Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24311 del 04/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 04/10/2018, (ud. 10/04/2018, dep. 04/10/2018), n.24311

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. G – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 3496 del ruolo generale dell’anno

2012, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.L., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del controricorso, dall’avv.to Guido Galliano e dall’avv.to

Mario Contaldi, elettivamente domiciliato presso lo studio del

secondo in Roma alla Via P.L. Da Palestrina 63;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Liguria n. 54/10/10 depositata in data 13 dicembre

2010, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio, a

seguito di riconvocazione, del 9 maggio 2018 dal Relatore Cons.

Dott. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido di Nocera.

Fatto

RILEVATO CHE

– con sentenza n. 54/10/10 depositata in data 13 dicembre 2010, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Liguria rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di D.L., avverso la sentenza n. 59/04/08 della Commissione tributaria provinciale di Genova che, in accoglimento del ricorso del contribuente, aveva annullato la cartella pagamento emessa nei confronti di quest’ultimo, a seguito di avviso di accertamento, ai fini Irpef e addizionali, per l’anno 2002, di maggior reddito da partecipazione alla società “Idrobagno s.a.s. di D.C. & C”;

– il giudice di appello, in punto di fatto, premetteva che 1) la CTP di Genova aveva accolto il ricorso proposto da Luigi Dapino avverso la cartella di pagamento con la quale, per l’anno 2002, era stata iscritta a ruolo la pretesa tributaria, ai fini Irpef e addizionali, derivante dall’accertamento del maggior reddito da partecipazione in capo al contribuente, quale socio della “Idrobagno s.a.s. di D.C. & C; 2) la decisione di primo grado era fondata sul rilievo che l’Ufficio nonostante l’avviso di pagamento notificato personalmente a D.C. non fosse stato impugnato – avrebbe dovuto considerare la avvenuta rideterminazione, con sentenza n. 138/4/06 della CTP di Genova, del reddito della società della quale era socio il contribuente; 3) avverso la sentenza di primo grado, aveva proposto appello l’Agenzia deducendo la mancata impugnazione dell’avviso di accertamento e la pendenza in cassazione del giudizio di impugnativa della sentenza che aveva ridotto il reddito di impresa della società;

– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, osservava che, essendo unico l’accertamento, fino al momento in cui la sentenza relativa al reddito della società non fosse passata in giudicato, la rettifica del maggior reddito da partecipazione in capo a D.L., non sarebbe divenuta definitiva, con conseguente necessario annullamento della relativa cartella di pagamento;

– avverso la sentenza della CTR, la Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a un motivo, cui, con controricorso, resiste D.L.;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO CHE

– preliminarmente, non sussistendone i presupposti, va disposta la revoca della ordinanza del 16 dicembre 2014 con la quale questa Corte aveva sospeso il processo risultando pendente quello avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento nei confronti della società “Idrobagno s.a.s. di D.C. & C”;

– con l’unico motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 per avere il giudice di appello, pur essendo divenuto definitivo il prodromico avviso di accertamento per mancata impugnativa, deciso nel merito della pretesa tributaria annullando la cartella di pagamento, ancorchè quest’ultima fosse impugnabile solo per vizi propri ovvero in forza di un eventuale giudicato favorevole formatosi nei confronti della società partecipata;

– il motivo è fondato;

– il presente giudizio riguarda, in effetti, una cartella esattoriale emanata rispetto ad un avviso di accertamento, divenuto definitivo per mancata impugnazione, a suo tempo notificato al contribuente in quanto socio di società di persone, quest’ultima interessata da rettifica del reddito d’impresa;

– questa Corte ha affermato, con orientamento consolidato, che “la cartella esattoriale di pagamento, quando faccia seguito ad un avviso di accertamento divenuto definitivo, si esaurisce in un’intimazione di pagamento della somma dovuta in base all’avviso e non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo, con la conseguenza che, in base al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3, essa resta sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto di accertamento da cui è sorto il debito”(Cass. n. 25995 del 2017; 11149 del 2014; 16641 del 2011; n. 17937 del 2004). Ne consegue che tali ultimi vizi non possono essere fatti valere con l’impugnazione della cartella, una volta che l’avviso di accertamento prodromico sia divenuto definitivo, ad es. per mancata impugnazione, salvo che il contribuente non sia venuto a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notificazione della cartella predetta (Cass. n. 13396 del 2016; n. 16641 del 2011);

– l’acquiescenza manifestata dal socio, rispetto all’avviso di accertamento di cui è destinatario, in quanto avente ad oggetto il suo reddito da partecipazione societaria, impedisce che un (eventuale) giudicato sull’accertamento emanato nei confronti della società possa avere effetto sulla cartella di pagamento (Cass. n. 16947 del 2015);

– nella specie, il giudice a quo non si attenuto ai suddetti principi in quanto, trattandosi pacificamente di cartella di pagamento scaturente da un avviso di accertamento di maggior reddito da partecipazione divenuto definitivo per mancata impugnativa, la stessa poteva essere impugnata esclusivamente per vizi propri e non per questioni attinenti il debito tributario suscettibili di rendere nullo o annullabile l’avviso di accertamento presupposto;

– in conclusione, il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate va accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata, senza rinvio, posto che la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, con pronuncia di rigetto dell’originario ricorso del contribuente avverso la cartella di pagamento;

– le spese del presente giudizio di legittimità seguono il principio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, mentre si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei gradi di merito.

PQM

la Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso introduttivo, condanna Luigi D. al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 1400,00 a titolo di compensi, oltre spese prenotate a debito; compensa tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, a seguito di riconvocazione, il 9 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2018

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