Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24304 del 18/11/2011

Cassazione civile sez. I, 18/11/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 18/11/2011), n.24304

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21474/2009 proposto da:

B.F. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DUILIO 7, presso l’avvocato MIGLIORINI

CAROLINA, rappresentato e difeso dall’avvocato BERTOLANI Giovanni,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ASFALTI SINTEX DITTA S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), in persona

dell’Amministratore unico pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA G. DONIZETTI, 7, presso l’avvocato FRISINA Pasquale, che la

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

ANAS S.P.A. COMPARTIMENTO VIABILITA’ PER L’EMILIA ROMAGNA DI BOLOGNA,

ANAS S.P.A. ENTE AUTONOMO DELLE STRADE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 208/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 24/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

28/09/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato FRISINA PASQUALE che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’inanimissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Bologna con sentenza del 24 gennaio 2009 ha respinto l’opposizione di B.F. alla stima dell’indennità dovutagli dall’ANAS per l’espropriazione di alcuni fondi di sua proprietà ubicati nel comune di (OMISSIS) (in catasto al fg. 15, part. 275 (ex 145), 284, 285, 286, 296 e 298 onde realizzare una variante alla strada statale (OMISSIS). Ha osservato al riguardo: a) che dell’obbligazione indennitaria non poteva rispondere anche la s.p.a. Asfalti Sintex perchè la stessa aveva realizzato l’opera e compiuto le espropriazioni in nome e per conto dell’ANAS, e non in forza di una concessione traslativa, peraltro non prevista da alcuna disposizione legislativa del settore; b) che la stima della Commissione provinciale era congrua avendo determinato quanto alle part. 284-286, il valore dell’area inclusa dal P.R.G. in zona agricola e di rispetto in Euro 25 al mq. e quanto alle rimanenti coltivate a seminitativo irriguo in Euro 3,00 mq.; ed avendovi aggiunto per le prime il deprezzamento subito dai fabbricati pur di antica costruzione ed in cattivo stato manutentivo, nella misura del 10%, elevato al 35% per il minor valore assunto dalla residua porzione della part. 275 a seguito del distacco; c) che non sussisteva alcuna azienda agricola nè ulteriori pregiudizi da apprezzare: anche perchè difettava il nesso di causalità tra l’espropriazione dell’immobile ed il flusso veicolare interessante la strada realizzata per mezzo della variante.

Per la cassazione della sentenza il B. ha proposto ricorso per 2 motivi; cui ha resistito la sola s.p.a..

Asfalti Sintex con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso il B., deducendo violazione della normativa sul contraddittorio, censura la sentenza impugnata per avere escluso la responsabilità della s.p.a Asfalti Sintex in aggiunta a quella dell’ANAS senza considerare che alla società appaltatrice era stata attribuita una concessione di funzioni, e di servizio che ne aveva comportato il potere di compiere il procedimento di espropriazione nonchè di conseguire il decreto ablativo; che d’altra parte i poteri ed i rapporti tra i soggetti esproprianti non erano sindacabili dal giudice ordinario; mentre gli atti compiuti dalla società appaltatrice nei confronti dell’espropriato non potevano essere disapplicati ed andavano imputati (anche) alla società che ne era autrice.

Il motivo è infondato: avendo la decisione impugnata puntualmente applicato la costante giurisprudenza di questa Corte per la quale parte del rapporto espropriativo ed obbligato al pagamento dell’indennità verso il proprietario espropriato, e come tale legittimato passivo nel giudizio di opposizione alla stima che sia stato da quest’ultimo proposto, è il soggetto espropriante: vale a dire quello a cui favore è pronunziato il decreto di espropriazione, anche nell’ipotesi di concorso di più enti nell’attuazione dell’opera pubblica, dovendosi anche allora, nei rapporti esterni verso l’espropriato, ed indipendentemente dai rapporti interni tra i vari enti che rilevano solo ai fini dell’eventuale rivalsa dell’uno verso l’altro, aversi riguardo al soggetto che nel provvedimento ablatorio risulta beneficiario dell’espropriazione salvo che dal decreto stesso non emerga che ad altro ente, in virtù di legge o di atti amministrativi e mediante figure sostitutive a rilevanza esterna (delegazione amministrativa, affidamento in proprio, concessione e simili) sia stato conferito il potere ed il compito di procedere all’acquisizione delle aree occorrenti e di promuovere e curare direttamente, agendo in nome proprio, le necessarie procedure espropriative, ed addossati i relativi oneri (cfr. Cass. 13456/2011;

11768/2010; 12153/2007; 539/2004).

E tuttavia, perchè si abbia un simile effetto occorre un provvedimento di concessione (traslativa), caratterizzata dal trasferimento al privato non della sola facoltà di chiedere all’autorità amministrativa la emissione di singoli atti del provvedimento espropriativo ma anche di quella di compierli direttamente, in nome e per conto proprio, e in forza della delega di poteri a lui concessa. (Cass. 29 aprile 1999 n. 4323; 2 febbraio 1995 n. 1232; sez. un. 29 marzo 1989 n. 1529).

