Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24282 del 28/10/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 24282 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA
sul ricorso 8370-2012 proposto da:
ENEL SERVIZIO ELETTRICO SPA 09633951000, Società con
unico azionista, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di
Enel spa, nella qualità di procuratore della ENEL DISTRIBUZIONE
SPA, in persona del proprio procuratore, nonchè ENEL SERVIZIO
ELETTRICO SPA, Società con unico azionista, soggetta all’attività di
direzione e coordinamento di Enel Spa, nella sua qualità di beneficiaria
del ramo di azienda della Enel Distribuzione Spa, in persona del
proprio procuratore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA G. DA
CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato SZEMERE RICCARDO, che
le rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIETRO GUERRA
giusta procura a margine del ricorso;

Data pubblicazione: 28/10/2013

- ricorrenti contro
BUONO MARIO;

– intimato –

BENEVENTO del 14/10/2011, depositata il 20/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
25/09/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA
BARRECA;
è presente il P.G. in persona del Dott. GIUSEPPE CORASANITI che
ha concluso per raccoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Benevento, con sentenza depositata in data 14
ottobre 2011, ha accolto parzialmente l’appello proposto dall’Enel
Distribuzione s.p.a. avverso la sentenza del giudice di pace, che aveva
accolto la domanda di Mario Buono, intesa ad ottenere il risarcimento
del danno conseguito da una serie di inadempimenti del contratto di
somministrazione dell’energia elettrica corrente con detta s.p.a. che
avevano determinato il pagamento di bollette relative all’utenza con
costi aggiuntivi per le spese postali.
Il fondamento della domanda era stato individuato in relazione al
fatto che con deliberazione 28 dicembre 1999 n. 200, art. 6, comma, 4,
l’Autorità per L’Energia Elettrica ed il Gas (A.E.E.G) aveva imposto
agli esercenti il servizio di distribuzione e vendita dell’energia elettrica
e, quindi, all’Enel, di “offrire al cliente almeno una modalità gratuita di
pagamento della bolletta” e che l’Enel non aveva ottemperato; che, in
ogni caso, l’Enel non aveva informato l’attore della possibilità di pagare
senza oneri aggiuntivi, così violando gli oneri di informazione
Ric. 2012 n. 08370 sez. M3 – ud. 25-09-2013
-2-

avverso la sentenza n. 1697/2011 del TRIBUNALE di

incombenti

su

di

essa

come

professionista.

Nel dispositivo della sentenza si legge che l’appello sarebbe stato
accolto totalmente; in effetti, il Tribunale ha accolto solo parzialmente
il gravame, poiché ha confermato la sentenza di primo grado quanto
all’affermazione dell’inadempimento da parte dell’ENEL dell’obbligo

modalità gratuita e, quindi, ha rigettato il corrispondente motivo
d’appello; ha, invece, accolto il motivo di gravame con il quale
l’appellante aveva sostenuto l’insussistenza di un proprio obbligo di
informazione riguardo alla predisposizione del servizio di riscossione;
ha accolto altresì il motivo di gravame concernente la
regolamentazione delle spese del primo grado di giudizio.
Ha quindi limitato <>, riducendo l’importo al cui pagamento l’ENEL S.p.A. è
stata comunque condannata in favore dell’utente; ha compensato per
metà le spese del doppio grado.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione Enel
servizio elettrico s.p.a., sia nella qualità di procuratore speciale di Enel
Distribuzione che nella qualità di beneficiaria del relativo ramo
d’azienda.
Non ha svolto attività difensiva la parte intimata.

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 2 della L. 14 novembre 1995, n. 481, assumendosi
che la deliberazione n. 200 del 1999 e particolarmente l’art. 6, comma
4, di essa non ha avuto l’effetto di integrare il contratto di utenza,
perché la legge n. 481 del 1995 e in specie l’art. 2, comma 12, lettera h)
di essa attribuirebbe questo effetto solo alle delibere in tema di
Ric. 2012 n. 08370 sez. M3 – ud. 25-09-2013
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di fornire all’utente la possibilità di pagamento delle bollette con

produzione ed erogazione di servizi, risultando l’art. 6, comma 4 della
citata deliberazione estranea a tale ambito.
Con il secondo motivo si deduce difetto di motivazione del
Tribunale su come la previsione del suddetto art. 6, comma 4 della
deliberazione cit. potesse essere ricondotta all’ambito del citato art. 2,

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art. 2, comma 12 lett. h della legge n. 481 del 1995 in relazione
all’art. 1196 cod. civ. ed insufficiente e contraddittoria motivazione,
poiché le spese per il pagamento della bolletta non farebbero parte
della tariffa, come affermato dal Tribunale, ma costituirebbero
un’obbligazione accessoria all’obbligazione di pagamento del prezzo
della fornitura a carico dell’utente; su questo punto, secondo la
ricorrente, oltre ad esservi violazione delle norme richiamate, vi
sarebbe anche un vizio di motivazione.
Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art.1339 cod. civ., sotto il profilo che erroneamente il Tribunale
avrebbe attribuito comunque efficacia integrativa del contratto all’art.
6, comma 4, citato, invocando l’art. 1339 cit.
Con il quinto motivo si denuncia insufficiente motivazione in
ordine a fatti decisivi e controversi, rappresentati dall’obbiettiva
inidoneità dell’art. 6, comma, art. 4, a porre un ipotetico precetto
integrativo, sotto il profilo che non risultava determinato in che cosa
dovesse consistere la modalità gratuita di pagamento.
Con il sesto motivo si denuncia l’assenza di un reale danno subito e
correlativamente si formulano tre distinti ordini di censura,
segnatamente denunciandosi: difetto di interesse ad agire e violazione e
falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ.; violazione e falsa
applicazione degli artt. 40 e 41 cod. pen., dell’art. 1223 cod. civ. e del
Ric. 2012 n. 08370 sez. M3 – ud. 25-09-2013
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comma 12, lett. h) legge n. 485/1995.

