Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24283 del 16/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 16/10/2017, (ud. 16/03/2017, dep.16/10/2017),  n. 24283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15123-2015 proposto da:

FEDERICO & FEDERICO DI F.I. SAS, in persona del legale

rappresentante I.F., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA PIERO FOSCARI 40, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO

COLAIACOVO, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

D.S.A., elettivamente domiciliata in ROMA, V.ENNIO

QUIRINO VISCONTI 99, presso lo studio dell’avvocato BERARDINO

IACOBUCCI, rappresentata e difesa dall’avvocato ANNA CAROLINA

IANNOZZI giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 30/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 08/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/03/2017 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO.

Fatto

FATTI DEL PROCESSO

La Corte di appello di Roma, con sentenza dell’8 gennaio 2015, in relazione ad un contratto di locazione ad uso diverso stipulato dalla da D.S.A., locatrice, con la Federico & Federico di F.I. s.a.s., conduttrice, ha confermato la decisione di primo grado di risoluzione del contratto di locazione per l’inadempimento della conduttrice, condannandola al pagamento dei canoni non pagati dal giugno 2010 al maggio 2011 ed alla eliminazione delle opere realizzate nel negozio concesso in locazione.

Avverso questa sentenza propone ricorso la Federico & Federico di F.I. s.a.s. con sei motivi.

Resiste con controricorso D.S.A. illustrato da successiva memoria.

Il Collegio ha invitato a redigere una motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente si osserva che nella premessa del ricorso la parte ha affermato che l’impugnazione è volta all’annullamento di quelle parti della sentenza di secondo grado che hanno escluso finanche il diritto della conduttrice all’indennizzo per i miglioramenti e le addizioni indispensabili per la destinazione all’uso di pescheria contrattualmente previsto dalle parti.

La società ricorrente ha affermato che non intende insistere sui motivi già sostenuti in primo grado in ordine alla ripetizione dei canoni versati e alla restituzione della cauzione; tuttavia evidenzia che non è vero, come sostenuto nel preambolo della motivazione della sentenza di secondo grado, che l’impugnazione s’imperniava tutta sull’essenzialità per la conduttrice di poter svolgere, oltre l’attività di vendita di pesce fresco anche l’attività di cottura del pesce. Sostiene la ricorrente che anche soltanto la domanda di pagamento dell’indennità per le migliorie e addizioni apportate in vista dell’uso di pescheria meritava una valutazione autonoma, essendo stata autonomamente proposta nell’atto di appello.

2.La Corte d’appello, dopo aver accertato la non essenzialità del progetto della società conduttrice di adibire l’immobile condotto in locazione non solo alla vendita di pesce, ma anche alla cottura di pesce da asporto, ha ritenuto che la prova per testi sulla consistenza delle migliorie ed addizioni, richiesta solo in sede di conclusione dell’atto d’appello, risultava oltre che priva di motivazione,ininfluente.

La Corte ha rilevato,poi, che l’art. 8 del contratto di locazione stabiliva che ogni aggiunta che non poteva essere tolta senza danneggiare i locali ed ogni altra innovazione avrebbe potuto essere fatta dal conduttore con il preventivo consenso scritto del proprietario,mentre le migliorie restavano acquisite dal locatore, senza che questi dovesse nulla corrispondere, e che in ogni caso il locale avrebbe dovuto essere rilasciato nello stesso stato in cui è stato concesso in locazione, con il conseguente obbligo della società alla eliminazione immediata di tutte le opere realizzate nel locale stesso, salvo accettazione espressa del proprietario.

In relazione alla deduzione della società che la locatrice non solo non si era opposta alle migliorie, ma aveva osservato un comportamento di cooperazione per la loro realizzazione, comportamento di collaborazione individuato nella circostanza che la D.S. aveva attivamente richiesto l’autorizzazione del Comune e del Condominio,la Corte di Appello ha accertato che l’unica autorizzazione che risultava richiesta dalla D.S. era quella relativa all’istallazione di una canna fumaria necessaria alla cottura sul pesce.

La Corte di merito ha concluso che sia il contratto che il comportamento delle parti successivo alla sua stipula non giustificano la pretesa di rimborso delle migliorie da parte della società.

3. Con il primo motivo si denuncia omesso esame di un fatto oggetto dì discussione tra le parti, accertato nella relazione del c.t.u., decisivo ai fini del giudizio, concernente le addizioni e migliorie apportate per l’uso pescheria convenuto tra le parti risultante per iscritto nel contratto.

