Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24286 del 09/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/09/2021, (ud. 02/03/2021, dep. 09/09/2021), n.24286

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27126-2018 proposto da:

O.L., quale erede dei genitori O.D. e M.M.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 2, presso lo

studio dell’avvocato GIORGIO ANTONINI, rappresentato e difeso

dall’avvocato RICCARDO GALASSI;

– ricorrente –

contro

AUTOSTRADE PER L’ITALIA SPA, in persona del procuratore speciale pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 87, presso

lo studio dell’avvocato ARTURO ANTONUCCI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO SANTUCCI;

– controricorrente –

contro

ANAS SPA, (OMISSIS);

– intimata –

avverso l’ordinanza n. cronol. 1296/2018 della CORTE D’APPELLO di

ANCONA, depositata il 19/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA

IOFRIDA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Ancona, con ordinanza n. 1296/2018, depositata in data 19/4/2018, – in controversia promossa da O.L., in proprio e quale erede di M.M., in opposizione alla stima, al fine di sentire determinare la giusta indennità di espropriazione e di occupazione d’urgenza, in relazione a mq 200 di proprietà di M.M. ed O.D. (cui poi succedeva il figlio O.L.), occupati, con decreto dell’ottobre 2008, ed espropriati da Autostrade per l’Italia, quale concessionaria di Anas spa, con decreto del 22/10/2015, in misura maggiore dell’importo complessivo di Euro 28.214,00, già riconosciuto in via provvisoria e non accettato dai comproprietari, – ha respinto la domanda attorea.

In particolare, i giudici d’appello, all’esito di consulenza tecnica d’ufficio, hanno sostenuto che: a) l’area espropriata era stata destinata ad opere di pertinenza del tracciato autostradale, consistenti nella realizzazione di un muro di sostegno del terrapieno nonché dei manufatti necessari alla raccolta e smaltimento delle acque meteoriche, cosicché, rientrando in fascia di rispetto, doveva essere qualificata come non edificabile; b) era congruo il valore di Euro 8 al mq, per complessivi Euro 1.600,00 e, considerati anche il valore dei soprassuoli (Euro 4.464,00) e l’indennità di occupazione temporanea (Euro 3.231,04), spettava l’importo di Euro 9.196,04, inferiore a quello determinato in via provvisoria, in difetto, peraltro, di domanda riconvenzionale per la liquidazione di somma inferiore, da parte di Autostrade; c) nulla poteva essere riconosciuto per la diminuzione di valore subita dalla parte residua del fondo, per espropriazione parziale, ex art. 33 T.U.E., atteso che, pur avendo l’opera pubblica indotto penalizzazioni alla luminosità, panoramicità e soleggiamento, come accertato dal consulente, l’opera costituita dalla realizzazione della terza corsia (mentre per l’espropriazione correlata all’opera autostradale originaria già era stata liquidata, a suo tempo, altra indennità) aveva “comportato uno spostamento verso la proprietà del ricorrente di soli 40 cm e la realizzazione della barriera fonoassorbente, posto che l’ampliamento della corsia di m. 15,00 è stato realizzato dal lato opposto verso il mare” e quindi non erano ravvisabili sostanziali mutamenti, anche quanto alla panoramicità, rispetto alla situazione preesistente, in ogni caso non dimostrati, e comunque le perdite di visuali e simili, allorché l’espropriazione parziale sia funzionale alla costruzione di tracciati stradali ed autostradali, non erano indennizzabili se non eccedenti la normale tollerabilità e comuni alla generalità degli espropriati.

Avverso la suddetta pronuncia, O.L. propone ricorso per cassazione, notificato il 25/9/2018, affidato a due motivi, nei confronti di Autostrade per l’Italia spa (che resiste con controricorso) e di Anas spa (che non svolge difese).