principio di causalità adeguata; violazione e falsa applicazione degli
artt. 1175 e 1375 cod. civ. e abuso del diritto.
1. I motivi primo e secondo, nonché quarto e quinto, vanno
esaminati congiuntamente, perché, sotto vali profili,
prospettano una unica censura e cioè l’inidoneità dell’art. 6,

del contratto.
1.1.

Il Collegio ritiene di condividere quanto già statuito in

fattispecie assolutamente identica con sentenza 30.8.2011, n. 17786 e
che, quindi, l’art. 6, comma 4, della deliberazione non abbia
determinato in alcun modo nè l’inserimento della relativa previsione
nel contratto di utenza, nè l’integrazione di esso (principio poi
riaffermato numerose volte). A tal fine va ribadito che il potere
normativo secondario dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas ai
sensi dell’art. 2, comma 2, lett. h), si può concretare anche nella
previsione di prescrizioni che, attraverso l’integrazione del regolamento
di servizio, di cui al comma 37 del citato art. 2, possono in via riflessa
integrare, ai sensi dell’art. 1339 c.c., il contenuto dei rapporti di utenza
individuali pendenti anche in senso derogatorio di norme di legge, ma
alla duplice condizione che queste ultime siano meramente dispositive
e, dunque, derogabili dalle stesse parti, e che la deroga venga
comunque fatta dall’Autorità a tutela dell’interesse dell’utente o
consumatore, restando, invece, esclusa – salvo che una previsione
speciale di legge o di una fonte comunitaria ad efficacia diretta – non la
consenta – la deroga a norme di legge di contenuto imperativo e la
deroga a norme di legge dispositive a sfavore dell’utente e
consumatore. Tuttavia la normazione o l’atto di esercizio di poteri
amministrativi precettivi a contenuto collettivo ai sensi dell’art. 2,
comma 12, lett. h), con i limiti indicati, in tanto può integrare,
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comma 4 della cit. deliberazione a svolgere efficacia integrativa

attraverso la mediazione dell’integrazione del regolamento di servizi, i
contratti di utenza individuale in quanto ricorra l’imposizione di un
precetto specifico che non lasci al destinatario alcuna possibilità di
scelta sui tempi e sui modi.
1.2.

Ciò posto, si osserva che — come già evidenziato nella cit.

previsione della deliberazione n. 200 del 1999, art. 6, comma 4,
imponendo all’esercente “di offrire al cliente almeno una modalità
gratuita di pagamento della bolletta” si connotava certamente come
prescrizione del tutto inidonea ad integrare una clausola di contenuto
determinato, come già affermato nei precedenti di questa Corte. In
realtà, una prescrizione come quella in discorso, per la sua
indeterminatezza assegnava all’esercente una sorta di obbligo di
perseguimento di un risultato con ampi poteri di scelta, salva la
valutazione dell’A.E.G.G. circa il raggiungimento del risultato
attraverso i poteri di ispezione, accesso ed acquisizione di
documentazione e notizie.
Deve, dunque, sulla base delle complessive considerazioni svolte
escludersi che la prescrizione dell’art. 6, comma 4, della deliberazione
dell’A.E.E.G. n. 200 del 1999 abbia comportato la modifica o
integrazione del regolamento di servizio del settore esistente all’epoca
della sua adozione e, di riflesso, l’integrazione dei contratti di utenza sia
ai sensi dell’art. 1339 c.c., che dell’art. 1374 c.c..
2. Conclusivamente il ricorso va accolto per quanto di ragione sulla
base dello scrutinio complessivo ed unitario dei detti quattro motivi e
la sentenza va cassata. Risultano assorbiti gli altri motivi.
La causa si presta ad essere decisa nel merito, in quanto non
occorrono accertamenti di fatto per ritenere che la domanda va
rigettata.
Ric. 2012 n. 08370 sez. M3 – ud. 25-09-2013
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sentenza n. 17786 del 2011, alle cui argomentazioni può farsi rinvio – la

Quanto alle spese processuali, esistono giusti motivi per
compensare quelle dei due gradi di merito, mentre le spese del
giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.

P.Q.M.

impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito,
rigetta la domanda originaria. Compensa le spese dei gradi di merito.
Condanna parte intimata alla rifusione alle parti ricorrenti delle spese
del giudizio di cassazione, liquidate in € 600,00 (di cui € 400,00 per
compenso ed € 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge.
Roma, 25 settembre 2013.
Il Pres
,. ente

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa la sentenza

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