Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2430 del 04/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2430 Anno 2014
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: PETITTI STEFANO

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

professioni
sanitarie

sul ricorso proposto da:
ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI ED ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA
DI CUNEO, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso, per procura in calce al ricorso,
dagli Avvocati Claudio Massa e Costanza Acciai,
elettivamente domiciliato in Roma, Piazza del Fante n. 2,
presso lo studio dell’Avvocato Acciai;

– ricorrente contro
BRUNO ANTONINO, rappresentato e difeso dall’Avvocato
Stefano Campanello per procura speciale a margine del
ricorso, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza del

3

1

Data pubblicazione: 04/02/2014

Porto di Ripetta n. 1, presso lo studio dell’Avvocato Luca
Puccetti;

controricorrente

nonché nei confronti di

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro

pro

tempore;
– intimati avverso la decisione n. 29 del 2012 della Commissione
Centrale per gli esercenti le professioni sanitarie,
depositata il 15 settembre 2012.

Udita

la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 21 giugno 2013 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;

udito l’Avvocato Costanza Acciai;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. Lucio Capasso, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In data 28 agosto 2006, l’Ordine dei Medici Chirurghi
ed Odontoiatri della Provincia di Cuneo veniva informato
dalla Procura della Repubblica di Mondovì della esistenza
di un decreto di citazione a giudizio a carico
dell’odontotecnico Bessone Spirito e dei medici Bruno
Antonino e Pellegrino Andrea, cui era stato contestato il

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI CUNEO;

reato di cui agli artt. 81, 110 e 348 cod. pen., in
relazione al r.d. n. 1244 del 1928 e alla legge n. 409 del
1985, poiché, “con più azioni esecutive del medesimo
disegno criminoso, in concorso tra loro, esercitavano
abusivamente la professione di medico dentista, non avendo

prescritta abilitazione statale, ma ugualmente effettuando
sui pazienti manovre riservate al medico, con il contributo
del dott. Bruno che figurava quale titolare dello studio
medico dentistico e consentiva di utilizzare le
apparecchiature mediche presenti in studio”.
A seguito del rinvio a giudizio, il dott. Bruno avanzava
istanza di applicazione della pena su richiesta della
parti, che veniva accolta. La sentenza diveniva definitiva
in data 4 dicembre 2012.
In data 10 ottobre 2010, la Commissione Odontoiatri
della provincia di Cuneo apriva un procedimento
disciplinare a carico del dott. Antonino Bruno per
violazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 221 del 1950, in
relazione agli artt. 1, 2 e 13 del Codice di Deontologia
Medica, avendo egli consentito l’esercizio abusivo della
professione odontoiatrica all’odontotecnico Bessone
Spirito.
Odontoiatri,

La

Commissione
in data

di
15

disciplina

gennaio

2011,

dell’Albo
irrogava

conseguito il sig. Bessone la laurea in medicina, né la

all’incolpato la sanzione della sospensione dell’esercizio
della professione di odontoiatra per la durata di mesi tre.
Con ricorso del 22 febbraio 2011, il dott. Bruno
impugnava tale provvedimento, chiedendo l’annullamento
dello stesso e, subordinatamente, la riduzione della

La Commissione Centrale per gli esercenti le professioni
sanitarie, con decisione depositata il 15 settembre 2012,
accoglieva uno dei motivi di gravame e annullava il
provvedimento impugnato per l’intervenuta prescrizione
quinquennale dell’azione disciplinare, in assenza di atti
interruttivi.
Avverso tale decisione, l’Ordine dei Medici Chirurghi ed
Odontoiatri della Provincia di Cuneo, con atto notificato
il 20 novembre 2012, ha proposto ricorso per cassazione,
sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria.
Il dott. Antonino Bruno ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, parte ricorrente
denunzia, ex art. 360, n. 3), cod. proc. civ., violazione e
falsa applicazione dell’art. 51 del d.P.R. n. 221 del 1950,
per avere la Commissione Centrale per gli esercenti le
professioni sanitarie annullato l’impugnato provvedimento
sull’assunto che la relativa azione disciplinare fosse
prescritta per decorso del termine quinquennale, non

sanzione.

