Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24306 del 18/11/2011
Cassazione civile sez. I, 18/11/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 18/11/2011), n.24306
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –
Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 9047/2006 proposto da:
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del
Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
COSTRUZIONI ING. PENZI S.P.A. (P.I. (OMISSIS)), in persona
dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE DEI QUATTRO VENTI 162, presso gli avvocati DEL CASTELLO Andrea,
e MAGRI GIAN CARLO, che la rappresenta e difende, giusta procura a
margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 414/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 31/01/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
29/09/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato LAURA LUCIDI, con delega,
che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Presidente del Tribunale di Roma, con decreto del 7 maggio 1999 ingiunse al Ministero delle Infrastrutture il pagamento in favore dell’impresa costruzioni ing. P., la complessiva somma di L. 88.209.074, quale corrispettivo residuo dell’appalto dei lavori per la realizzazione della casa penale di (OMISSIS).
L’opposizione del Ministero è stata respinta dal Tribunale di Roma prima e poi dalla Corte di appello di Roma, la quale con sentenza del 31 gennaio 2005 ha osservato (per quanto qui ancora interessa) che l’impresa appaltatrice aveva interrotto la prescrizione del credito con una richiesta contenuta nella seconda memoria depositata il 3 novembre 1989 nel corso di un giudizio arbitrale; che seppure irritualmente avanzata in quel procedimento tanto da essere dichiarata inammissibile, sotto il profilo sostanziale aveva costituito un vero e proprio atto di messa in mora del debitore di cui l’Avvocatura, abilitata per legge a ricevere gli atti per conto dell’amministrazione, aveva dovuto prendere atto.
Per la cassazione della sentenza il Ministero ha proposto ricorso, per un motivo; cui resiste con controricorso l’impresa Penzi costruzioni.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il ricorso, il Ministero delle Infrastnitture, deducendo violazione dell’art. 2943 cod. civ., R.D. n. 1611 del 1933, artt. 1 ed 11, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto interrotta la prescrizione del credito dell’impresa per effetto di una domanda contenuta in una memoria depositata nel corso del giudizio arbitrale,senza considerare: a) che presso l’Avvocatura dello Stato per legge vanno notificati esclusivamente gli atti introduttivi del giudizio contro amministrazioni statali, perciò idonei, essi soltanto, a conseguire effetti interruttivi; b) che trattasi di sola rappresentanza processuale che abilita comunque l’Avvocatura a compiere atti in nome e per conto dell’amministrazione e non a ricevere quelli rivolti contro quest’ultima; per cui la richiesta di pagamento doveva essere notificata all’amministrazione statale, per sortire gli effetti interruttivi considerati dalla decisione impugnata.
Il ricorso è fondato.
E’ vero che l’art. 2943 cod. civ., riconosce effetti interruttivi della prescrizione agli atti processuali ivi indicati, che quindi sono portati a conoscenza del solo procuratore della parte,senza richiederne la ulteriore notificazione personalmente al debitore medesimo;e che la s.p.a. Penzi ben poteva richiedere il credito in contestazione preteso nei confronti del Ministero con la citazione introduttiva del giudizio notificata alla sola Avvocatura ovvero con la comparsa di costituzione depositata in giudizio.
Ma come ha avvertito questa Corte fin dalle pronunce più lontane nel tempo (Cass. 435/1971; 603/1973; da ultimo 19512/2003) detta norma si riferisce soltanto ad atti processuali tipici e specificamente enumerati, quali l’atto introduttivo del giudizio ovvero la domanda proposta nel corso di un giudizio (art. 2943 c.c.) che di solito è contenuta nella comparsa di risposta o nella fase istruttoria quando v’è contraddittorio.
Pertanto fra di essi non rientra la comparsa conclusionale dato che la richiesta ivi contenuta,formulata allorchè l’istruttoria è terminata, ed in un atto che non ha il precipuo scopo di contenere domande, ma, al contrario, quello di spiegare la difesa, nel senso di illustrare le richieste, non può valere come “domanda” ritualmente posta. Senza considerare che la comparsa conclusionale non è neanche comunicata alla parte, ma è atto di procuratore diretto ad essere scambiato col procuratore di controparte e, quindi, non può ritenersi nemmeno valida come atto di costituzione in mora del presunto debitore.
Per cui, anche a condividere l’indirizzo giurisprudenziale invocato dalla Corte di appello per cui la proposizione di una domanda tardiva (o,comunque inammissibile) ne comporta l’irricevibilità, ma non impedisce che la stessa possa valere come un atto di messa in mora del debitore (contra: Cass. 25126/2010; 726/2006; 6517/1986), resta il fatto che anche in tale ottica non potrebbe sfuggirsi alla necessità che tale atto debba essere notificato personalmente al debitore: essendo la rappresentanza del procuratore ad litem limitata all’esplicazione delle attività rientranti nella tutela processuale del diritto controverso. Laddove nel caso è pacifico che la comparsa conclusionale contenente la domanda di pagamento del credito non è stata notificata al Ministero (Cass. 19512/2003), ma soltanto depositata in giudizio.
La sentenza impugnata che non si è attenuta a questo principio va pertanto cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti il Collegio deve decidere nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., e revocare il decreto ingiuntivo opposto, respingendo le domande della s.p.a. Penzi per essere maturata la prescrizione del credito dalla stessa fatto valere.
La non univocità degli orientamenti giurisprudenziali sopra menzionati induce il Collegio a dichiarare interamente compensate tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,revoca l’impugnazione emessa dal Presidente del Tribunale di Roma con decreto del 7 maggio 1999, e dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011