Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24297 del 09/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/09/2021, (ud. 02/03/2021, dep. 09/09/2021), n.24297

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24884-2020 proposto da:

A.I., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARCO CAVICCHIOLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), PREFETTURA di VERCELLI;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 6/2020 del GIUDICE DI PACE di VERCELLI,

depositata il 17/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA

IOFRIDA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Giudice di Pace di Vercelli, con ordinanza n. 6/2020 del Giudice di Pace di Vercelli, depositata il 17/6/2020, ha respinto l’impugnazione, con ricorso del 3/4/2020, di A.I., cittadino albanese, avverso il decreto prefettizio di espulsione del 27/3/2020.

In particolare, in ordine all’eccepita causa ostativa rappresentata dall’essere lo straniero genitore di figli minorenni, cittadini italiani, il Giudice di Pace ha rilevato che l’istanza, presentata il 18/2/2020, per il rilascio di permesso di soggiorno per motivi famigliari, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 30, comma 1 lett. d), era stata dichiarata improcedibile dalla questura di Vercelli, per difetto dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, trattandosi di soggetto, non convivente con i figli minori, già espulso nel 2015, con divieto di rientrare nel territorio nazionale per dieci anni, e con plurime condanne che denotavano pericolosità sociale, mentre altra istanza, del 2014, per un permesso di soggiorno per assistenza ai minori era stata pure respinta; il provvedimento espulsivo era quindi legittimo, ricorrendo l’ipotesi di trattenimento illegale nel territorio dello Stato di cui all’art. 13 T.U.I., comma 2, lett. b, commi 4 e 4 bis e art. 14.

Avverso la suddetta pronuncia, A.I. propone ricorso per cassazione, notificato il 16/9/2020, affidato a due motivi, nei confronti della Prefettura di Vercelli (che non svolge difese).

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis, nonché dell’art. 8 CEDU e della Dir. Europea n. 115 del 2008, per avere il Giudice di Pace ritenuto che, in assenza di permesso di soggiorno, il provvedimento espulsivo fosse automaticamente legittimo, avendo omesso ogni valutazione sulla situazione famigliare del ricorrente, sulla base della sola reiezione dell’istanza di permesso di soggiorno presentata nel 2020 (decisione, peraltro, non definitiva ed impugnata dinanzi al Tribunale di Torino), e quindi senza considerare che, trattandosi di genitore straniero di minorenni cittadini italiani (dal 2016), conviventi con la madre, ex coniuge del ricorrente, e quindi legittimato ad ottenere il permesso di soggiorno ex art. 30, comma 1, lett. d, disposizione che non presuppone la convivenza, lo stesso era inespellibile; b) con il secondo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 30, comma 1, lett. d), ribadendo di avere diritto ad ottenere il permesso di soggiorno, in quanto genitore di minorenni cittadini italiani.

2. Le due censure, da trattare unitariamente, in quanto connesse, sono inammissibili.

3.1. Il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis, inserito con D.Lgs. n. 5 del 2007, stabilisce che “2-bis. Nell’adottare il provvedimento di espulsione ai sensi del comma 2, lett. a) e b), nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’art. 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della durata del SUO soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine”.

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 202/2013, ha dichiarato dichiarazione l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 5, nella parte in cui, disponendo che la valutazione discrezionale, da esso prevista al fine del rilascio del permesso di soggiorno, trovasse applicazione soltanto nei confronti dello straniero che avesse esercitato il diritto al ricongiungimento familiare o del familiare ricongiunto, escludeva che la tutela rafforzata del vincolo familiare potesse operare in favore dello straniero che versasse nelle condizioni sostanziali per ottenere il ricongiungimento, ma non avesse fatto formale richiesta del relativo provvedimento.

L’art. 19, comma 2, lett. c) prevede il divieto di espulsione nei confronti “degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana”.

Il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 30, comma 1, alla lett. d), stabilisce che il permesso di soggiorno per motivi famigliari spetta “al genitore straniero, anche naturale, di minore italiano residente in Italia. In tal caso il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato anche a prescindere dal possesso di un valido titolo di soggiorno, a condizione che il genitore richiedente non sia stato privato della potestà genitoriale secondo la legge italiana”.

