Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24308 del 03/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 03/11/2020, (ud. 06/07/2020, dep. 03/11/2020), n.24308

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17787-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente

contro

ARCO FELICE SRL;

– intimato –

Nonchè da:

ARCO FELICE SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL POZZETTO

122, presso lo studio dell’avvocato PAOLO CARBONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato UMBERTO GENTILE;

Y;e9″12eAlg.

– controricorrente/ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 4429/2015 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 11/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/07/2020 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA;

lette le conclusioni scrittè (ud. 20/03/2020 CC. A) del Pubblico

Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MATTEIS STANISLAO che ha chiesto il rigetto del ricorso principale

con assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

 

Fatto

1.La controversia ha per oggetto l’impugnazione da parte della società Arco Felice s.r.l. dall’avviso di liquidazione concernente le imposte di registro, ipotecaria e catastale per la somma di Euro 525.254,55, dovuta in relazione alla compravendita registrata il 13.11.2008, emesso a seguito della revoca delle agevolazioni di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, comma 1, sesto periodo, Tariffa allegata, per l’omesso ritrasferimento dell’immobile nel triennio.

La contribuente ha eccepito la sussistenza di un impedimento oggettivo in considerazione del fatto che gli immobili acquistati dal CNR – ente pubblico munito di licenza e abitabilità sin dal 1971, risultarono, successivamente al trasferimento immobiliare, parzialmente abusivi, circostanza non riportata dal notaio e non dichiarata dal venditore.

Assume, in particolare, la società che il CNR aveva presentato nell’anno 2008, in epoca antecedente alla vendita, istanza di condono poi concesso solo nell’anno 2010 – limitatamente a due fabbricati e con esclusione dei piani seminterrati – dal Comune e che i lavori di ristrutturazione erano stati sospesi dall’amministrazione comunale in più occasioni, prima per ottenere la documentazione comprovante le autorizzazioni che l’ente già possedeva, poi per chiarimenti non indispensabili all’istruttoria delle pratiche amministrative; illegittimità comprovata dal fatto che l’ente revocava, in via di autotutela, uno dei provvedimenti di sospensione dei lavori edili, emesso per divergenze prospettiche, mentre altro atto di sospensione veniva annullato dal Tar.

La C.T.P. di Napoli respingeva il ricorso con sentenza che venivano appellata dalla medesima contribuente.

La C.T.R. della Campania riformava la decisione di primo grado, affermando che le circostanze dedotte dalla contribuente era tali da integrare una impossibilità obiettiva di procedere alla vendita nel triennio sia dal punto di vista giuridico, in conseguenza della legale inalienabilità degli immobili abusivi, sia dal punto di vista materiale, avendo la ricorrente documentato tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori revocati dallo stesso ente comunale ovvero annullati dal g.a..

Statuendo poi che le sospensioni dei lavori concernenti questioni diverse dall’abusività dei cespiti erano sopravvenute al rogito notarile, mentre la sospensione connessa al carattere abusivo dei due immobili, benchè preesistente al rogito, integrava una ipotesi di impossibilità oggettiva non prevedibile nè prevenibile sia perchè il notaio rogante non aveva operato alcun riferimento nell’atto pubblico all’istanza di condono sia perchè lo stesso Comune aveva avuto difficoltà a reperire la documentazione attestante la legittimità urbanistica dei cespiti.

Ricorre per cassazione della sentenza n. 4429/15/15 depositata il 27.04.2015, l’Agenzia delle Entrate svolgendo un unico motivo, illustrato nelle memorie difensive del 10 settembre 2019 e del 4 marzo 2020.

La contribuente si è costituita con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato, cui risponde all’Agenzia con controricorso.

Il P.G. ha depositato requisitoria scritta in data 15.02.2020 con la quale ha chiesto la reiezione del ricorso.

Diritto

CONSIDERAZIONI DI DIRITTO

2. Con un unico motivo del ricorso, l’Agenzia lamenta violazione dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, comma 1, sesto periodo, tariffa, Parte I, allegata, ex art. 360 c.p.c., n. 3, per avere il decidente assunto nell’alveo della forza maggiore cause di impedimento che, al contrario di quanto affermato dai giudici regionali, erano prevedibili e prevenibili, sostenendo che le carenze strutturali, la mancanza di concessione edilizie, le procedure di condono, l’assenza di agibilità avrebbero dovuto essere previste con l’ordinaria diligenza ed era onere della contribuente valutare la documentazione tecnica ed amministrativa relativa agli immobili che. si accingeva ad acquistare, essendo essa una società esperta nel settore di rivendita di immobili che avrebbero ben potuto accertare le condizioni giuridiche e strutturali degli immobili; con la conseguenza che la decisione impugnata è errata nella parte in cui, pur riconoscendo che l’istanza di condono era antecedente all’acquisto, ha ritenuto che la sospensione dei lavori connessa all’abusività delle opere non fosse imputabile all’acquirente.

