Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24284 del 29/11/2016

Cassazione civile sez. I, 29/11/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 29/11/2016), n.24284

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

GE.S.A.C. S.P.A., elettivamente domiciliata in Roma, via Ajaccio, n.

14, nello studio dell’avv. Arturo Leone; rappresentata e difesa

dagli avv.ti Paolo Vosa e Giuliana Vosa, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ENTE NAZIONALE PER L’AVIAZIONE CIVILE – ENAC Rappresentato e difeso

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici in Roma,

via dei Portoghesi, n. 12, è elettivamente domiciliato;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE;

– intimato –

nonchè sul ricorso proposto in via incidentale da:

ENTE NAZIONALE PER L’AVIAZIONE CIVILE – ENAC come sopra

rappresentato;

– ricorrente in via incidentale –

contro

GE.S.A.C. S.P.A., come sopra rappresentata;

– controricorrente a ricorso incidentale –

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, n. 219,

depositata in data 19 gennaio 2009;

sentita la relazione svolta all’udienza pubblica del 28 aprile 2016

dal Consigliere Dott. Pietro Campanile;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. RUSSO Rosario Giovanni, il quale ha concluso per il rigetto

dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Con atto di citazione notificato in data 3 aprile 1998 la Ge.s.a.c. S.p.a. conveniva davanti al Tribunale di Roma il Ministero dei Trasporti – Direzione Generale dell’Aviazione Civile, chiedendone la condanna al pagamento della somma di Lire 1.857.722.437, corrispondente al complessivo importo di fatture emesse, sulla base della revisione dei prezzi originariamente determinati, nell’ambito di due contratti di appalto, stipulati rispettivamente nel 1982 e nel 1986, relativi alla pulizia e alla manutenzione dell’Aeroporto (OMISSIS).

1.1 – Intervenuto nel giudizio l’E.N.A.C. (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, subentrato al Ministero), con sentenza n. 19302 del 2003 il Tribunale rigettava la domanda.

1.2 – Tale decisione è stata confermata dalla Corte di appello di Roma, che ha ritenuto infondato il gravame proposto dalla Ge.s.a.c..

1.3 – Quanto al contratto relativo ai servizi di manutenzione, rilevato che lo stesso poteva ritenersi tacitamente prorogato, avendo le parti continuato a darvi esecuzione, la Corte distrettuale ha osservato che – come già affermato dal Tribunale in relazione alla domanda di indebito arricchimento, giudicata ammissibile – che non fossero stati dimostrati i presupposti per la revisione dei prezzi.

A tale carenza probatoria, ravvisabile anche in relazione alla revisione dei prezzi per il servizio di pulizia, di certo non poteva supplirsi con l’ammissione di una consulenza tecnica d’ufficio contabile, così come richiesto dalla Ge.s.a.c., nè sulla base della proposta di natura transattiva in precedenza effettuata da E.N.A.C., priva di valore confessorio.

1.4 – Per la cassazione di tale decisione la S.p.a. Ge.s.a.c. propone ricorso, affidato a sette motivi, cui E.N.A.C. resiste, proponendo ricorso incidentale, con unico motivo, resistito da controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione dell’art. 167 c.p.c.: si sostiene che la sentenza impugnata, dopo aver affermato la perdurante efficacia, in virtù di proroga tacita, dei contratti di appalto posti a fondamento delle pretese dell’impresa, avrebbe poi rilevato la carenza probatoria in merito ai presupposti di fatto per l’invocata revisione, in tal modo violando il principio secondo cui i fatti non specificamente contestati dalla controparte debbono ritenersi pacifici. Sotto tale profilo si sostiene che l’Amministrazione convenuta, nella propria comparsa di costituzione, non aveva preso posizione in merito ai servizi effettuati dalla Ge.s.a.c., nè in ordine ai conteggi prodotti, anche in relazione alla richiesta revisione, limitandosi a contestare l’efficacia del contratto relativo al servizio di manutenzione: essendosi ritenuto che le prestazioni rese fossero riconducibili nell’ambito delle previsioni contrattuali, i presupposti di fatto della pretesa, in quanto non specificamente contestati, dovevano intendersi provati.

2.1 – Con il secondo mezzo viene dedotta motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria in relazione alle carenze probatorie evidenziate nella sentenza di primo grado, senza considerare che in essa veniva in rilievo un’azione valutata ai sensi dell’art. 2041 c.c., mentre la Corte di appello, avendo riconosciuto la natura contrattuale della domanda di revisione, avrebbe dovuto utilizzare i relativi canoni in materia di ripartizione dell’onere della prova.

