Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24323 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. I, 03/11/2020, (ud. 18/09/2020, dep. 03/11/2020), n.24323

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14085/2015 proposto da:

Azienda Agricola N.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Luigi Luciani n.

1, presso lo studio dell’avvocato Manca Bitti Daniele, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Tomaselli Fabrizio,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Regione Lombardia, in persona del Presidente della Regione pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Fogliano n. 4-a,

presso lo studio dell’avvocato Barletta Paolo, rappresentata e

difesa dagli avvocati Gallonetto Sabrina, Moretti Maria Emilia,

Santagostino Annalisa, giusta procura in calce al ricorso

notificato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4101/2013 del TRIBUNALE di BRESCIA, pubblicata

il 11/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/09/2020 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso,

udito, per la ricorrente, l’avvocato Manca Bitti D. che si riporta;

dito, per la controricorrente, l’avvocato Barletta P., con delega

scritta dell’avv. Santagostino che si riporta.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Brescia, con ordinanza del 21 novembre 2014, ha dichiarato inammissibile ex art. 348 bis c.p.c., il gravame di N.A., titolare di azienda agricola, avverso la sentenza del Tribunale della stessa città dell’11 dicembre 2013, che aveva accolto l’opposizione della Regione Lombardia al decreto ingiuntivo ottenuto dal N. per il pagamento del contributo comunitario denominato PAC, previsto dal regolamento CE n. 1765 del 1992, modificato dal regolamento n. 1251 del 1999.

Il tribunale aveva condiviso la tesi secondo cui la Regione aveva operato una compensazione atecnica o impropria tra il debito gravante sull’azienda agricola a titolo di prelievo supplementare per quote latte e il credito all’aiuto comunitario PAC di cui essa era titolare, sul presupposto che si trattasse di debiti e crediti facenti capo ad un unico rapporto tra agricoltori e l’Unione Europea, i cui titoli costituivano somme di pertinenza del fondo destinato a finanziare la politica agricola comune.

Avverso questa sentenza l’Azienda agricola N.A. ha proposto ricorso per cassazione, resistito dalla Regione Lombardia. Le parti hanno presentato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Regione Lombardia ha fondatamente eccepito l’inammissibilità del ricorso per tardività. L’ordinanza della Corte d’appello è stata comunicata via pec dalla cancelleria della Corte in data 27 novembre 2014, mentre il ricorso per cassazione è stato spedito per notifica il 21 maggio 2015, dunque oltre i previsti sessanta giorni dalla suddetta comunicazione. Si deve fare applicazione del principio secondo cui, in caso di declaratoria di inammissibilità dell’appello, ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., il termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado – decorrente, a norma del successivo art. 348-ter c.p.c., dalla comunicazione (o notificazione, se anteriore) dell’ordinanza che ha dichiarato inammissibile il gravame – si identifica in quello “breve” di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2, dovendo intendersi pertanto il riferimento all’applicazione dell’art. 327 c.p.c., “in quanto compatibile” (contenuto nel medesimo art. 348-ter c.p.c.) come limitato ai casi in cui tale comunicazione (o notificazione) sia mancata (Cass. 14 dicembre 2015, n. 25115; 21 agosto 2018, n. 20852; 15 maggio 2019, n. 12988; 3 settembre 2019, n. 21964). Circa, poi, l’idoneità della comunicazione telematica a far decorrere tale termine, può richiamarsi l’arresto secondo cui il ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, a norma dell’art. 348-ter c.p.c., comma 3, nell’ipotesi in cui l’appello esperito contro di essa sia stato dichiarato inammissibile per carenza di ragionevole probabilità di accoglimento, ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., comma 1, deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza dichiarativa dell’inammissibilità del gravame, quand’anche tale comunicazione sia stata eseguita a mezzo posta elettronica certificata (Cass. 2 luglio 2015, n. 13622).

Il ricorso è dunque inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 5200,00, di cui Euro 5000,00 per compensi.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

 

 

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