A siffatta indagine non si è sottratta la Corte di appello la quale ha accertato che tanto l’occupazione quanto l’espropriazione dell’immobile pronunciata con decreto prefettizio del 21 agosto 2002 sono state disposte esclusivamente in favore dell’ANAS, che ne è perciò il solo soggetto intestatario e beneficiario. E che d’altra parte tra detto ente e la Sintex era intervenuto un contratto di appalto con il quale è stato attribuito alla società appaltatrice il solo compito di eseguire gli atti necessari e prodromici alla definzione della procedura ablativa, peraltro “in nome e per conto” dell’ANAS senza alcun trasferimento di funzioni: perciò stesso escludendosi la ricorrenza di una concessione (traslativa) – peraltro per questi lavori neppure prevista dalla legge – in cui, invece, il concessionario agisce in nome proprio, ed in tale qualità compie materialmente l’attività espropriativa: e proprio per tale ragione diviene responsabile delle obbligazioni assunte in dipendenza di essa. Con il secondo motivo, che si articola in più censure, il ricorrente addebita alla decisione di merito più violazioni di legge e nel contempo vizi di motivazione: a) per non avere preso in esame la propria consulenza di parte ed i rilievi critici in essa contenuti; b) per avere sottovalutato la stima degli edifici malgrado regolarmente convertiti dal comune in residenza urbana, adducendo anche insufficienze manutentive, ma trascurando il coefficiente di degrado causato dall’opera pubblica; c) per aver qualificato agricola un’area cortiliva trascurando la presenza di ghiaia nonchè di opere di compattamento e di materassi lapidei a scopo di drenaggio; d) per avere omesso di considerare il deprezzamento delle aree residue indotto dal viadotto stradale, dal traffico svolgentesi su di esso, nonchè dall’inquinamento atmosferico, addebitabile pure ai progettisti ed agli esecutori dell’opera; nonchè di calcolare l’indennità di occupazione temporanea e le violazioni al D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 33 e 40 e della L.R. n. 37 del 2002, art. 22.

Le censure sono in parte inammissibili ed in parte infondate:

inammissibili laddove l’espropriato ha lamentato la mancata considerazione della propria consulenza senza neppure riportarne gli spunti critici nei confronti della valutazione degli immobili poi recepita dalla Corte territoriale e neppure dimostrarne la loro incidenza sulla sentenza impugnata; alla quale soltanto spettava peraltro individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le relative prove e scegliere tra di esse quelle ritenute più idonee e rilevanti.

Del pari inammissibile è la richiesta di indennità di occupazione temporanea sia per difetto di autosufficienza della relativa censura, priva di tutte le circostanze di fatto indispensabili per individuarne il contenuto, quali la sussistenza di un decreto di occupazione, il suo oggetto, la sua durata, le porzioni di terreno interessate ecc.; sia conseguentemente per difetto di specificità della censura medesima che si risolve in una mera istanza di liquidazione non indicante neppure l’eventuale determinazione del relativo importo da parte della Commissione provinciale (che il B. ha inteso impugnare), nè tanto meno le violazioni in cui detto organo sarebbe incorso. Ed è infine inammissibile la dedotta violazione della legge regionale, in mancanza di qualsiasi riferimento (art. 366 cod. proc. civ.) sia alla vicenda urbanistica che l’avrebbe provocata, sia al fatto controverso che avrebbe indotto dapprima la Commissione e poi la Corte di appello a non tenerne conto. Infondate sono invece le restanti doglianze; a cominciare da quelle in cui sono invocate numerose disposizioni del T.U. sulle espropriazioni appr. con D.P.R. n. 327 del 2001, giustamente non applicate dalla Corte territoriale perchè il progetto dell’opera stradale contenente la dichiarazione di p.u. è stato approvato in data 9 aprile 1997, antecedente al 30 giugno 2003, richiesta dall’art. 57 dello stesso T.U. per la sua applicazione ai procedimenti espropriativi.

La sentenza impugnata,dato atto del carattere parziale dell’espropriazione, ha correttamente applicato il criterio di stima differenziale di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 40 (poi recepito dall’art. 33 del T.U.), rivolto a garantire proprio che l’indennità di espropriazione riguardi l’intera diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo del provvedimento ablativo, e quindi anche il deprezzamento subito dalle parti residue del bene espropriato in dipendenza dell’espropriazione; ed ha applicato il principio giurisprudenziale ripetutamente enunciato da questa Corte che tale risultato può essere conseguito attraverso diverse vie: anzitutto detraendo dal valore venale che l’intero cespite aveva prima dell’esproprio il valore successivamente attribuibile alla parte residua (non espropriata) (Cass. 22110/2004; 13887/1999). Oppure accertando e calcolando detta diminuzione di valore, anzichè attraverso tale comparazione diretta, mediante il computo delle singole perdite, ovvero aggiungendo al valore dell’area espropriata quello delle spese e degli oneri, che incidendo sulla parte residua,ne riducono il valore (Cass. 15359/2000; 18050/2004;

21092/2005).