2.2 – Con la terza censura si denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., anche in relazione alle previsioni di natura contrattuale in merito alla determinazione delle variazioni dei corrispettivi.

2.3 – Il quarto motivo, articolato attraverso il riferimento alle previsioni contrattuali dell’appalto del 1986 e dei dati elaborati dall’Istituto Nazionale di Statistica in relazione ai vari parametri da considerare ai fini della revisione, denuncia vizio di motivazione per non aver la Corte distrettuale considerato tale aspetto e la documentazione ad esso inerente.

2.4 – Analoghi rilievi, mutatis mutandis, vengono svolti con il motivo successivo, con riferimento all’appalto relativo ai servizi di pulizia.

2.5 – Il sesto motivo attiene al vizio motivazionale inerente alle ragioni del rigetto dell’istanza, ribadita con l’atto di gravame, di disporre consulenza tecnica d’ufficio, erroneamente ritenuta esplorativa laddove si trattava soltanto di effettuare i conteggi alla luce dei dati, già acquisiti, di natura statistica e delle previsioni contrattuali.

2.6 – Con il settimo motivo, deducendosi violazione dell’art. 112 c.p.c., si sostiene che la Corte non avrebbe provveduto in merito alle domande inerenti alle prestazioni aggiuntive rese dalla Ge.s.a.c. nell’ambito dei due contratti di appalto.

2.7 – Con l’unica censura del ricorso proposto in via incidentale si denuncia violazione del R.D. n. 2440 del 1923, art. 12, per aver la Corte distrettuale erroneamente ritenuto che il contratto stipulato in data (OMISSIS) e con scadenza fissata al 31 maggio 1987 si fosse tacitamente rinnovato.

3 – Deve procedersi all’esame del ricorso principale, in quanto l’incidentale, evidentemente condizionato, ancorchè attinente a una questione preliminare di merito, presuppone la fondatezza del primo (Cass., Sez. un., 25 marzo 2013, n. 7381).

4 – I motivi relativi al compenso revisionale possono essere esaminati congiuntamente, in quanto intimamente correlati. Giova fin d’ora premettere che ancorchè le questioni, sostanzialmente di natura probatoria, attengano in maniera simmetrica ad entrambi i rapporti di appalto, per quanto riguarda al contratto stipulato in data luglio 1986, l’istituto della revisione non può trovare applicazione, come si dirà in sede di scrutinio del ricorso incidentale.

5 – Deve prescindersi dal richiamo al principio di non contestazione, in quanto nel ricorso non sono riportate le affermazioni in punto di fatto contenute nell’atto di citazione, dovendosi rilevare, da un lato, che l’onere in capo al convenuto di collaborare, fin dalle prime battute processuali, a circoscrivere la materia controversa, evidenziando con chiarezza gli elementi in contestazione, suppone che la parte che ha l’onere di allegare e provare i fatti anzitutto specifichi le relative circostanze in modo dettagliato ed analitico, così che l’altra abbia il dovere di prendere posizione verso tali allegazioni puntuali e di contestarle ovvero di ammetterle (Cass., 15 ottobre 2014, n. 21847), e, dall’altro, che detto onere non opera rispetto alla mera produzione documentale di parte attrice (Cass., 20 agosto 2014, n. 18046).

5 – Tanto premesso, deve constatarsi che l’applicazione dei principi relativi all’onere della prova non può prescindere dalla specifica natura del diritto vantato e dalle modalità, previste dalla legge o dal contratto, con le quali lo stesso deve trovare attuazione.

Nel caso di specie, venendo in considerazione un appalto di servizi, per il quale il quale il diritto alla revisione era espressamente previsto e disciplinato da apposita clausola contrattuale, richiamata nel ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, in base alla quale la revisione doveva essere attuata sulla base delle variazioni di alcuni parametri, facilmente riscontrabili e del resto, risultanti da alcune elaborazioni dell’I.S.T.A.T., l’affermazione secondo cui la società non avrebbe fornito la prova dei fatti posti a fondamento della propria pretesa si risolve in una sorta di inammissibile “non liquet”.

In altri termini, non essendo in discussione il diritto alla revisione, nei termini fissati da apposite clausole contrattuali, si trattava di procedere alla quantificazione di quanto eventualmente spettante, sulla base di parametri da verificarsi su un piano essenzialmente valutativo.

Sotto tale profilo, non può condividersi l’assunto della corte distrettuale secondo cui la consulenza tecnica d’ufficio, richiesta dalla Ge.a.s.c. per accertare l’entità delle somme dovute, sarebbe stata diretta “ad un inammissibile reperimento della prova”.