3. La società intimata censura, con ricorso incidentale condizionato, la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), violazione e falsa applicazione al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, comma 1, sesto periodo, tariffa, parte prima, allegata, violazione delle disposizioni di cui alla nota II ter dell’art. 1 citato, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 8 bis, violazione del D.Lgs. n. 347 del 1990, per avere il giudice del gravame omesso di esaminare il terzo motivo di appello incentrato sulla circostanza che dal 2009 grava sul compendio immobiliare una trascrizione di domanda giudiziale proposta dalla società “Studio Tau” con atto di citazione notificato in data 17 febbraio 2009(causa iscritta al n. RG. N. 6789/2009 presso il Tribunale di Napoli), domanda respinta con sentenza n. 9258 del 2012 che, secondo la società Arco Felice, non sarebbe ancora passata in giudicato (il presente ricorso per cassazione risale all’anno 2015).

4.Con il secondo motivo di ricorso incidentale condizionato, si lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 4) e l’omesso esame del quarto motivo di appello in relazione alla violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, della L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 6 e dell’art. 7 dello statuto del Contribuente, nonchè dell’art. 24 Cost, per avere i giudici regionali trascurato di vagliare i motivi dedotti con il gravame, secondo i quali l’atto impugnato revocava il beneficio per tutti gli acquisti operati con l’atto per notaio S.E. del 6 novembre 2008, senza individuare a quali operazioni commerciali facesse riferimento la revoca, benchè con detto atto, la società avesse acquistato immobili da N.M. e S.I., da S.M. nonchè dalle società S.Anna s.r.l., SE.RI s.p.a. e Perplast di Sergh & C. srl

5. Il ricorso principale è destituito di fondamento.

5.1 L’agevolazione in esame trova disciplina nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, comma 1, Tariffa, parte I, in forza del quale: “Se il trasferimento avente per oggetto fabbricati o porzioni di fabbricato è esente dall’imposta sul valore aggiunto ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, comma 1, numero 8-bis), ed è effettuato nei confronti di imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la rivendita di beni immobili, a condizione che nell’atto l’acquirente dichiari che intende trasferirli entro tre anni, trova applicazione l’aliquota dell’1%”. La successiva lettera c) del ridetto comma ha aggiunto nell’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, cit., la seguente nota: “II-ter). Ove non si realizzi la condizione, alla quale è subordinata l’applicazione dell’aliquota dell’un per cento, del ritrasferimento entro il triennio, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute nella misura ordinaria e si rende applicabile una soprattassa del 30 per cento oltre agli interessi di mora di cui al presente testo unico, art. 55, comma 4. Dalla scadenza del triennio decorre il termine per il recupero delle imposte ordinarie da parte dell’amministrazione finanziaria”.

Dal coordinamento tra le due disposizioni si evince che nel caso si verifichi la condicio risolutiva negativa del mancato ritrasferimento del bene, il contribuente decade dalla agevolazione della tariffa ridotta ed è tenuto a corrispondere i tributi alla tariffa ordinaria, oltre che al pagamento della sopratassa e degli interessi, salva l’allegazione e la dimostrazione di impedimento al trasferimento integrale per causa di forza maggiore (Cass. n. 29153 del 2018; n. 24344/2019).

Si premette che – pur nella consapevolezza di pronunce di segno contrario (v. Cass. 2616/16) – questa Corte di legittimità ha in numerose occasioni attribuito rilevanza alle cause esimenti della responsabilità per inadempimento; quali sono la forza maggiore (ex multis:Cass. n. 5347/2020;n. 12404/2019; n. 10937/2019; Cass. n. 6835/2018; n. 29153/2018; n. 26328 /2018;; Cass. n. 7845/2017 e n. 6076/2017; Cass. nn. 2777 e la 8351 del 2016; Cass. 2016 n. 13346; Cass. nn. 5015/15; 13177/14; 7067/14; 28401/13; 26674/13; 14399/13) o il fortuito.

La clausola generale, di intrinseca poliedricità, della causa di forza maggiore rappresenta il precipitato di un principio valvola che rinvia ad un criterio di imputazione ricavabile dal sistema normativo di riferimento; principio che nel nostro ordinamento impone di integrare le cause di forza maggiore o caso fortuito con il criterio di diligenza e di assenza di colpa.

Si tratta di una norma in bianco che si caratterizza per la sua espressione generica, vaga, elastica che permette al giudice di interpretare i principi sottesi al diritto in chiave evolutiva.

