Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24320 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. I, 03/11/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 03/11/2020), n.24320

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14060/2015 r.g. proposto da:

G.M.R., (cod. fisc. (OMISSIS)), M.M., (cod.

fisc. (OMISSIS)), M.G., (cod. fisc. (OMISSIS)),

ME.GI., (cod. fisc. (OMISSIS)), quali eredi di M.A.,

rappresentati e difesi, giusta procura speciale apposta a margine

del ricorso, dall’Avvocato Nunzio Rizzo, presso il cui studio sono

elettivamente domiciliati in Roma, Piazza del Popolo n. 18.

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.p.a., in liquidazione (cod. fisc. (OMISSIS)),

in persona del legale rappresentante pro tempore il curatore

fallimentare, rappresentato e difeso, giusta procura speciale

apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato Damiano Iuliano,

presso il cui studio in Napoli è elettivamente domiciliato, alla

Via Pietro Colletta n. 35.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte, depositata in data 4.5.2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/7/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Napoli ha rigettato l’opposizione allo stato passivo avanzata da M.A. nei confronti del Fallimento della clinica (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione, avverso il provvedimento del g.d. con il quale era stata respinta la domanda dell’opponente di ammissione al passivo fallimentare di un credito ammontante complessivamente ad Euro 149.733,65.

M. aveva dedotto di essere creditore per prestazioni professionali eseguite, nella qualità di medico chirurgo anestesista, in favore della società poi fallita, in primo luogo in virtù del contratto di collaborazione coordinata e continuativa con questa stipulato in data 2.5.2003, in conseguenza del mancato pagamento del corrispettivo concordato contrattualmente; inoltre aveva assunto di aver maturato un ulteriore credito in relazione al mancato pagamento dei compensi percentuali dovutigli, in forza di pattuizione non compresa nel predetto contratto di co.co.co., per l’assistenza anestesiologica prestata in occasione degli interventi chirurgici eseguiti da altri sanitari il cui costo veniva rimborsato dalle compagnie di assicurazioni. Il tribunale – in relazione al credito azionato dal M. sulla base del contratto di collaborazione – ha ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dal curatore ai sensi dell’art. 2956 c.c., rilevando che, sebbene la prescrizione non potesse maturare nel corso del rapporto di lavoro (non assistito dalla tutela reale), il contratto, secondo quanto ulteriormente eccepito dal curatore, aveva acquistato data certa opponibile al Fallimento solo il 30.04.2012, ovvero dalla data di deposito del ricorso presentato, ai sensi dell’art. 409 c.p.c., da M. per la tutela del suo credito professionale lavoristico, nei confronti della società in bonis, e dunque dopo l’interruzione del rapporto, intervenuta il 30.3.2012.

Il giudice del merito ha poi escluso, stante il divieto di cui all’art. 2721 c.c., l’ammissibilità della prova orale articolata da M. per dimostrare la sussistenza del credito preteso in relazione alle prestazioni non comprese nel contratto di co.co.co., ed ha respinto anche la richiesta avanzata dell’opponente ai sensi dell’art. 210 c.p.c., di ordinare al curatore l’esibizione delle cartelle cliniche inerenti agli interventi chirurgici, rilevando che le stesse non contenevano alcun riferimento alla percentuale pattuita a titolo di compenso.

2. Il decreto, pubblicato il 4.5.2015, è stato impugnato da G.M.R. e da M.M., G. e Gi., quali eredi di M.A., con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui il Fallimento della (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2946,2948,2955 e 2959 c.c.. Osservano che l’operatività dell’eccezione di prescrizione presuntiva, azionata dalla curatela fallimentare ai sensi dell’art. 2956 c.c., doveva ritenersi paralizzata per quanto disposto dall’art. 2959 c.c., posto che la contestazione della data certa del contratto di collaborazione professionale con la società in bonis e dunque della sua opponibilità alla curatela, ai sensi dell’art. 2704, c.c., doveva considerarsi quale implicita ammissione della mancata estinzione del credito per intervenuto pagamento da parte della società poi fallita.