In proposito vale ribadire che il principio secondo il provvedimento che dispone la consulenza tecnica rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, va contemperato con l’altro principio secondo cui il giudice deve sempre motivare adeguatamente la decisione adottata su una questione tecnica rilevante per la definizione della causa; ne consegue che, quando il giudice disponga di elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza, sufficienti a dar conto della decisione adottata, non può essere censurato il mancato esercizio di quel potere, mentre se la soluzione scelta non risulti adeguatamente motivata, è sindacabile in sede di legittimità sotto l’anzidetto profilo (Cass. 3 gennaio 2011, n. 72).

6 – La censura proposta con il ricorso incidentale, in relazione alla quale è stato formulato idoneo quesito di diritto, è fondata.

6.1 – Vale bene richiamare il principio secondo cui la stipulazione dei contratti con la Pubblica Amministrazione deve avvenire in forma scritta a pena di nullità (cfr., per tutte, Cass,. Sez. un., 22 marzo 2010, n. 6827). La forma scritta “ad substantiam”, necessaria anche quando la P.A. agisca “iure privatorum”, è infatti richiesta, in ottemperanza al disposto del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16 e 17, come strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa nell’interesse sia del cittadino, costituendo remora ad arbitri, sia della collettività, agevolando l’espletamento della funzione di controllo, ed è, quindi, espressione dei principi d’imparzialità e buon andamento della P.A. posti dall’art. 97 Cost. (Cass., 24 novembre 2005, n. 24826).

6.2 – Conseguentemente, deve escludersi la possibilità di una rinnovazione tacita per “facta concludentia”, salva l’ipotesi, che qui non rileva, che la rinnovazione dell’originario contratto stipulato in forma scritta sia prevista da apposita clausola dello stesso contratto per un tempo predeterminato e sia subordinata al mancato invio di una disdetta entro un termine dalle parti prestabilito (Cass., 11 maggio 2005, n. 9933; Cass., 11 dicembre 2002, n. 17646; Cass., 24 novembre 1999, n. 13039).

Appare del tutto evidente che, ove fosse consentita la rinnovazione tacita del contratto, si perverrebbe, in maniera inammissibile, a un’elusione della disposizione inerente all’inderogabilità del requisito della forma scritta. La natura “tacita” dell’accordo non consente di cogliere una sostanziale differenza (valorizzata nel controricorso della Ge.s.a.) fra rinnovo (alle stesse condizioni) e proroga del contratto: per i fini che qui rilevano deve ribadirsi che in assenza di un valido rapporto contrattuale non è predicabile il diritto alla revisione.

7 – L’ultimo motivo, inerente al vizio di omessa pronuncia in relazione alla richiesta del pagamento di prestazioni aggiuntive, è inammissibile per totale carenza del requisito dell’autosufficienza: in particolare si enunciano delle domande rivolte al giudice di primo grado, senza indicare gli specifici motivi di gravame che sarebbero stati al riguardo proposti, in relazione al rigetto di tali pretese, nel giudizio conclusosi con la sentenza impugnata.

8 – L’accoglimento del ricorso incidentale implica l’assorbimento di ogni questione, così come proposta nel ricorso principale, relativa alla revisione del corrispettivo delle prestazioni previste dal contratto concernente i servizi di manutenzione aeroportuale, che, avendo una durata annuale, per le ragioni sopra indicate non può considerarsi vigente per effetto di un tacito accordo.

Deve in proposito richiamarsi l’orientamento di questa Corte secondo cui in materia di appalto, la domanda di revisione dei prezzi presuppone la vigenza del rapporto e ne costituisce esecuzione, ragion per cui essa non può trovare accoglimento in assenza di contratto, perchè nullo o risolto (cfr. Cass., Sez. un., 11 settembre 2008, n. 23385, in motivazione, anche con riferimento all’azione ex art. 2041 cod. civ.; Cass., 5 marzo 2008, n. 5951).

9 – La sentenza impugnata deve essere quindi cassata in relazione ai motivi accolti (sostanzialmente incentrati sugli aspetti valutativi in merito al diritto alla revisione per il contratto relativo ai servizi di pulizia), con rinvio alla Corte di appello di Roma, che procederà all’esame di tali aspetti applicando i principi sopra evidenziati e senza incorrere negli evidenziati vizi motivazionali, provvedendo, altresì, in merito al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso incidentale e, per quanto di ragione, il principale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2016

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