di debito che maturano in capo ai produttori agricoli. Per tale ragione e, soprattutto, per garantire un corretto ed equilibrato funzionamento complessivo della PAC, assume particolare rilievo il tema del recupero delle somme dovute dai produttori di latte a tale titolo.

9.5.- I produttori, i quali abbiano contribuito al superamento dei limiti nazionali, infatti “sono debitori verso lo Stato membro del pagamento del loro contributo al prelievo dovuto soltanto per il superamento dei rispettivi quantitativi di riferimento disponibili” (quinto “considerando” del Reg. CE n. 1788/2003). L’art. 17 del Reg. CE n. 595 del 2004 pone a carico degli Stati membri il dovere di adottare “tutte le misure necessarie affinchè l’imposizione del prelievo venga effettuata correttamente e si ripercuota sui produttori che hanno contribuito al superamento”.

9.6.- A livello nazionale il compito di accertare le somme dovute a titolo di prelievo supplementare è attribuito alle Regioni e alle Province autonome, le quali provvedono poi ad inserire tali debiti nel Registro nazionale dei debiti, istituito ai sensi della L. n. 33 del 2009, art. 8-ter, comma 2.

9.7.- Un importante mezzo per attuare il prelievo supplementare è rappresentato dal recupero che gli organismi pagatori effettuano, in sede di erogazione dei contributi all’agricoltura, mediante la previa verifica nel Registro nazionale di debiti pregressi e la loro compensazione.

9.8.- Si tratta di stabilire se tale particolare meccanismo di compensazione sia effettivamente sprovvisto di copertura normativa o se invece esso trovi fondamento nelle previsioni della normativa di settore.

9.9.- Il meccanismo della PAC è invero da lungo tempo consolidato nella legislazione Europea ed è previsto da disposizioni ormai risalenti, come i Regolamenti CE n. 1258 e n. 1259 del 1999, n. 1782 e n. 1788 del 2003, n. 796 del 2004 e n. 1290 del 2005. Per la sua peculiare strutturazione, che si fonda su un rapporto unico e prevede un regime unico di pagamenti diretti degli aiuti PAC (domanda unica con cui l’agricoltore può chiedere il pagamento di premi afferenti a più settori di intervento, fascicolo unico aziendale dell’agricoltore che raccoglie l’insieme della documentazione comprovante le informazioni comuni ai diversi procedimenti e relative alla consistenza aziendale di ogni agricoltore, registro nazionale dei debiti per prelievi, cauzioni, pagamenti rimborsati ecc. che l’organismo pagatore è tenuto a riscuotere per conto del FEAGA e FEASR), il meccanismo consente che tali aiuti possano, ad esempio, essere ridotti o esclusi in caso di inosservanza dei doveri o degli oneri imposti a colui che li richiede (artt. 5,6 e 7 del Reg. CE n. 1782 del 2003). La compensazione si pone dunque quale misura comunitaria proprio a tutela del sistema PAC perchè lo finanzia anche mediante il recupero del prelievo supplementare (art. 34 del Reg. CE n. 1290 del 2005).

9.10.- Come osservato anche dal Consiglio di Stato, la compensabilità tra aiuti e prelievi di derivazione comunitaria, quale mero accertamento contabile del dare e dell’avere all’interno di un unico rapporto, è dunque connaturata alla struttura stessa della PAC e trova a livello Europeo la propria fonte di legittimazione diretta e immediata, per la primazia del diritto Europeo, all’interno dei singoli ordinamenti nazionali.

9.11.- Non è ravvisabile dunque alcuna violazione dei principi in tema di compensazione, di cui agli artt. 1241 c.c. e segg., giacchè la cd. compensazione impropria tra aiuti e prelievi, nell’ambito del medesimo rapporto unitario, è un effetto diretto (e naturale conseguenza) della normativa Europea, ed è insito nel modo stesso con il quale è strutturata ed opera la PAC, implicando un mero accertamento contabile del dare e dell’avere, che efficacemente attua e soddisfa il sistema del prelievo supplementare e la ratio che presiede al meccanismo delle c.d. quote latte, come individuata dalla Corte di giustizia (sentenza del 25 marzo 2004, C-231/00, C-303/2000 e C451/00) e consistente nel “ristabilire l’equilibrio tra la domanda e l’offerto sul mercato lattiero, caratterizzato da eccedenze strutturali, limitando la produzione lattiera”.

9.12.- La stessa Corte di giustizia, nella sentenza del 19 maggio 1998, C-132/95, ha chiarito che il diritto comunitario non osta a che uno Stato membro operi una compensazione tra un importo dovuto al beneficiario di un aiuto in base ad un atto comunitario e crediti esigibili del medesimo Stato membro, purchè non sia leso l’effetto utile e la parità di trattamento all’interno degli Stati membri. Tale principio vale a fortiori nel caso in cui il credito dello Stato sia finalizzato a recuperare le somme dovute dai produttori caseari che abbiano superato le cd. quote latte.

9.13.- Vale qui solo ribadire ancora che il meccanismo della compensazione, proprio per la sua sicura efficacia nel recupero del prelievo supplementare, è stato poi previsto espressamente dall’art. 5-ter del Reg. n. 885 del 2006, introdotto dal Regolamento del 21.10.2008, n. 1034. Tra le misure attuative all’interno del nostro ordinamento rientra senza dubbio, e legittimamente, la compensazione impropria, di cui si controverte, quale forma e modalità di recupero del prelievo supplementare nell’ambito del medesimo rapporto tra agricoltore ed Unione Europea.

