Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24319 del 09/09/2021

Cassazione civile sez. I, 09/09/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 09/09/2021), n.24319

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17148/19 proposto da:

-) D.M., elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC

del proprio difensore (avvrossellagostoli.puntopec.it), difeso

dall’avvocato Rossella Gostoli, in virtù di procura speciale

apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona 29.11.2018 n.

2732;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17 novembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.M., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. Il ricorso non indica quali fatti vennero dedotti a fondamento della domanda di protezione.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento D.M. propose, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Ancona, che la rigettò con ordinanza 29 ottobre 2017.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Ancona con sentenza 29 novembre 2018. Quest’ultima ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) non potessero essere concessi perché il racconto del richiedente concerneva fatti personali;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) non potesse essere concessa, perché nel Paese d’origine del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5 non potesse essere concessa in quanto il richiedente non aveva allegato né dimostrato specifiche circostanze idonee a qualificarlo come “persona vulnerabile”.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da D.M. con ricorso fondato su due motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ superfluo dar conto della contenuto dei motivi, in quanto l’intero ricorso è inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 3.

In nessun punto del ricorso, infatti, il ricorrente indica mai chiaramente quale fu il fatto costitutivo della pretesa esposto nel ricorso dinanzi al tribunale.

Soltanto a pagina 6, primo capoverso, del ricorso, per di più trascrivendo un brano della sentenza impugnata, apprendiamo che l’odierno ricorrente avrebbe lasciato il proprio paese “a seguito di un episodio avvenuto nei confronti del fratello per il quale la matrigna lo avrebbe denunciato agli organi di polizia”.

Si tratta di un assolvimento solo formale dell’onere di chiara e sintetica esposizione dei fatti di causa.

Il ricorrente, inoltre, non chiarisce mai, in alcun punto del ricorso, in quale atto ed in quali termini abbia ritualmente introdotto, nel giudizio di primo grado, l’allegazione secondo cui, se sottoposto detenzione in (OMISSIS), subirebbe trattamenti inumani o degradanti.

In sostanza col ricorso oggi in esame il ricorrente lamenta che il giudice d’appello avrebbe commesso un errore di diritto, senza illustrare:

-) cosa dedusse in primo grado a fondamento della domanda;

-) cosa decise il primo giudice;

-) con quali argomenti venne impugnata la decisione di primo grado.

2. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, non essendovi stata difesa delle parti intimate.

La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 decreto sopra ricordato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826 – 01), salvo che la suddetta ammissione non sia stata ancora, o venisse in seguito, revocata dal giudice a ciò competente.

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono in astratto i presupposti previsti dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se risultasse dovuto nel caso specifico.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile della Corte di cassazione, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

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