Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2430 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/02/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 04/02/2020), n.2430

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, in pers. del leg. rapp. p.t., rapp.

e dif. dagli avv. Giovanni Lorenzo Gusella, elett. dom. presso lo

studio dell’avv. Alberto Cavaliere, in Roma, via Guido D’Arezzo n.

32, come da procura in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, in pers. del curatore

p.t.;

MILCHPRODUKTENHANDEL OBERLAND EG, in persona del l.r.p.t.;

– intimati –

per la revocazione della sentenza Cass. 11 luglio 2017, n. 17147/17

della Corte di cassazione, resa su ricorso n. 4359-2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 12 dicembre 2019 dal Consigliere relatore Dott. Massimo

Ferro;

viste la memoria del ricorrente;

il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma

semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n. 136/2016 del

Primo Presidente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. questa Corte, con sentenza n. 17147 del 11 luglio 2017, ha rigettato il ricorso dell’attuale ricorrente, già proposto avverso la sentenza App. Roma 12.1.2016, a sua volta reiettiva del reclamo interposto dalla medesima parte contro la sentenza dichiarativa del proprio fallimento, resa da Trib. Roma n. (OMISSIS), del 26.3.2015;

2. la validità della sentenza di fallimento venne così riconosciuta in relazione alla regolarità della notifica del ricorso introduttivo (effettuata presso la sede della società) e alla tempestività della dichiarazione (resa entro un anno dalla cancellazione della società dal registro delle imprese), mentre altri motivi di ricorso, in punto di insolvenza, furono ritenuti inammissibili, stante l’apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito;

3. con il ricorso si deduce il motivo di revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4, e, in particolare, che vi è stata omissione della notifica all’indirizzo di posta elettronica del debitore risultante dal registro delle imprese, adempimento non assolto dalla cancelleria e pertanto in contraddizione con l’affermazione della Cassazione per cui il ricorso sarebbe stato validamente notificato alla società presso la sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. la ratio decidendi di Cass. n. 17147/2017 è chiaramente nel senso di riconoscere la valida instaurazione del contraddittorio previsto dalla L. Fall., art. 15, quale conseguente all’avvenuta notifica del ricorso di fallimento presso la sede della società, circostanza di fatto non contestata dall’attuale impugnante, il quale censura invece che, propriamente, quella notifica fosse conforme al paradigma organizzativo dettato dalla citata norma, che invero poneva, in primo luogo, la necessaria attività di notifica all’indirizzo PEC del debitore da parte dell’ufficio di cancelleria;

2. tale principio già di per sè esclude ogni decisività della circostanza invocata con l’odierno ricorso che, limitandosi ad addurre una divergenza tra la validità della notifica presso la sede sociale (quale fatto) e la diversa regola che avrebbe imposto il compimento della stessa innanzitutto in via telematica al citato indirizzo PEC, trascura che, proprio ed anche con la sentenza ora impugnata, vi era stato già, per un verso, un apprezzamento della completezza dell’adempimento fondativo della regolarità del contraddittorio ove il Collegio di legittimità ha riscontrato positivamente l’avvenuta notifica in capo al debitore, proprio secondo l’iter seguito; per altro verso, non è esatta la stessa rappresentazione dell’oggetto dell’errore, poichè la sentenza ha espresso una esplicita valutazione di correttezza dell’esito della notifica così ricostruita, senza alcun riferimento alla vicenda dell’adempimento telematico ed invece direttamente configurando integrato il rispetto della L. Fall., art. 15, mediante la notifica presso la sede sociale; non è dunque vero che la pronuncia revocanda abbia percepito in modo alterato il fatto il sè della notifica telematica, quale ipoteticamente non avvenuta e però considerata per vera;

3. va così ribadito che “ai sensi dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, il nesso causale tra errore di fatto e decisione, nel cui accertamento si sostanzia la valutazione di essenzialità e decisività dell’errore revocatorio, non è un nesso di causalità storica, ma di carattere logico-giuridico, nel senso che non si tratta di stabilire se il giudice autore del provvedimento da revocare si sarebbe, in concreto, determinato in maniera diversa ove non avesse commesso l’errore di fatto, bensì di stabilire se la decisione della causa sarebbe dovuta essere diversa, in mancanza di quell’errore, per necessità logico-giuridica” (Cass. 6038/2016, 3935/2009, Cass. s.u. 1666/2009);

4. esattamente la sentenza Cass. n. 17147/2017 dà infatti conto di elementi di sufficienza, quanto al procedimento notificatorio, già appartenenti all’istruttoria dei giudici di merito, apparendo conseguentemente estranea ad ogni prospettiva di errore revocatorio ex art. 395 c.p.c., n. 4, una censura che individui nella citata divergenza tra un tipo di notifica (non eseguita, nè però affermata come avvenuta) ed un’altra (eseguita e ritenuta valida) un fatto decisivo, mal percepito;

5. opera in tema il principio per cui “l’istanza di revocazione di una pronuncia della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all’art. 395 c.p.c., n. 4, che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso, su cui il giudice si sia pronunciato. L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, semprechè la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio, formatosi sulla base di una valutazione” (Cass. 442/2018, 7795/2018); non potendo dunque dirsi che la sentenza sia “l’effetto” del prospettato errore di fatto (Cass. 8615/2017), ed invero poichè “la pronuncia del giudice non si configura come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio” (Cass. 14929/2018), il ricorso è inammissibile.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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