Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24300 del 16/10/2017


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Cassazione civile, sez. un., 16/10/2017, (ud. 12/09/2017, dep.16/10/2017),  n. 24300

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente di Sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22451-2015 proposto da:

ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA BACINO ASTICO LEOGRA, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato

ORLANDO SIVIERI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DARIO MENEGUZZO;

– ricorrente –

contro

IMPIANTI ASTICO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CONFALONIERI 5,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA MANZI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIOVANNI FERASIN;

REGIONE VENETO, in persona del Presidente pro tempore della Giunta

Regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VARRONE 9, presso

lo studio dell’avvocato BRUNA D’AMARIO PALLOTTINO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati CECILIA LIGABUE, EZIO

ZANON e CHIARA DRAGO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 67/2015 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 01/04/2015.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/09/2017 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SGROI CARMELO, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

uditi gli avvocati Orlando Sivieri, Bruna D’Amario Pallottino e

Giuseppe Calderara per delega dell’avvocato Andrea Manzi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’associazione sportiva dilettantistica “Bacino Astico Leogra” impugnava innanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche la Delib. Giunta regionale Veneto n. 1342 del 2012 rilasciata alla Impianti Astico s.r.l. per la costruzione e l’esercizio dell’impianto idroelettrico Fusine nel comune di Posina. A sostegno dell’impugnazione deduceva che il progetto approvato non rispettava il DMV (Deflusso Minimo Vitale) così come determinato dalla Provincia di Vicenza con propria Delib. n. 29 del 2011, e, pertanto, violava l’art. 42 delle NTA (Norme Tecniche d’Attuazione) del piano di tutela delle acque, oltre ad essere illegittimo per difetto di istruttoria e di motivazione.

Resistendo sia la Regione Veneto che la Impianti Astico s.r.l., il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche con sentenza n. 67 pubblicata il 1.4.2015 dichiarava inammissibile il ricorso per difetto di legittimazione attiva dell’associazione ricorrente.

In particolare, detta associazione, la quale raggruppava oltre tremila pescatori esercenti la loro attività anche nel tratto del torrente (OMISSIS) interessato dal progetto, sosteneva di avere, tra i propri fini istituzionali, la tutela dell’equilibrio idrico e biologico del fiume in relazione a tutto ciò che riguarda la fauna ittica. Osservava, per contro, il Tribunale, che la principale finalità dell’associazione aveva ad oggetto la pesca sportiva e dilettantistica, e che la finalità di tutela ambientale era solo occasionale ed indiretta, nella sola misura in cui la relativa lesione potesse incidere sull’esercizio della pesca sportiva. Inoltre, detta associazione non poteva ritenersi rappresentativa della collettività locale, perchè raccoglieva soltanto pescatori a prescindere dal loro stabile collegamento con il territorio interessato dal progetto assentito dalla Regione. Non rilevava, poi, la circostanza che l’associazione fosse affiliata alla FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee), inserita nell’elenco delle associazioni riconosciute dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ai sensi della L. n. 349 del 1986, art. 13 poichè la legittimazione di tale Federazione non si estendeva automaticamente a tutte le associazioni affiliate. Nè aveva rilievo, proseguiva il Tribunale Superiore, il fatto che almeno un terzo degli associati gravitasse, quanto a residenza o esercizio dell’attività sportiva, nel tratto di torrente interessato dall’impianto, trattandosi di una circostanza del tutto occasionale, essendo consentita l’iscrizione all’associazione a qualsiasi soggetto che intendesse praticare lo sport della pesca. Pertanto, concludeva il Tribunale, poichè il gruppo di riferimento dell’associazione era costituito da persone interessate alla pesca sportiva, tale interesse non poteva trasformarsi, in virtù della costituzione dell’ente di fatto, in un interesse di natura diversa e volto alla tutela ambientalistica.

Per la cassazione di tale ricorso L’associazione sportiva dilettantistica “Bacino Astico Leogra” propone ricorso.

Resistono con separati controricorsi sia la Regione Veneto che Impianti Astico s.r.l..

L’associazione ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e L.R. Veneto n. 19 del 1998, art. 30 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Parte ricorrente sostiene di essere concessionaria, da parte della Provincia di Vicenza, proprio delle acque pubbliche del bacino Astico Leogra per l’esercizio della pesca sportiva e dilettantistica, in forza di un’apposita convenzione che le impone, tra l’altro, una serie di obblighi intesi a salvaguardare l’equilibrio idro-biologico del fiume nell’interesse di tutti i pescatori, e non solo dei propri associati.

Deduce che la fonte primaria della propria legittimazione attiva risiede nella L.R. Veneto n. 19 del 1998, art. 30, commi 1, 4 e 4-bis laddove prevede che nel rilasciare concessioni di pesca ad enti pubblici, ad associazioni o società di pescatori sportivi, la Provincia verifica e approva la congruità dello statuto tipo delle associazioni concessionarie ai criteri per il rilascio della concessione, che deve avere finalità coerenti con la conservazione dei patrimoni ittici autoctoni e di tutto l’ecosistema, teso alla buona conservazione della biodiversità sommersa e ripariale.

Lamenta, quindi, che nel motivare la propria decisione il Tribunale Superiore abbia completamente omesso l’analisi di tali fonti, ossia la legge e la relativa concessione.

2. – Il motivo è infondato.