Proprio a quest’ultimo criterio si è attenuta la decisione che ha aggiunto al valore delle aree espropriate il pregiudizio subito dalle parti residue sia ove costituite da fabbricati che da terreni: che perciò per ciascuna particella correttamente è stato sommato alla porzione di indennizzo dovuto per la parte espropriata.

Non è poi esatto che detto pregiudizio con riguardo ai fabbricati sia stato stimato sull’erroneo presupposto che consistevano in manufatti destinati all’agricoltura avendo tanto la Commissione provinciale, quanto la Corte di appello dato che si trattava di immobili a tipologia abitativa e residenziali, tuttavia ubicati in zona destinata dallo strumento urbanistico generale all’agricoltura;

sicchè tale ubicazione e la circostanze non contestate che trattavasi “di tre abitazioni di vecchia costruzione ed in stato di manutenzione scadente” hanno necessariamente inciso sia sulla ridotta valutazione del loro prezzo di mercato, sia su quella del loro deprezzamento per tali ragioni contenuto nella misura del 10%: senza che il B. abbia saputo contrapporvi elementi idonei a contestarla, essendo quelli esposti fondati sull’opera pubblica successivamente realizzata e perciò priva di alcun collegamento con l’espropriazione parziale.

Mentre per quanto riguarda i terreni, ubicati tutti in zona destinata dallo strumento urbanistico all’agricoltura, e quindi privi del requisito dell’edificabilità legale, la Corte di appello ha distinto proprio le porzioni interessate da ghiaia e da altre opere artificiali, cui per tale ragione ha attribuito il maggior valore di Euro 25 mq. dalle particelle impiantate a seminativo irriguo, il cui valore di mercato,non contestato dal ricorrente è stato accertato in Euro 3 mq.; per cui neppure sotto questo profilo sussistono i vizi di motivazione dallo stesso lamentati, avendo la liquidazione dell’indennità prevista dal menzionato art. 40 della legge fondamentale coperto tutti i danni conseguenti all’esproprio, nel caso consistenti in particolar modo dallo scorporo delle porzioni espropriate e dal conseguente deprezzamento subito dalle parti residue costituite da suolo e fabbricati.

Fra di essi non può dunque rientrare il pregiudizio lamentato dal B. per l’esecuzione in epoca successiva (a quella dell’esproprio) della nuova viabilità, il suo funzionamento e la sua gestione che, avendo arrecato una permanente diminuzione di valore del suo diritto dominicale appartiene all’area di applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 46 (oggi recepito dal comma 1, dell’art. 44 del T.U.); il quale non richiede necessariamente che la situazione contemplata venga a determinarsi in conseguenza di un procedimento espropriativo, ma è diretto alla tutela dei soggetti che (quand’anche un procedimento espropriativo vi sia stato) o ne siano rimasti completamente estranei (in quanto proprietari di suoli contigui a quelli sui quali è stata eseguita l’opera) o abbiano subito un danno non già per effetto della mera separazione (per esproprio) di una parte di suolo, bensì in conseguenza dell’opera eseguita sulla parte espropriata ed indipendentemente dall’espropriazione stessa. Ed è quindi invocabile allorchè la riduzione della godibilità di un loro immobile e/o la menomazione, la diminuzione o la perdita di una o più facoltà (non marginali) del loro diritto dominicale si manifesti in conseguenza dell’esecuzione o della presenza dell’opera pubblica, ovvero della sua utilizzazione in conformità della funzione per la quale è stata progettata e realizzata; ed arrechi al proprietario, un pregiudizio permanente (c.d. espropriazione larvata), che viene dalla norma riparato – malgrado il carattere legittimo dell’opera pubblica realizzata – in base al principio pubblicistico di giustizia distributiva, per cui non è consentito soddisfare l’interesse generale attraverso il sacrificio del singolo, senza che questo ne sia indennizzato (Cass. 25017/2005; 10163/2003;7 390/2001;

15305/2000). Detto pregiudizio deve dunque essere richiesto al giudice competente per materia e valore e nei confronti dei soggetti titolari dell’opera pubblica o comunque collegati con il suo funzionamento e/o esercizio, nonchè con la relativa gestione;per cui del tutto correttamente la Corte territoriale lo ha considerato esterno alla fattispecie espropriazione per p.u. ed ai suoi effetti e non invocabile con l’opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione nel caso proposta dall’espropriato L. n. 865 del 1971, ex art. 19; la quale appartiene alla speciale competenza in unico grado della Corte di appello ed ha per oggetto la determinazione del solo quantum dell’indennità allo stesso dovuta per la perdita del terreno acquisito dall’espropriante in forza del decreto ablativo (art. 42 Cost.).

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore della soc. Asfalti Sintex in complessivi Euro 3.200,00 di cui Euro 3.000,00 per onorario di difesa, oltre a spese generali ed accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2011

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