La forza maggiore o il caso fortuito rilevano – secondo la giurisprudenza di questa Corte – sia se la condotta richiesta, vale a dire il trasferimento immobiliare nel triennio dall’acquisto, sia qualificato come onere del contribuente sia qualora venga definito come obbligo di prestazione. Posto che anche in tal caso la forza maggiore, pur non incidendo su un vero e proprio adempimento, si porrebbe comunque quale evento impeditivo – non imputabile – dell’attuazione della volontà dell’onerato.

Causa di forza maggiore che si fonda, difatti, sul duplice presupposto che tale esimente non opera solo nell’ambito del diritto delle obbligazioni e che il richiamato termine è elemento costitutivo della fattispecie e non un termine entro cui esercitare un diritto a pena di decadenza ex art. 2964 e s.s. c.c. (Cass. nn. 9433/18; 2383/18; 1588/18; 8351/16; 5015/15; 13177/14; 7067/14; 28401/13; 26674/13; 14399/13).

L’orientamento di legittimità sopra riportato utilizza la nozione “comune” di forza maggiore, intesa in “un evento reso tipico dall’essere “imprevedibile, inevitabile ed a tal punto cogente da sovrastare, precludendone obiettivamente la realizzazione, la volontà dell’acquirente; la cui condotta non realizzativa del dichiarato presupposto dell’agevolazione risulta, per tali ragioni, in definitiva a lui non imputabile.” (Cass. 29153/2018; Cass. n. 24344/2019 e Cass. n. 33741/2019).

In generale, causa di forza maggiore lungi dal potersi tout court identificare con il mero inadempimento del terzo, è soltanto quella imprevedibile e sopravvenuta che non dipende da un comportamento addebitabile anche solo a titolo di colpa nei vari gradi per es. lieve o nelle varie specie in vigilando (Cass. n. 29153/2018; Cass.nn. 9851 e 3535 del 2017, per l’ipotesi di cui alla L. 388 del 2000, art. 33, comma 3; Cass. n. 13148 del 2016; Cass. sez. V n. 7067 del 26/03/2014; Cass. sez. H n. 17871 del 2003; Cass. sez. III n. 845 del 1995). Dall’ordinamento, infatti, è ricavabile una regola generale per cui non può essere preteso un comportamento quando lo stesso sia divenuto impossibile senza colpa di chi vi sia tenuto (v. in tema di agevolazioni L. n. 388 del 2000, ex art. 33, comma 3, Cass. n. 9851 del 2017). Sotto il profilo naturalistico, la forza maggiore si atteggia come una causa esterna che obbliga la persona a comportarsi in modo difforme da quanto voluto, di talchè essa va configurata, relativamente alla sua natura giuridica, come una esimente poichè il soggetto passivo è costretto a commettere la violazione a causa di un evento imprevisto, imprevedibile ed irresistibile, non imputabile ad esso contribuente, nonostante tutte le cautela adottate.

Pur concernendo la controversia in esame la materia dei tributi non armonizzati, non pare comunque superfluo in questa sede ricordare come la nozione di forza maggiore risulti ugualmente elaborata in ambito sovranazionale, in materia tributaria, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (si veda, in particolare, CGCE 18 dicembre 2007, causa C/314-06, punto 25;Corte di Giustizia CE C/314/06 al punto 24) ove è chiarito che essa non si limita all’impossibilità assoluta, ma deve essere intesa nel senso di circostanze normali ed imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso. In tale ambito propriamente pubblicistico, nel rapporto tra privato ed Amministrazione, non si è mai dubitato, da parte della giurisprudenza amministrativa, che la decadenza possa essere impedita dal verificarsi di situazioni di forza maggiore.o factum principis (v. S.U. n. 8094/2020 con riferimento alla nozione di causa di forza maggiore, sia pure in tema di agevolazioni L. n. 388 del 2000, ex art. 33, comma 3).

In materia fiscale, la forza maggiore comporta, specificamente, la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate, senza incorrere in sacrifici eccessivi, sicchè non può rispondere di inadempimento qualora si frappongano all’onere imposto dalla legge cause indipendenti dalla sua volontà che sfuggono alla sua possibilità di controllo (Cass. n. 8352 del 2015).