attribuendo alcuna rilevanza all’effetto interruttivo
prodottosi a seguito della pendenza del procedimento penale
a carico del dott. Bruno.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
La Commissione Centrale per gli esercenti le professioni

alla base della decisione il decorso del termine di
prescrizione dell’azione disciplinare promossa; sul punto
ha così motivato: “Al riguardo, va richiamato il costante
orientamento di questa Commissione Centrale, secondo cui
viene in sostanza fatto salvo il provvedimento adottato
anche dopo il termine quinquennale di prescrizione di cui
all’art. 51 d.P.R. n. 221 del 1950, purché l’Ordine abbia
avuto cura di aprire il procedimento disciplinare, proprio
per interrompere il decorso del termine, con effetto
interruttivo della prescrizione”.
Orbene, il principio enunciato – per il quale l’effetto
sospensivo della prescrizione deriva esclusivamente dalla
previa formale apertura del procedimento disciplinare – è
in contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa
Corte, la quale ha avuto più volte modo di affermare che
“il termine quinquennale di prescrizione, cui è soggetta
l’azione disciplinare nei confronti dell’appartenente
all’Ordine dei medici, decorre dalla commissione
dell’illecito, ma è interrotto dall’eventuale avvio di

sanitarie ha annullato il provvedimento impugnato ponendo

procedimento penale a carico dell’incolpato. In tale ultima
ipotesi, la prescrizione dell’azione disciplinare riprende
a decorrere solo dal passaggio in giudicato della sentenza
penale” (Cass. n. 10517 del 2009; Cass. n. 3452 del 2012).

del procedimento penale, l’azione disciplinare sarebbe il
più delle volte già prescritta prima ancora della sua
materiale proposizione, e la norma di cui all’art. 44 del
d.P.R. n. 221 cit. risulterebbe del tutto inapplicabile,
poiché essa impone, in concreto, all’organo amministrativo
di attendere l’esito e le valutazioni del Giudice penale,
in tal modo subordinando l’azione disciplinare alla
conclusione del procedimento penale (Cass. 4658 del 2006;
Cass. 14811 del 2000).
Nella specie, dunque, il termine di prescrizione di cui
all’art. 51 d.P.R. n. 221 del 1950 – pur riferito a fatti
che, come accertato in sede penale, sono avvenuti nel marzo
2005, mentre l’apertura della procedura disciplinare reca
la data del 10 giugno 2010 – non può ritenersi maturato, in
quanto è stato interrotto dall’avvio del procedimento
penale a carico dell’incolpato: in questo caso,
l’interruzione della prescrizione per effetto del
procedimento penale ha effetto permanente fino all’esito
del procedimento stesso, sicché il nuovo termine
prescrizionale quinquennale decorre dalla data in cui la

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In caso contrario, infatti, in considerazione dei tempi

sentenza penale è divenuta definitiva; poiché, nella
specie, la sentenza penale è divenuta definitiva il 4
gennaio 2012, è palese – anche sotto tale profilo – che
alla data in cui è stata disposta la sanzione disciplinare

prescrizionale dell’azione disciplinare non era decorso.
In accoglimento del ricorso, la decisione impugnata deve
quindi essere cassata, con rinvio, anche per le spese del
giudizio di legittimità, alla Commissione Centrale per gli
esercenti le Professioni Sanitarie in diversa composizione.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte

accoglie

il ricorso; cassa il provvedimento

impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di
legittimità, alla Commissione Centrale per gli esercenti le
Professioni Sanitarie.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione,
il 21 giugno 2013.

di cui si discute (15 gennaio 2011) il termine

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