2. Il secondo mezzo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 210,416 e 420 c.p.c., nonchè degli artt. 2721 e 2724 c.c.. Si denuncia come erronea ed illegittima la decisione istruttoria volta a negare l’ammissibilità della richiesta ex art. 210 c.p.c. e della prova per testi, in relazione alla domanda di ammissione dell’ulteriore credito preteso in misura percentuale sui rimborsi assicurativi.

3. Il ricorso è fondato per le ragioni qui di seguito precisate.

3.1 Il primo motivo di censura è fondato per una ragione di diritto che, pur se dedotta dai ricorrenti solo tardivamente, nella memoria ex art. 378 c.p.c., depositata, ben può essere rilevata ex officio in quanto non presuppone o richiede nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto (ex plurimis Cass. Cass. nn. 18775/2017, 3437/2014, 6935/2007).

3.1.1 Risulta assorbente di ogni ulteriore questione la circostanza – non contestata ed anzi emergente indiscutibilmente dal provvedimento impugnato – secondo cui il credito lavoristico discende da un contratto di collaborazione continuata e continuativa (co.co.co.), stipulato per iscritto dal professionista con la società poi dichiarata fallita (cfr. pag. 1 del decreto impugnato ove espressamente si statuisce “il contratto di co.co.co. è privo di data certa, acquistata ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2704 c.c., solo in data 30.4.2012…”).

Orbene, osserva la Corte che – al di là di ogni considerazione sulla difficoltà di comprendere la logica sottesa all’affermazione giudiziale (che tuttavia non è stata oggetto di censura) secondo cui, pur decorrendo dalla data di interruzione del rapporto (30.3.2012), il termine di cui all’art. 2956 c.c., comma 1 (non ancora spirato alla data della presentazione della domanda) sarebbe ugualmente maturato per avere il contratto acquistato data certa solo il 30.4.2012 – la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che le prescrizioni presuntive, trovando ragione unicamente nei rapporti che si svolgono senza formalità, dove il pagamento suole avvenire senza dilazione, non operano se il credito trae origine da contratto stipulato in forma scritta (cfr. Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 9930 del 08/05/2014; vedi anche Cass. sent. n. 11145/2012).

3.2 Anche il secondo motivo di censura è fondato.

L’ammissione del capitolo di prova testimoniale articolato dall’opponente al capo c) (integralmente riportato in ricorso, in ossequio al principio dell’autosufficienza) e l’acquisizione delle cartelle cliniche (atti pubblici obbligatori che riportano i nomi degli operatori) avrebbero infatti consentito di dimostrare sia l’avvenuta stipulazione dell’accordo (non richiedente forma scritta) in base al quale la società poi fallita si era obbligata a riconoscere all’opponente un compenso, da liquidare in misura percentuale, per l’opera professionale da lui prestata in occasione di interventi chirurgici i cui costi venivano rimborsati dalle assicurazioni, sia l’effettiva partecipazione di M. a detti interventi.

Va per altro verso rilevato che, ai sensi dell’art. 2232 c.c., il compenso dovuto al prestatore d’opera intellettuale, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo gli usi e le tariffe, è determinato dal giudice.

Il tribunale ha pertanto erroneamente ritenuto che le richieste istruttorie avanzate da M. per dimostrare la sussistenza dei fatti costitutivi del diritto di credito discendente dalle prestazioni accessorie fossero inammissibili in mancanza di prova scritta dell’effettivo ammontare del compenso, omettendo di tener conto che, in difetto di tale prova, sarebbe stato suo compito provvedere alla determinazione del credito, in applicazione della norma appena richiamata.

All’accoglimento del ricorso consegue la cassazione del provvedimento impugnato, con rinvio della causa al Tribunale di Napoli in diversa composizione, che liquiderà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie entrambi i motivi del ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

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