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 327 del 2001, artt. 32 e 33, per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto non indennizzabile il deprezzamento di valore della porzione di bene non espropriata, malgrado il CTU avesse stimato in Euro 25.000,00 il danno da penalizzazioni alla luminosità, panoramicità e soleggiamento; con il secondo motivo, si lamenta poi la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 61, 113, 115, 116 c.p.c., e dell’art. 2697 c.c., avendo la Corte di merito, nel negare tale indennizzo, fatto malgoverno delle risultanze processuali, in primis la consulenza tecnica d’ufficio.

2. Le due censure, da trattare unitariamente in quanto connesse, sono inammissibili.

La Corte di merito ha motivatamente escluso, dissentendo dalle conclusioni sul punto del consulente tecnico d’ufficio, la sussistenza di una apprezzabile diminuzione di valore della parte residua non espropriata, considerato che il deprezzamento da vicinanza dell’autostrada era semmai da ascrivere all’originaria costruzione della sede stradale (nel 1967, come dedotto dalla controricorrente), già indennizzata, mentre l’ampliamento per la terza corsia, cui era correlato l’esproprio in oggetto, di mq. 15,00, era stato realizzato sul lato opposto, verso il mare e lo spostamento verso la proprietà del ricorrente era stato di soli 40 cm per l’esecuzione di opere di pertinenza del tracciato autostradale.

Questa Corte (Cass. n. 5040 del 2020) ha di recente ribadito che “in tema di espropriazione per pubblica utilità, quella parziale per la quale l’indennità va determinata sulla base della differenza fra il valore dell’unico bene prima dell’espropriazione ed il valore della porzione residua secondo la L. n. 2359 del 1865, art. 40 (oggi D.P.R. n. 227 del 2001, art. 33), si verifica quando la vicenda ablativa investa parte di un complesso immobiliare appartenente allo stesso soggetto e caratterizzato da un’unitaria destinazione economica, implicando per il proprietario un pregiudizio diverso da quello ristorabile mediante l’indennizzo calcolato con riferimento soltanto alla porzione espropriata, per effetto della compromissione o comunque dell’alterazione delle possibilità di utilizzazione della restante porzione e del connesso deprezzamento di essa”.

Ora, nella specie, la Corte di merito ha escluso che fosse intervenuta un’effettiva perdita delle possibilità di utilizzazione della porzione residua non espropriata, in quanto i lavori di ampliamento della sede autostradale avevano comportato “uno spostamento verso la proprietà del ricorrente di soli 40 cm e la realizzazione della barriera fonoassorbente”.

Quanto dedotto dal ricorrente non configura violazioni o false applicazioni di diritto sostanziale presenti nella decisione impugnata, cosicché il riferimento alle norme (artt. 32-33 T.U.E.) risulta palesemente inconferente, giacché quel che viene in discussione è unicamente il modo in cui la Corte di merito, cui competeva farlo, ha valutato le risultanze documentali acquisite agli atti. Si è trattato, dunque, di una valutazione di merito, come tale di stretta competenza della Corte territoriale, adeguatamente motivata.

Il ricorrente neppure chiarisce quale sia, in concreto, la perdita lamentata, ascrivibile al secondo esproprio in oggetto, riferita all’area residua, limitandosi a dire che l’opera realizzata giunge “ad una vicinanza di soli tre metri lineari dalla parete dell’abitazione” del medesimo.

Va poi ribadito che il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (Cass. 23940/2017). L’art. 116 c.p.c., prescrive che il giudice deve valutare le prove secondo prudente apprezzamento, a meno che la legge non disponga altrimenti. La sua violazione è concepibile solo se il giudice di merito valuta una determinata prova, ed in genere una risultanza probatoria, per la quale l’ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, ovvero il valore che il legislatore attribuisce ad una diversa risultanza probatoria, ovvero se il giudice di merito dichiara di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad altra regola, così falsamente applicando e, quindi, violando detta norma (cfr. Cass. n. 8082 del 2017; Cass. n. 13960 del 2014; Cass. n. 20119 del 2009).

3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.300,00, a titolo di compensi, oltre Euro 100,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

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