Va osservato come, nella concretezza del caso in esame, la società contribuente ha dedotto in giudizio, quali cause di forza maggiore della mancata alienazione del fabbricato nel termine di legge, plurime circostanze quali l’infedele dichiarazione dell’alienante in merito alla regolarità edilizia del cespite, la negligente condotta del notaio rogante, per avere quest’ultimo violato l’obbligo di verificare la conformità degli immobili alla licenza allegata; l’incommerciabilità dei fabbricati perchè in parte abusivi ed in parte a causa di una successiva trascrizione di domanda giudiziale di annullamento dell’atto di trasferimento proposta da terzi; infine, l’illegittima sospensione dei lavori di ristrutturazione ad opera del Comune (prima di accertare di avere nella sua disponibilità la documentazione attestante la presenza delle necessarie autorizzazioni):

provvedimenti questi ultimi revocati o annullati in sede di autotutela ovvero annullati dal Tar.

I giudici di secondo grado hanno ravvisato nelle illegittime sospensioni dei lavori di ristrutturazione, correlate al carattere abusivo di due edifici ed ai piani seminterrati di tutti i fabbricati, la causa di forza maggiore, non imputabile all’acquirente, che ha impedito l’alienazione nel triennio.

La CTR della Campania, difatti, rilevato che i periodi di sospensione non correlati al carattere abusivo dell’immobile avevano causa in fatti sopravvenuti al rogito, ha accertato che quelli germinati dalla non conformità edilizia ancorchè preesistenti alla stipula dell’atto notarile, non potevano ritenersi imputabili alla società Arco Felice, in quanto la documentazione amministrativa comprovante la legittimità urbanistica degli edifici alienati non era stata rinvenuta neppure dalla stessa amministrazione comunale; se non con moltissime difficoltà e dopo molto tempo dal rogito e, lo stesso notaio rogante non era riuscito ad accertare la conformità urbanistica dell’immobile edificato presumibilmente in parte) in epoca antecedente alla Legge Ponte.

La circostanza allegata dall’Agenzia quale motivo del ricorso per cassazione secondo la quale l’acquirente, operando nel settore immobiliare, aveva quella competenza necessaria per accertare l’abusività dell’edificio, anche in mancanza della dichiarazione dell’alienante in ordine alla esistenza di domande di condono, si scontra con la motivazione della sentenza, la cui ratio decidendi si fonda sul fatto che le istanze di condono e la relativa documentazione urbanistica degli immobili erano state archiviate dall’ente locale secondo modalità che ne hanno impedito il ritrovamento per molto tempo, con la conseguenza che nemmeno l’acquirente, attraverso l’accesso agli atti amministrativi, avrebbe avuto la possibilità di riscontrare eventuali difformità urbanistiche e prevedere l’adozione di atti amministrativi di sospensione dei lavori.

In altri termini, la dichiarazione di conformità urbanistica da parte di un primario ente pubblico quale il CNR nonchè lo “smarrimento” della documentazione urbanistica da parte dell’ente comunale integrano quella non prevedibilità e non prevenibilità dell’evento che ha impedito alla contribuente di ottemperare all’obbligo di trasferimento immobiliare nel triennio. Tale esito deriva non da un comportamento direttamente o indirettamente ascrivibile all’acquirente, tempestivamente attivatosi, ma per una causa esterna, sopravvenuta, imprevedibile ed inevitabile, malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso, tale da configurare la forza maggiore, ovvero il factum principis, ciò rendendo inesigibile, secondo una regola generale immanente nell’ordinamento, il comportamento richiesto dalla norma nel termine da essa previsto.

Sotto altro profilo, il complesso immobiliare – trasferibile solo per l’intero al fine di preservare l’agevolazione fruita (v. Cass. nn: 29153 e 6835 del 2018) – era incommerciabile a causa della presenza di corpi abusivi dei quali ancora nell’anno 2013 l’ente comunale ne ordinava la demolizione.

In tal modo il giudice di merito ha fatto buon governo dei principi espressi da questa Corte laddove si è sottolineato che il compimento dell’attività amministrativa – ovvero la negligenza nel caso di specie – esula dal potere di controllo del contribuente dovendosi avere riguardo, ai fini di stabilire la tempestività dell’adempimento dell’obbligo in questione, al contegno posto in essere dalle parti acquirenti, correlata al tempo in cui venne rogato l’atto nonchè a quello in cui venne chiesto il rilascio concessorio per la realizzazione delle opere di ristrutturazione (v. Cass.n. 18770/2014; CasS. n. 912/2016; n. 25880/2015). Deve ritenersi pertanto che la decisione impugnata non si ponga in contrasto con la norma indicata in epigrafe alla stregua del succitato principio di diritto, espressione dell’indirizzo espresso dalla giurisprudenza largamente prevalente di questa Corte in materia, cui va data ulteriore continuità.

7.Conclusivamente il ricorso va respinto, assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato;

– condanna l’Agenzia delle entrate alla refusione delle spese processuali sostenute dalla società resistente che liquida in Euro 10.000,00, oltre rimborso forfettario e accessori.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione tributaria, il 6 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020

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