Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24313 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 03/11/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 03/11/2020), n.24313

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5720/2014 R.G. proposto da:

C.S., rappresentata e difesa dall’Avv. Caiazza Brunella,

con domicilio eletto in Roma, via Nicola Ricciotti, n. 9, presso lo

studio della stessa;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

e contro

Agenzia delle entrate, Direzione provinciale I di Roma, in persona

del Direttore pro tempore, con sede in Roma, via Ippolito Nievo, n.

36;

– intimate –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 222/29/13 depositata il 22 luglio 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 luglio

2020 dal Consigliere Nicastro Giuseppe.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

a seguito della liquidazione delle imposte dovute in base alla dichiarazione relativa all’anno d’imposta 2006, effettuata ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, l’agente della riscossione notificò a C.S. una cartella di pagamento, che recava l’iscrizione a ruolo di IRPEF, dichiarata e non versata, per Euro 1.917,11, oltre agli interessi e alle correlative sanzioni;

la cartella di pagamento fu impugnata davanti alla Commissione tributaria provinciale di Roma (hinc anche: “CTP”) che, in parziale accoglimento del ricorso della contribuente, dichiarò non dovute le sanzioni – ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 3, in quanto il versamento non era stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente al consulente tributario della contribuente -, rigettando, nel resto, il ricorso;

avverso tale pronuncia, C.S. propose appello alla Commissione tributaria regionale del Lazio (hinc anche: “CTR”) e l’Agenzia delle entrate propose appello incidentale (avverso il capo della sentenza della CTP che aveva dichiarato non dovute le sanzioni);

la CTR dichiarò entrambi tali appelli infondati;

quanto all’appello principale, la CTR reputò che “non sussiste nel caso di cui si discute, un obbligo dell’Amministrazione di inviare la comunicazione di irregolarità” e, dopo avere riportato il testo del del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, comma 3, affermò, in particolare, che “(K)Ufficio è dunque tenuto all’invio della comunicazione dell’esito irregolare qualora durante il controllo automatico siano emersi errori materiali o di calcolo ovvero si sia riscontrata un’irregolarità nell’indicazione di importi. Come risulta in atti, tale adempimento è stato effettuato dall’Amministrazione, che ha inviato alla contribuente la relativa comunicazione con raccomandata ricevuta il 5/2/2009, che non è stata contestata dalla contribuente. Nessun altro obbligo è previsto in capo all’Amministrazione, nè può desumersi diversamente dalle disposizioni dello Statuto del Contribuente, che all’art. 6 prevede la nullità dell’iscrizione a ruolo non preceduta dalla comunicazione dell’irregolarità, solo in caso in cui sussistano ‘incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, che non è il caso sottoposto all’esame di questo Collegio, che ha invece ad oggetto l’omesso versamento delle imposte correttamente riportate nella dichiarazione tempestivamente inviata all’Amministrazione”;

quanto all’appello incidentale, la CTR ribadì la sussistenza della causa di non punibilità prevista dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 3;

avverso tale sentenza della CTR – depositata il 22 luglio 2013 e non notificata – ricorre per cassazione C.S., che affida il proprio ricorso, notificato il 4 marzo 2014, a due motivi;

l’Agenzia delle entrate si è costituita al solo fine dell’eventuale partecipazione alla discussione orale, ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, secondo periodo.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo, la ricorrente – premesso che la “comunicazione con raccomandata ricevuta il 5/2/2009” cui fa riferimento la sentenza impugnata “altro non è che la cartella opposta” – denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, della L. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 6, 10 e 12 e della L. 20 marzo 1865, n. 2248, Allegato E, per avere la CTR erroneamente ritenuto che nel caso di omissione del versamento di imposte dichiarate non sussiste l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di inviare al contribuente la cosiddetta comunicazione di irregolarità e, di conseguenza, erroneamente escluso la nullità dell’iscrizione a ruolo non preceduta da tale comunicazione;