Sostiene la società ricorrente che dalla consulenza tecnica svolta in primo grado risultava che i miglioramenti e le addizioni apportate dalla conduttrice erano funzionali all’uso stesso dei locali per la vendita di pesce fresco.

4. Con il secondo motivo si denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 1592 e 1593 c.c. in relazione alla clausola 8 del contratto di locazione, in ordine al consenso anche scritto espresso dalla locatrice all’esecuzione delle opere per l’adeguamento dei locali ai fini della preparazione di cibi cotti e in ordine all’inadempimento della locatrice a mantenere la cosa in stato di servire all’uso convenuto, anche in relazione al mero uso per la rivendita di pesce fresco.

5. Con il terzo motivo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti concernente il consenso scritto espresso dalla locatrice sui lavori di trasformazione dei locali. 6.Con il quarto motivo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione ai fini del giudizio concernente le istanze istruttorie in relazione alla indispensabilità di addizioni e miglioramenti per l’uso dei locali contrattualmente pattuito.

7.Con il quinto motivo si denuncia violazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione alle dichiarazioni delle testimoni V.R., G.M. e L..

8.Con il sesto motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti concernente le istanze istruttorie in relazione alla indispensabilità di addizioni e i miglioramenti per l’uso dei locali contrattualmente pattuito violazione dell’art. 187 c.p.c..

9.I motivi di cui si denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti si esaminano congiuntamente per la stretta connessione logico giuridica che li lega e sono inammissibili.

Si osserva che in virtù della data di pubblicazione della sentenza si applica al procedimento la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 In relazione alla domanda rimborso delle migliori, la Corte d’appello ha comunque preso in esame i fatti indicati come decisivi dalla ricorrente e di cui si lamenta l’omesso esame.

10.Preliminarmente la Corte di merito ha accertato che non era stata rispettata la clausola contrattuale che prevedeva il consenso scritto del locatore per effettuare le migliorie e che prevedeva la eliminazioni alla fine del contratto di tutte le addizioni e migliorie non assentite dal locatore.

In ordine all’asserito consenso prestato dalla D.S. alle migliorie,la Corte ha ritenuto non idonea a provare il consenso scritto l’unica richiesta avanzata dalla locatrice al Condominio per l’installazione della canna fumaria,innovazione che era funzionale all’uso dell’immobile per l’esercizio di cottura di pesce da asporto.

In relazione alle istanze istruttorie si osserva che il giudice d’appello ha messo in evidenza la tardività delle stesse, chieste unicamente nella conclusioni del giudizio di appello, affermazioni non censurata.

11.Di conseguenza il vizio denunciato non corrisponde al modello legale di cui all’art. 360, n. 5 vigente per cui si può denunziare il vizio di motivazione in sede di legittimità, in quanto la motivazione della Corte di merito non è mancante,ma si estende all’esame esame dei fatti il cui esame sarebbe stato omesso,valutandoli tenendo conto degli elementi istruttori acquisiti al processo.

12.Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Il motivo non individua la erronea applicazione delle norme asseritamente violate, ma richiede una nuova rivalutazione dei fatti per giungere a ritenere, contrariamente a quanto accertato dalla Corte d’appello, che locatrice aveva manifestato il suo consenso scritto all’esecuzione delle migliorie di cui viene chiesto il pagamento.

Si osserva che la società ricorrente solo astrattamente denunzia una violazione di legge, ma nella sostanza censura l’accertamento di fatto della Corte d’appello in ordine all’assenza di consenso scritto da parte della locatrice alle migliorie.

Secondo la tesi della ricorrente dalla richiesta della locatrice al condominio per ottenere l’autorizzazione all’installazione di una canna fumaria, la Corte avrebbe dovuto dedurre come unica possibile logica conseguenza che con quella richiesta (Ndr: testo originale non comprensibile) la D.S. aveva fornito il proprio consenso scritto per le trasformazioni a pescheria.

Questo profilo della censura è inammissibile perchè sostanzialmente denunzia un vizio di motivazione relativo ad un accertamento di merito non omesso, ma interpretato effettuato dalla Corte d’appello e non più rivalutabile in sede di legittimità.

13. Il motivo numero cinque è inammissibile.

Infatti la società ricorrente astrattamente denuncia la violazione dell’art. 116 c.p.c., ma nella sostanza censura la valutazione che la Corte d’appello ha fatto delle deposizioni dei testi G. e V..

La valutazione delle prove è un’attività che spetta al giudice di merito non più rivalutabile in sede di legittimità, soprattutto in presenza della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Conclusivamente il ricorso va rigettato e le spese del giudizio seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso al condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 5.200,00,oltre Euro 200,00 per esborsi accessori e spese generali come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2017

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