Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24320 del 29/10/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24320 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 6015-2012 proposto da:
DE CARO ROSA DCRRS049E53H534B, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 57, presso lo studio dell’avvocato
PICCHIARELLI ENRICO, che la rappresenta e difende giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE 80185250588;
– intimato avverso la sentenza n. 459/2011 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 20/01/2011, depositata il 17/02/2011; R ?r. 3

7-06

p

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/09/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
è presente il P.G. in persona del Dott. TOMMASO BASILE.

Data pubblicazione: 29/10/2013

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 16
settembre 2013, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente
relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

essere dipendente del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca con il
profilo professionale dell’area D2 del personale ATA, in qualità di
Direttore dei servizi generali ed amministrativi (DSGA), essendo stata
inquadrata economicamente nel suddetto profilo con decorrenza giuridica
ed economica dal 1° settembre 2000, chiedeva il riconoscimento, ai fini
giuridici ed economici, di tutta l’anzianità maturata anteriormente alla data
suindicata per i servizi di ruolo e non di ruolo prestati, in luogo
dell’anzianità convenzionale riconosciuta ai sensi dell’art. 8 del CCNL 15
marzo 2001, secondo il sistema della “temporizzazione” ( in base al quale
viene attribuita al dipendente una integrazione dello stipendio nella nuova
qualifica per non far venir meno le maggiorazioni di anzianità maturate
nella qualifica precedente) facendo applicazione dell’art. 66, comma 6, del
C.C.N.L. Comparto Scuola sottoscritto il 4/8/1995. Il Tribunale adito
accoglieva la domanda.
La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 17 febbraio 2011,
accoglieva il gravame proposto dal Ministero della Pubblica Istruzione e
rigettava la domanda di cui al ricorso introduttivo del giudizio.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso De Caro Rosa
affidato a due motivi.
Il MIUR è rimasto intimato.
I motivi di ricorso, nel denunciare come vizi di motivazione o
violazioni di legge le statuizioni della sentenza impugnata, sono incentrati
sull’assunto secondo cui non è da condividere la tesi, che è alla base della

I

“Con ricorso al Tribunale di Viterbo, l’odierna ricorrente, premesso di

decisione, secondo la quale come si desume dall’art. 66, comma 6, del
c.c.n.l. del 4 agosto 1995 del Comparto Scuola, dagli artt. 34 e 48 c.c.n.l. 26
maggio 1999 dello stesso Comparto, dagli artt. 8 e 19 del c.c.n.l. 15 marzo
2001 e dagli artt. 87 e 142 del c.c.n.l. 24 luglio 2003, la normativa
contrattuale, a partire dall’art. 34 c.c.n.l. del 26 maggio 1999, ha previsto la

del tutto nuova per il personale ATA, indicando le modalità di accesso ad
essa, escludendo che ciò dovesse avvenire per effetto di nuove assunzioni
(nomine in ruolo) ovvero per effetto di passaggi di ruolo (ipotesi cui si
riferisce il D.P.R. n. 399 del 1988, art. 4) e con la successiva
contrattazione, le parti hanno definito, nel dettaglio, il trattamento
retributivo spettante al nuovo profilo professionale.
Secondo la ricorrente, invece, la fattispecie (primo inquadramento del
profilo professionale di Direttore dei servizi generali ed amministrativi
istituito dall’art. 34 del c.c.n.l. Comparto Scuola 26 maggio 1999) sarebbe
disciplinata dall’art. 142, lett. f), punto 8, del c.c.n.l. 24 luglio 2003 relativo
al quadriennio normativo 2002/2005 ed al primo biennio economico
2002/2003, che richiama l’art. 66, comma 6, del c.c.n.l. 4 agosto 1995, il
quale a sua volta richiama il D.P.R. 23 agosto 1988, n. 399, art. 4 e
l’applicazione della suindicata normativa non potrebbe escludersi al caso di
specie sull’assunto secondo cui la disciplina stessa sarebbe stata sostituita
dall’art. 8 del c.c.n.l. Integrativo dei Comparto Scuola sottoscritto il 15
marzo 2001, come è sostenuto dal Ministero, che ritiene sia stata così
introdotta un nuova disciplina riguardante specificamente la figura
professionale del Direttore dei servizi generali e amministrativi.
I motivi di ricorso – da trattare congiuntamente, data la loro intima
connessione – appaiono palesemente infondati in ragione della
giurisprudenza di questa Corte, che a più riprese ha esaminato le questioni
ivi prospettate e alla quale si deve dare continuità (vedi, per tutte: Cass. 1

2

figura del Direttore dei servizi generali e amministrativi come una figura

marzo 2010, n. 4885; Cass. 2 dicembre 2010, n. 24431; Cass. 21 febbraio
2011, n. 4141; Cass. 21 marzo 2011, n. 6372; Cass. 23 giugno 2011, n.
13869; Cass. 10 ottobre 2011, n. 20822).
Nelle suindicate sentenze è stato affermato il seguente principio: “il
trattamento economico spettante dal 1 settembre 2000 al personale ATA

“direttore dei servizi generali e amministrativi”, ai sensi dell’art. 34 c.c.n.l.
del Comparto Scuola 26 maggio 1999, è regolato dalla specifica norma di
cui all’art. 8 del c.c.n.l. 15 marzo 2001, relativo al secondo biennio
economico 2000-2001 dello stesso Computo, dovendosi escludere che, in
forza del principio della parità di trattamento, detto personale possa
invocare la più favorevole regola generale che consente il computo
dell’intera anzianità di servizio maturata per il caso di inquadramento in
qualifica superiore, sia perché non è configurabile contrasto con le norme
imperative, dato che il contratto collettivo non è sindacabile sotto il profilo
della ragionevolezza e del rispetto del principio di parità di trattamento, sia
per la specificità della situazione regolata, che nella specie è limitata alla
fase del primo inquadramento nel profilo”.
Al suddetto principio si è uniformata la Corte d’appello di Roma nella
sentenza impugnata, la quale appare, pertanto, esente da censure.
Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso
con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5.”.
Il Collegio condivide il contenuto della relazione, ritenendo, quindi, il
ricorso infondato e da rigettare.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono
poste a carico della ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

3

inquadrato in sede di prima applicazione nel profilo professionale di

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente
giudizio liquidate in euro 50,00 per esborsi ed in euro 2.000,00 per
compensi, oltre accessori.
Così deciso in Roma, il 16 settembre 2013

Il Presidente

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