Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2428 del 27/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 27/01/2022, (ud. 12/01/2021, dep. 27/01/2022), n.2428

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25156-2020 proposto da:

G.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se

stesso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 5400/14/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 27/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 12/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

MONDINI.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. G.A. ricorre per la cassazione della sentenza in epigrafe denunciandone il difetto di effettiva motivazione riguardo alla questione della dedotta illegittimità del silenzio rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate avverso istanza di rimborso dell’Irap dell’anno 2012.

Si legge nella motivazione della sentenza impugnata che, trattandosi di valutare il silenzio rifiuto dell’ufficio “il giudice deve verificare la sussistenza dei presupposti che legittimano l’imposizione rectius l’insussistenza degli stessi e quindi la fondatezza dell’istanza di rimborso. Ebbene in fatto emerge chiaramente che il contribuente non difetta di autonoma organizzazione necessaria ai fini dell’imposizione Irap. Come già correttamente affermato dal giudice di prime cure è quindi il contribuente, “attore sostanziale” – rectius soggetto che vuole fare valere in giudizio un proprio diritto ai sensi dell’art. 2697 c.c. – a dover provare le ragioni a fondamento della pretesa, id. est l’assenza di organizzazione autonoma”;

2. l’Agenzia delle entrate ha presentato controricorso;

3. il ricorso è infondato.

Devesi ricordare che, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza impugnata resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6.

Tale violazione è individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di motivazione articolata in affermazioni tra loro “in contrasto irriducibile”, di motivazione “perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Sezioni Unite Cass. n. 8053 del 2014).

Il discorso motivazionale della sentenza della CTR della Lombardia (v. sopra punto 1) si sottrae ad ogni possibile censura: esso esiste sotto il profilo grafico; esprime in modo chiaro ciò che la CTR ha assunto quale oggetto del decidere la insussistenza dei presupposti dell’irap versata dal contribuente “e quindi la fondatezza dell’istanza di rimborso” -; evidenzia, con espresso richiamo alla norma di riferimento (art. 2697 c.c.) – che è norma sul riparto dell’onere della prova e regola finale di giudizio – che il contribuente non ha provato l’insussistenza dei presupposti impositivi essendo anzi “in fatto emerso che il contribuente non difetta di autonoma organizzazione necessaria ai fini dell’imposizione IRAP”; esprime la conseguente conclusione per cui “va quindi rigettato l’appello con riferimento alla illegittimità del silenzio;

4. il ricorso va rigettato;

5. le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere alla Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro1400,00, oltre spese prenotate a debito;

ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, a carico del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art., comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, svolta con modalità da remoto, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2022

 

 

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