Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24320 del 16/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 16/10/2017, (ud. 13/06/2017, dep.16/10/2017),  n. 24320

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. CORTESI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22757-2013 proposto da:

G.R., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

SALLUSTIO 9, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO PALERMO, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI SAN VALENTINO,

21, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO CARBONETTI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3680/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/06/2017 dal Consigliere Dott. SABATO RAFFAELE.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

con sentenza depositata il 01/06/2010 il tribunale di Roma ha accolto la domanda del condominio dello stabile in Roma, via Pietro Mascagni, di accertamento del diritto a ripristinare la canna fumaria, attualmente ostruita, al livello dell’appartamento posto al piano attico in proprietà di G.R., rigettando ulteriori capi della domanda attrice;

con sentenza depositata l’11/07/2012 la corte d’appello di Roma ha rigettato l’appello principale di G.R. e quello incidentale del condominio;

avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione G.R., articolando cinque motivi, illustrati da memoria; resiste con controricorso il condominio, anch’esso illustrandolo con memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

con il primo motivo di ricorso si deduce l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”, contestandosi non avere il giudice di merito considerato che al manufatto contestato, che le opere di G.R. avrebbero ostruito e comunque disattivato o eliminato, non era mai stata impressa la destinazione di canna fumaria (p. 11 del ricorso);

con il secondo motivo si lamenta “violazione di norme di legge: artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5″, quanto alla parte della sentenza in cui la corte di merito ha ritenuto provata la preesistenza di una canna fumaria basandosi sulle risultanze di c.t.u., ritenute dalla ricorrente inidonee a fini di prova (p. 12 del ricorso);

con il terzo motivo di ricorso si deduce l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”, contestandosi non avere il giudice di merito considerato che della precedente canna fumaria si ignorano le caratteristiche, con il risultato che l’opera da realizzarsi sarebbe del tutto nuova, anche alla luce della disciplina sopravvenuta, e idonea a ledere l’estetica e la statica (p. 13 del ricorso);

con il quarto motivo si lamenta “violazione di norme di legge: art. 100 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, nella parte in cui la corte di merito ha ritenuto carente di interesse l’appellante a far emergere l’impossibilità del ripristino in quanto le opere sarebbero state eseguite direttamente dal condominio (p. 16 del ricorso);

con il quinto motivo si lamenta “violazione di norme di legge: art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, ravvisandosi ultrapetizione nell’imposizione a carico di essa G.R. dell’obbligo di consentire l’accesso per l’esecuzione degli interventi (p. 17 del ricorso);

in ordine ai motivi primo e terzo (nonchè secondo, ove si ritenga che con esso la parte ricorrente abbia introdotto anche una doglianza di omesso esame non chiaramente però formulata) può anzitutto preliminarmente trascurarsi la circostanza che, essendo stata la sentenza impugnata depositata anteriormente all’11.09.2012, al presente procedimento è applicabile ratione temporis il testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anteriore alla modifica di cui al D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, che ancora consente la censura di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (mentre il motivo è impostato su un presunto “omesso esame”, parametro introdotto dalla detta riforma); deve infatti richiamarsi che, in entrambe le formulazioni, il parametro di cui al n. 5 predetto richiede il riferimento a un “fatto” controverso o comunque oggetto di discussione, di cui la parte ricorrente deve farsi carico di dimostrare la “decisività” per il giudizio;

gli stessi motivi, peraltro, devono ritenersi inammissibili in quanto in essi non sono stati indicati fatti controversi in ordine ai quali l’esame della corte di merito sarebbe stato incongruamente motivato, bensì si sono contestate le valutazioni cui, coordinando le risultanze fattuali di causa, il giudice di merito è pervenuto (in ordine alla preesistente destinazione del manufatto a canna fumaria e alle caratteristiche dell’opera da realizzarsi asseritamente del tutto nuova); sul punto questa Corte (v. ad es. Cass. n. 16655 del 29/07/2011) ha chiarito che, per effetto della modifica dell’art. 366 – bis c.p.c., introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere dedotto mediante esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali l’insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, fornendo elementi in ordine al carattere decisivo di tali fatti, che non devono attenere a mere questioni o punti, dovendosi configurare in senso storico o normativo;

nel caso di specie, i motivi di ricorso fanno invece assurgere a fatti controversi, su cui si sarebbe realizzata una carenza motivazionale, le mere valutazioni operate dai giudici di merito in sentenza; trattasi, cioè, non già di fatti storici, ma del coordinamento in sede valutativa da parte della corte di merito delle risultanze processuali;

in ordine, poi, al secondo motivo, ove per esso debba ritenersi che sia stata dedotta violazione di legge, deve affermarsene la palese infondatezza ben potendo il giudice trarre elementi di convincimento dalla consulenza tecnica d’ufficio (cfr. ad es. Cass. n. 1815 del 02/02/2015);

in ordine al quarto motivo, esso è inammissibile: con tale censura, infatti, viene dedotta una violazione dell’art. 100 c.p.c., norma che tratta dell’interesse ad agire quale condizione dell’azione, cioè dell’interesse al conseguimento di un’utilità o di un vantaggio non altrimenti ottenibile senza l’intervento del giudice, a fronte di un rilievo della sentenza impugnata (“deve rilevarsi l’assoluta mancanza di interesse dell’appellante all’accertamento della presunta impossibilità di ripristinare la canna fumaria trattandosi di interventi da eseguirsi ad opera di soggetto diverso dall’appellante destinatario esclusivamente dell’obbligo di consentire l’accesso”) indubbiamente condivisibile quanto allo specifico profilo trattato; con il motivo, peraltro, la ricorrente lamenta che attraverso tale affermazione siano state trascurate proprie difese concernenti i danni che il ripristino avrebbe causato, ciò da cui deriva che la ricorrente stessa avrebbe dovuto impugnare la statuizione non già per violazione dell’art. 100 c.p.c., ma sotto altro angolo visuale; l’inammissibilità si evince altresì per difetto di pertinenza del motivo, posto che lo stesso – pur trattando come detto di aspetti di contorno – non attinge la statuizione (“gli interventi di ripristino e disostruzione sono stati già oggetto di quesito specifico demandato al c.t.u. nel giudizio di primo grado”) con cui la corte territoriale ha, in effetti, deciso in ordine alla infondatezza dei rilievi;

in ordine, infine, al quinto motivo, concernente una presunta ultrapetizione, lo stesso risulta inammissibile in quanto non dà conto in alcun modo della statuizione a mezzo della quale il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, abbia alterato gli elementi obiettivi dell’azione, emettendo un provvedimento diverso da quello richiesto ovvero attribuendo o negando un bene della vita diverso da quello conteso;

dovendosi in definitiva rigettare il ricorso, le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte soccombente; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, si deve dar atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 – bis.

PQM

 

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione a favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000 per compensi ed Euro 200 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, si dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della seconda sezione civile, il 13 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2017

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