9.14.- La compensazione impropria, per sua natura e anche a livello di diritto interno, del resto, costituisce un mero accertamento contabile del dare e dell’avere nell’ambito del medesimo rapporto giuridico e proprio per questo, introducendo una forma di compensazione in deroga all’art. 1246 c.c., è naturaliter connaturata alla configurazione del rapporto unitario nel quale si iscrive, sicchè la sua operatività non richiede una espressa e specifica previsione legislativa, sull’erroneo presupposto che integri una forma atipica di compensazione in senso stretto non prevista dalla legislazione nazionale, laddove essa garantisca peraltro l’effettività del diritto Europeo e il recupero delle somme dovute a titolo di prelievo supplementare.

10.- La tesi a favore della compensazione impropria (tra il credito dell’agricoltore a titolo di contributi PAC e i debiti dello stesso per prelievo supplementare relativo alle quote latte) è effetto di una corretta applicazione del diritto dell’Unione, il quale vieta alle norme (o a un combinato disposto di norme) nazionali di impedire o ostacolare la corretta attuazione della PAC (di cui l’imposizione del prelievo supplementare costituisce una parte essenziale) o il funzionamento dei meccanismi previsti per conseguire gli scopi della normativa comunitaria.

11.- La compensazione degli importi dovuti per il prelievo supplementare con i contributi PAC rappresenta, infatti, uno dei più efficaci metodi per effettuare il recupero e la sua esclusione comprometterebbe l’effettività del sistema: l’Unione Europea sarebbe tenuta a corrispondere gli aiuti ascrivibili alla PAC anche ad agricoltori che risultino essere debitori nei suoi confronti per somme ingenti, altrettanto riconducibili alla politica agricola comune, con difficoltà di recupero successivo.

12.- Pertanto, per rendere concretamente operante la prevalenza del diritto dell’Unione Europea, gli organi giudiziari, amministrativi e legislativi sono chiamati a valutare se sia possibile fornire una interpretazione delle norme nazionali sopra citate conforme al diritto dell’Unione. Non è necessario soffermarsi ulteriormente sul principio-obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale, imposto dal diritto dell’Unione, il quale “esige che il giudice nazionale prenda in considerazione tutto il diritto nazionale per valutare in quale misura possa essere applicato in modo tale da non sfociare in un risultato contrario a quello cui mira la direttiva in questione” (Corte di giustizia, 15 settembre 2011, C-53/10, Land Hessen, p. 33). La “esigenza di un’interpretazione conforme del diritto nazionale è insita nel sistema del Trattato FUE, in quanto permette al giudice nazionale di assicurare, nel contesto delle sue competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolve la controversia di cui è investito (sentenza del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a., da C-397/01 a C-403/01, p. 114)” (Corte di giustizia, 26 ottobre 2016, C-611-14, Canal Digital Danmark A/S, p. 33).

13.- La ricorrente si è limitato a richiamare in memoria, senza commentarle nè fornire indicazioni circa la loro rilevanza nella fattispecie, alcune pronunce della Corte di giustizia (sentenze 11 settembre 2019, C- 46/18, e 27 giugno 2019, C-348/18) che si occupano dei parametri di quantificazione della produzione lattiero casearia, ai fini dell’applicazione del sistema di contingentamento produttivo e del relativo sistema sanzionatorio, che è questione sostanzialmente diversa da quella in esame.

14.- In conclusione, avendo i giudici di merito con incensurabile apprezzamento di fatto (v. sub 6-c) implicitamente accertato la sussistenza del controcredito per prelievo relativo alle quote latte, che non ha costituito oggetto di contestazione da parte del debitore in sede giurisdizionale ed è dunque certo, non vi sono ostacoli all’operatività della compensazione (anche la circostanza, genericamente dedotta, della richiesta di rateizzazione del debito è stata implicitamente valutata dai giudici di merito in senso difforme).

15.- Si deve affermare il principio secondo cui, in tema di rapporti tra il credito dell’agricoltore a titolo di contributi PAC e i debiti dello stesso per prelievo supplementare relativo alle quote latte, è ammissibile la cd. compensazione impropria o atecnica, a condizione che il controcredito sia certo e liquido secondo la valutazione dei giudici di merito incensurabile in sede di legittimità, a tal fine valorizzando l’unitarietà del rapporto, in base al quale il regime delle quote latte è parte integrante del sistema PAC, il cui corretto funzionamento complessivo postula l’effettività del recupero delle somme dovute dai produttori di latte che abbiano superato i limiti nazionali, mediante la previa verifica del Registro nazionale previsto dalla legge, nel quale sono inseriti i debiti e crediti dell’agricoltore, la cui compensazione è connaturata al sistema della PAC, come configurato dal diritto dell’Unione, la cui primazia all’interno degli Stati membri postula l’interpretazione conforme delle norme nazionali.

16.- Il ricorso è rigettato.

17.- Le spese devono essere compensate, in considerazione della complessità delle questioni controverse e della non univocità degli

orientamenti interpretativi nella giurisprudenza di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, compensa le spese.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

 

 

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