Il caso in esame, in primo luogo, si differenzia da altro precedente di questa Corte (S.U. n. 15140/01) su fattispecie analoga (del pari ricorrente un’associazione di pesca sportiva). In quell’occasione era stata domandata e poi accordata la tutela della posizione soggettiva del concessionario in quanto tale e per l’interesse legittimo suo proprio, restando invece esclusa dal decisum la protezione dell’interesse all’integrità ambientale, non oggetto di domanda come, invece, nella specie.

Ciò posto, si osserva che l’investitura alla tutela esponenziale d’interessi adespoti può trarsi o da uno specifico riconoscimento normativo, a favore di un ente che svolga proprio un’attività inerente a determinati interessi diffusi, ovvero in base alla verifica giudiziale allorchè l’ente che se ne propone portatore si caratterizzi non già per essere una aggregazione meramente seriale ed occasionale, ma per essere identificabile in relazione ad un vincolo che, in quanto afferente ad una realtà territoriale o ad una medesima manifestazione non occasionale della vita di relazione, si presenti come concreto (quanto al suo oggetto) e temporalmente persistente (quanto alla sua durata) (così, Cons. Stato n. 5451/13).

2.1. – Tanto premesso, si rileva, sotto il primo aspetto, che l’art. 30 sopra citato, nel prevedere il rilascio di concessioni di pesca sportiva e dilettantistica ad associazioni o società di pescatori sportivi, stabilisce sia che la Provincia verifichi ed approvi la congruità dello statuto delle associazioni concessionarie ai criteri di rilascio della concessione (comma 4), sia che il concessionario garantisca la vigilanza ittica (comma 4-bis, aggiunto dalla L.R. Veneto n. 9 del 2015, art. 25, comma 2, a decorrere dal 1.1.2016).

Come esattamente annota parte ricorrente, richiamando una Delib. consiglio provinciale vicentino (v. pag. 11 del ricorso), tramite le associazioni concessionarie si attua così una forma di gestione e di “coltivazione” dei corsi d’acqua per la tutela del patrimonio ittico e l’esercizio della pesca, provocando la partecipazione attiva dei pescatori alla relativa tutela ambientale.

Se ciò è vero, non è tuttavia consequenziale quanto la stessa parte ricorrente ne deduce in punto di legittimazione attiva ad impugnare un atto ritenuto lesivo del patrimonio ittico. Congruità dello statuto associativo e obbligo di vigilanza ittica sono, rispettivamente, condizione di rilascio ed obbligazione modale che attengono al rapporto pubblicistico tra autorità concedente e associazione concessionaria. Il coinvolgimento di associazioni private nella tutela ambientale attraverso lo strumento concessorio qualificato da obblighi di vigilanza esprime scelte di politica amministrativa, che tuttavia di per sè sole non (trasferiscono nè) delegano alcuna potestà pubblica e, con essa, non riconoscono alcuna legittimazione attiva, difettandone un (sia pur implicito) titolo d’investitura. La vigilanza ittica, benchè per sua natura superindividuale, costituisce pur sempre l’adempimento d’un obbligo del concessionario verso la collettività e non già l’attribuzione del potere di rappresentarne gli interessi.

Del pari condivisibile l’esclusione di una legittimazione derivabile dall’adesione alla corrispondente federazione nazionale riconosciuta ai sensi della L. n. 346 del 1986, art. 13 poichè il riconoscimento legislativo non può essere esteso oltre la volontà dello stesso legislatore e, per giunta, in incertam personam attraverso una sorta di rinvio mobile che copra anche eventuali ed ulteriori associazioni.

Ciò escluso, la natura garantistica della tutela giurisdizionale reclama che la legittimazione al ricorso si tragga altrimenti.

2.1. – La sentenza impugnata, lì dove ha ritenuto che l’associazione ricorrente non possegga il prerequisito di esponenzialità per affermarsi portatrice dell’interesse diffuso alla protezione ambientale nello specifico ambito locale in questione, è corretta giuridicamente per i criteri su cui si basa e non sindacale nel merito dell’accertamento di fatto che sottende.

La qualifica di ente esponenziale di una data collettività è stata esclusa per due interagenti difetti: uno finalistico, nel senso della mancanza nello statuto di una diretta finalità ambientale; l’altro di stabile collegamento degli associati col territorio, potendo iscriversi all’associazione qualsiasi soggetto interessato a praticare la pesca, a prescindere dall’esistenza o non di un criterio di collegamento col medesimo territorio. E sulla base di tali apprezzamenti di fatto è stata tratta la conclusione, non censurabile in questa sede, che l’unico interesse corrispondente e omogeneo a quello di ciascun associato, rispetto al quale l’associazione ricorrente poteva ritenersi esponenziale, era quello al corretto esercizio della pesca sportiva, cui il provvedimento impugnato poteva ricollegarsi solo in via meramente ipotetica, indiretta ed eventuale.

3. – Il rigetto del suddetto motivo assorbe l’esame delle restanti due censure, che riproducono motivi d’illegittimità del provvedimento amministrativo impugnato, rimasti assorbiti nella declaratoria d’inammissibilità del ricorso pronunciata dal TSAP.

4. – Il ricorso va dunque respinto.

5. – Seguono le spese, liquidate come in dispositivo, a favore di ciascuna parte controricorrente.

6. – Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 sussistono le condizioni per il raddoppio del contributo unificato, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis a carico della parte ricorrente.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese, che liquida in Euro 5.200,00, di cui 200,00 per esborsi, in favore di ciascuna parte controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 12 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2017

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