Ora, in tema di diritto al ricongiungimento famigliare ed espulsione, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 202 del 2013, questa Corte (Cass. 781/2019; conf. Cass. 1665/2019; Cass. 11955/2020; Cass. 24908/2020) ha statuito che “il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis, secondo il quale è necessario tener conto, nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, della natura e dell’effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno, nonché dell’esistenza di legami con il paese d’origine, si applica – con valutazione caso per caso ed in coerenza con la direttiva comunitaria 2008/115/CE – anche al cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese, ancorché non nella posizione di richiedente formalmente il ricongiungimento familiare, in linea con la nozione di diritto all’unità familiare delineata dalla giurisprudenza della Corte EDU con riferimento all’art. 8 CEDU e fatta propria dalla sentenza n. 202 del 2013 della Corte Cost. Tuttavia il giudice del merito è tenuto, onde pervenire all’applicazione della tutela rafforzata di cui al citato art. 13, comma 2 bis, a dare conto di tutti gli elementi qualificanti l’effettività di detti legami (rapporto di coniugio, durata del matrimonio, nascita di figli e loro età, convivenza, dipendenza economica dei figli maggiorenni etc.), oltre che delle difficoltà conseguenti all’espulsione, senza che sia possibile, fuori dalla valorizzazione in concreto di questi elementi, fare riferimento ai criteri suppletivi relativi alla durata del soggiorno, all’integrazione sociale nel territorio nazionale, ovvero ai legami culturali o sociali con il Paese di origine”. In motivazione, si è chiarito che il giudice è tenuto a valutare “la effettiva consistenza di quei legami, che devono essere particolarmente stretti e che possono essere desunti da vari elementi oggettivi, quali l’esistenza di un rapporto di coniugio e la durata del matrimonio, la nascita di figli e la loro età, la convivenza, altri fattori che testimonino l’effettività di una vita familiare, la dipendenza economica dei figli maggiorenni e dei genitori, le difficoltà che il coniuge o i figli rischiano di trovarsi ad affrontare in caso di espulsione”, atteso che “il fine da perseguire è quello di interpretare la clausola della coesione familiare, in funzione ostativa dell’espulsione, in modo sistematicamente coerente con il vigente sistema normativo”, il quale non esclude l’espellibilità (pur prevedendone l’attuazione con modalità compatibili con le singole situazioni personali) neppure nei casi in cui siano in gioco altri diritti fondamentali della persona di pari, se non superiore, rango (art. 19, comma 2 bis), oltre a riconoscere il diritto all’unità familiare “alle condizioni previste dal presente testo unico” (art. 28, comma 1, e cfr. art. 29, comma 3)”.

Si deve quindi trattare di legami famigliari qualificati ed occorre procedere ad una valutazione caso per caso.

3.2. Ora, oggetto del presente giudizio non è la sussistenza o meno dei presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi famigliari, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 30, comma 1, lett. d), questione in relazione alla quale pende, nel merito, per quanto dedotto dal ricorrente, impugnativa avverso provvedimento di diniego del Questore, ma la sussistenza o meno dei presupposti per l’operatività di una causa ostativa all’espulsione quale dettata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis e di un vizio della decisione impugnata per mancata valutazione della attuale situazione famigliare del ricorrente.

Ora, il Giudice di Pace, in punto di fatto, ha dato atto del diniego dell’istanza, presentata dal ricorrente il 18/2/2020 (anteriormente al provvedimento espulsivo), per il rilascio di permesso di soggiorno per motivi famigliari, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 30, comma 1, lett. d), sia pure con provvedimento, per quanto dedotto, non ancora definitivo, comunque successivo ad un pregresso rigetto, nel 2014, di altra istanza di permesso di soggiorno per assistenza ai minori; ha poi ritenuto l’insussistenza dei presupposti per il rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari o ad altro titolo, alla luce anche delle plurime condanne che denotavano una pericolosità sociale, o dei presupposti di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19.

Il ricorrente contestando l’omessa valutazione “dell’attuale situazione famigliare dell’ A.I.” e limitandosi ad affermare la sua inespellibilità, in quanto genitore di minori italiani, ivi residenti, nulla ha dedotto, in ricorso, in ordine all’effettività del legame famigliare in Italia, presupposto della tutela rafforzata di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis (rapporto di coniugio, durata del matrimonio, nascita di figli e loro età, convivenza), anzi confermando che i minori, nati in Italia nel 2003 e 2006, vivono da tempo, in detto Paese, con la madre, ex coniuge dell’ A.I..

Di conseguenza, non è possibile alcuna valorizzazione in concreto di questi elementi, ai fini del chiesto annullamento del provvedimento espulsivo.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso.

Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

Non deve farsi applicazione del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, essendo il processo esente dall’obbligo di pagamento del contributo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

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