con il secondo motivo (erroneamente indicato nella rubrica con il numero romano “III”), la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), “omessa e insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio” in quanto: a) la sentenza impugnata “è del tutto carente di motivazione e, comunque, illegittima per aver omesso di pronunciarsi su punti rilevanti (…), ed è altresì contraddittoria atteso che le ragioni poste a fondamento della decisione sono contrastanti”; b) “i giudici di seconde cure si-0n’ incorsi nel vizio di insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, (…), avendo i giudici tributari interpretato acriticamente D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e ha omesso di considerare che nella fattispecie in esame il contribuente non poteva essere a conoscenza dell’omesso versamento dei tributi da parte del professionista infedele”; c) la CTR “non ha considerato che nel caso di specie la dichiarazione è stata regolarmente presentata dal contribuente, a mezzo del commercialista incaricato, e per ciò stesso, trattandosi di omessi versamenti, (..) l’Ufficio avrebbe dovuto avvisare il contribuente dell’irregolarità accertata D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis e L. n. 202 del 2000, art. 6”; d) la stessa CTR “avrebbe dovuto (..) procedere ad una valutazione critica comparata, precisando le ragioni di prevalenza dell’una o dell’altra tesi o i motivi che l’hanno indotta a ricostruire diversamente i fatti posti da parte ricorrente, ragioni che non sono state accolte”;

il primo motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., comma unico, n. 1), in quanto: da un lato, la sentenza impugnata ha deciso la questione di diritto con esso prospettata in modo conforme agli orientamenti di questa Corte secondo cui, “in materia di riscossione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2, comma 2” (Cass., 06/07/2016, n. 13759, Rv. 640341-01; nello stesso senso, tra le tante, Cass., 28/06/2019, n. 17479) e secondo cui, “(Un tema di riscossione delle imposte, la L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere a iscrizione a ruolo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, ma soltanto qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione che non ricorre necessariamente nei casi di liquidazione “cartolare” che si basa sul mero controllo documentale di dati direttamente riportati in dichiarazione dal contribuente” (Cass., 12/04/2017, n. 9463, 30/10/2018, n. 27562, entrambe relative a fattispecie di omesso o tardivo versamento di imposte; nello stesso senso, Cass. 25/05/2012, n. 8342) (nel senso che, nelle ipotesi di omesso o tardivo versamento di imposte, “non sussiste (…) alcuna necessità di comunicazione o invito” a norma, rispettivamente, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, comma 3 e della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, Cass., 11/05/2012, n. 7329); dall’altro lato, la ricorrente non ha fornito argomenti che possano indurre a mutare tali orientamenti;

il secondo motivo è inammissibile sotto entrambi i profili in cui si articola;

quanto alla denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., l’inammissibilità consegue al fatto che la ricorrente ha omesso qualsiasi argomentazione diretta a dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata si porrebbero in contrasto con la suindicata norma, così impedendo a questa Corte di verificare il fondamento della lamentata violazione e falsa applicazione della stessa (Cass., 29/11/2016, n. 24298);

quanto alla denuncia di “omessa e insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio”, l’inammissibilità consegue al fatto che tale profilo di doglianza è stato proposto e formulato ai sensi del n. 5) dell’art. 360 c.p.c., comma 1 nella versione anteriore alla sostituzione di tale numero operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134;

le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che “(l)e disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (..1” si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, non ha connotazioni di specialità. Ne consegue che il D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3-bis, quando stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546″, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito” (Cass., S.U., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054);

all’impugnata sentenza della CTR, depositata il 22 luglio 2013 (quindi dopo il trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore, il 12 agosto 2012, della legge di conversione del D.L. n. 83 del 2012; dello stesso decreto, art. 54, comma 3, che regola l’applicazione nel tempo della novella di cui al suo comma 1, lett. b), si applica, pertanto, il “nuovo” n. 5) dell’art. 360 c.p.c., comma 1, il quale non prevede più, quale vizio motivazionale, la denunciata “omessa e insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio” ma “l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;

da ciò discende l’inammissibilità del profilo di doglianza in esame, in quanto proposto e formulato dalla ricorrente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella precedente versione di tale numero, non applicabile al giudizio;

in conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

poichè l’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva, non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, – comma inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del suddetto art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

 

 

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