Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24287 del 16/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 16/10/2017, (ud. 06/04/2017, dep.16/10/2017),  n. 24287

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10390-2015 proposto da:

P.M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, V.MUGGIA

21, presso lo studio SIMONA RENDINA, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIULIO CESARE VILLONI giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

TL & T SRL, in persona di L.F. in qualità di socio,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 114/B, presso lo

studio dell’avvocato SALVATORE COLETTA, che la rappresenta e difende

giusta procura a margine del controricorso;

Z.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FABIO

MASSIMO 107, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO TORINO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO MAGGIORE giusta procura

a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1253/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. Nel 2007, la signora P.M.C. convenne in giudizio la TL & T S.r.l., in persona del legale rappresentante e Amministratore Unico, sig. L.F. e la signora Z.A. esponendo: di aver stipulato nel 2005 un atto di cessione di azienda, con il quale aveva ceduto in favore della TL & T S.r.l. la propria attività commerciale, con punto vendita ubicato nei locali concessi in locazione dalla Z.; che, in base a tale contratto, la P. si impegnava a mantenere la fideiussione bancaria di Euro 10.000,00 a garanzia del pagamento dei canoni di locazione, fino al perfezionamento del rapporto tra la TL&T e la Z.; che la cessionaria non costituiva mai una fideiussione bancaria a garanzia del pagamento dei canoni di locazione a favore della locatrice ceduta e che perciò la Z. mai consentiva l’estinzione della fideiussione prestata dalla P.;

2. la convenuta, cessionaria, eccepì che l’obbligo di costituire polizza fideiussoria non era stato mai oggetto di pattuizione e che, al contrario, aveva pattuito con la cedente che mantenesse la prestazione della garanzia accessoria, remunerata in pari misura dalla cessionaria a mezzo di assegno dell’importo di Euro 10.000;

3. il Tribunale di Latina, con la sentenza n. 1220/2011, condannò la Z. a restituire alla P. la polizza fideiussoria a garanzia del contratto di locazione e la P. alla testituzione della somma di Euro 10.000, oltre interessi, in favore della TL &T;

4. la decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 1253 del 25 febbraio 2014, in particolare in base al contratto di cessione il cui prezzo era pari ad Euro 25.000, sicchè Euro 10.000, corrisposte dalla cessionaria alla cedente, non potevano costituire un ulteriore prezzo, mentre d’ altro canto la somma era coincidente con la garanzia fideiussoria prestata dalla P. alla Z..

5. avverso tale sentenza propone ricorso in Cassazione la signora P.M.C., sulla base di due motivi illustrati da memoria; resiste con controricorso il signor L.F., nella qualità di socio della società TL&T S.r.l., nelle more cessata. L’intimata Z.A. non ha svolto difese.

5.1. Il Procuratore Generale conclude per l’infondatezza del ricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

6.1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la “violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Violazione del nuovo art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 132 c.p.c. – nullità della sentenza impugnata”.

Sostiene che in base al nuovo art. 118 c.p.c., la motivazione della sentenza consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione anche con riferimento a precedenti conformi. Il legislatore avrebbe introdotto il riferimento ai precedenti conformi come requisito di validità della sentenza imponendolo al giudice pena la nullità della pronuncia. La sentenza impugnata sarebbe invece del tutto priva di richiami ai precedenti conformi, limitandosi al pedissequo e sintetico richiamo, esclusivamente in punto di fatto, della sentenza di primo grado. L’inosservanza del predetto obbligo avrebbe reso più difficilmente percepibile la ratio decidendi.

Il motivo è infondato.

Contrariamente a quanto afferma la ricorrente, il legislatore del 2009 non ha affatto introdotto un obbligo di richiamare, nella motivazione, precedenti conformi. La nuova disposizione si limita a consentire al giudice di rendere i motivi della decisione attraverso una succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, eventualmente mediante il rinvio a precedenti decisioni, anche dello stesso ufficio, “ricercandosi per tale via il beneficio di schemi decisionali già compiuti per casi identici o per la risoluzione di identiche questioni, nell’ambito di un più ampio disegno di riduzione dei tempi del processo civile” (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 06/09/2016, n. 17640).

6.2. Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta, sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la “violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Violazione del principio dispositivo dell’art. 115 c.p.c.”.

Sia il primo giudice sia la Corte di Appello avrebbero completamente ignorato prove documentali decisive offerte dalla P., dalle quali sarebbe emerso che la medesima ricorrente avrebbe più volte diffidato la società cessionaria alla costituzione della fideiussione e che la causa della dazione dell’assegno di Euro 10.000 sarebbe stato il pagamento di una parte del prezzo della cessione dell’azienda, pari a Euro 35.000 complessivi e non ad Euro 25.000.

Non risulterebbe invece in nessun atto che la somma di Euro 10.000 fosse stata corrisposta alla P. per rilevare la polizza fideiussoria da questa stipulata. Nè vi sarebbe coincidenza tra la predetta somma e l’importo della fideiussione, il cui costo ammontava a Euro 450 all’anno. Infine vi sarebbe coincidenza temporale tra l’emissione dell’assegno e la stipula del contratto di cessione, entrambe avvenute in data 16/06/2005.

Il motivo è inammissibile perchè, mascherato da violazione di norme giuridiche, in realtà è volto a richiedere una diversa valutazione del contratto di cessione e della causa della emissione dell’assegno di euro 10.000 che con motivazione immune da vizi la Corte di merito ha attribuito alla copertura del premio per la polizza fideiussoria che la cessionaria avrebbe dovuto stipulare a garanzia dell’adempimento dei suoi obblighi, ma non ha stipulato, sì che la locatrice ceduta aveva trattenuto la garanzia prestata dalla cedente. Quanto all’importo mensile della polizza fideiussoria la circostanza, dedotta per la prima volta in questa sede e volta ad una diversa ricostruzione della vicenda fattuale, è anch’ essa inammissibile.

7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

 

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del controricorrente L.F., che liquida in complessivi Euro 2.300, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2017

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