Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24315 del 28/10/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24315 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: DOGLIOTTI MASSIMO

ORDINANZA
sul ricorso 14271-2011 proposto da:
CAVA FRANCESCO CVAFNC66R14D086Q, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 43 INT. 7,
presso lo studio dell’avvocato CANONACO LUCIANA,
rappresentato e difeso dagli avvocati LONGO
ESTERDONATELLA, FERRARI VINCENZO giusta procura a
margine del ricorso;

– ricorrente contro
POLICICCHIO TERESA IDA PLCTSD65S56H703G, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DI VAL FIORITA 90, presso lo studio
dell’avvocato LILLI FRANCESCO, rappresentata e difesa
dall’avvocato LORENZO DE CARO giusta procura alle liti a margine
del controricorso;

(Y1

Data pubblicazione: 28/10/2013

- controricomnte nonché contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO la CORTE D’APPELLO
di CATANZARO;

intimato

avverso la sentenza n. 73/2011 della CORTE D’APPELLO di
CATANZARO, depositata il 09/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/07/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;
è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARES A
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Ric. 2011 n. 14271 sez. M1 – ud. 09-07-2013
-2-

In un procedimento di separazione giudiziale tra Cava Francesco e
Policicchio Ida Teresa, il Tribunale di Cosenza, con sentenza in data
31/7/2009, rigettava le domande di addebito reciprocamente
proposte, e determinava assegno per la moglie a carico del marito, per
l’importo di E. 300,00 mensili.
La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza in data 9/3/2011 in
riforma, elevava l’assegno ad 800,00.
Ricorre per cassazione il marito.
Resiste con controricorso la moglie.
Per giurisprudenza consolidata, nel giudizio di appello, che segue il
rito della camera di consiglio, è sufficiente che gli atti siano
comunicati all’ufficio del P.G. per consentirgli di partecipare al
giudizio, mentre l’effettiva partecipazione e l’eventuale formulazione
di conclusioni sono rimesse alla scelta discrezionale di tale organo (
tra le altre, Cass. N. 2381 del 2000).
Quanto all’abbandono del tetto coniugale da parte della moglie,
chiarisce il giudice a quo, diversamente da quanto afferma il ricorrente,
le ragioni di inattendibilità di un teste, che, unico, fa riferimento a
tale circostanza,avendo questi avuto un acceso contenzioso con la
famiglia Policicchio, sulla base di documenti prodotti in causa.
Non si ravvisano violazioni di legge.
Si riferisce il giudice a quo all’elevato tenore di vita della coppia,
richiamando circostanze precise (viaggi all’estero, notevole valore
della casa coniugale, collaboratrice domestica fissa ); lo stesso
ricorrente ammette, richiamando deposizioni testimoniali, che la
domestica quantomeno era presente tre volte la settimana.
Esamina poi la sentenza impugnata la posizione economica delle parti:
la moglie legale, ma con scarso reddito, avendo essa dovuto
ricominciare l’attività in Cosenza e Diamante, dopo il trasferimento da
Roma dove esercitava, almeno per gran parte, la professione.
Quanto al marito, sulla base di presunzioni adeguatamente motivate,
attraverso un processo logico palesemente rintracciabile, il giudice a
quo ritiene che il depauperamento economico, più o meno
contemporaneo al periodo di separazione, fosse strumentale ed avesse
avuto lo scopo di sottrarre il marito all’obbligo di mantenimento, e che
il ruolo rivestito da questo nell’azienda di famiglia non fosse di
semplice stipendi/go.
Con valutazioni suseettibilOdi controllo in questa sede, la sentenza
impugnata afferma la sussistenza di un reddito del marito
notevolmente superiore a quanto dichiarato, così da giustificare
l’importo dell’assegno per la moglie í nella misura determinata.
Va pertanto rigettato il ricorso.
1

Le spese seguono la soccombenza.

P. Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali i che liquida in €. 2.000,00 per compensi ed euro
100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
orna, 9 Luglio 2013
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