Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2428 del 03/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 03/02/2010, (ud. 26/11/2009, dep. 03/02/2010), n.2428

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1398/2005 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

ROMAGNA ACQUE FONTI SPA;

– intimato –

sul ricorso 4585/2005 proposto da:

ROMAGNA ACQUE FONTI SPA (già ROMAGNA ACQUE SPA) in persona del Vice

Presidente CdA e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA ASIAGO 8, presso lo studio dell’avvocato

AURELI STANISLAO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato BONTEMPI ETTORE, giusta delega in calce;

– controricorrente e ricorso incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 26/2004 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 12/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/11/2009 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito per il ricorrente l’Avvocato dello Stato SANTORO, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso principale;

udito per il resistente l’Avvocato AURELI, che insiste per la

richiesta di rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito il ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 12/10/2004 la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna respingeva il gravame interposto dall’Agenzia delle entrate di Forlì nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Forti di accoglimento dell’impugnazione proposta dalla contribuente società Romagna Acque s.p.a. del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso di quanto versato a titolo di IRAP ed IRPEG per l’anno d’imposta 1999, in relazione alla parte di reddito imponibile determinato in ragione dell’utilizzazione di alcuni fondi rischi ed oneri formatisi nel periodo di c.d. moratoria fiscale D.L. n. 331 del 1993, ex art. 14, (conv. in L. n. 427 del 1993).

Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello l’Agenzia delle entrate propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.

Resiste con controricorso la società Romagna Acque Società Delle Fonti s.p.a. (già Romagna Acque s.p.a.), che spiega altresì ricorso incidentale sulla base di unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico motivo la ricorrente principale denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 87 Trattato CE, D.L. n. 331 del 1993, art. 66, comma 14, (conv. in L. n. 427 del 1993), D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “difetto di motivazione�, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si duole che il giudice dell’appello non abbia tenuto conto della decisione della Commissione UE del 5 giugno 2002 (pubblicata in G.U.C.E. del 24/3/2003, in pendenza del giudizio di gravame di merito), che è fonte di produzione di diritto comunitario e pertanto immediatamente vincolante sia il legislatore che i cittadini degli Stati membri dell’U.E., con la quale si è considerato aiuto di Stato il regime agevolativo di esenzione triennale dalle imposte su redditi introdotto dallo Stato italiano nel 1993 e nel 1995 a favore delle società per azioni a prevalente capitale pubblico costituite ai sensi della L. n. 142 del 1990.

Lamenta che in ogni caso ai sensi della normativa del 1993 l’utilizzo dei fondi oneri e rischi formatisi nel periodo di “moratoria fiscale” non erano da considerarsi interamente deducibili, quale componente negativa di reddito tout court, trovando al riguardo applicazione il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, in base al quale correttamente aveva invero ritenuto non deducibile l’utilizzazione del fondo statutario al 2%, invero destinato al finanziamento di attività non rientranti tra quelle proprie dell’impresa, ossia di attività da cui non derivano ricavi o altri proventi concorrenti a formare il reddito imponibile.

Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.

Ai sensi del D.L. n. 331 del 1993, art. 66, comma 14, (conv. in L. n. 427 del 1993), e L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 70, nei confronti delle società per azioni e delle aziende speciali istituite ai sensi degli artt. 22 e 23 della legge sull’ordinamento delle autonomie locali n. 142 del 1990, si applicano, per il periodo di tempo in essi indicato (tre anni), le “disposizioni tributarie applicabili all’ente territoriale di appartenenza” (c.d. moratoria fiscale).

A tale stregua, nei confronti delle società per azioni e delle aziende speciali istituite per l’esercizio dei servizi pubblici locali, valgono, fino al termine del terzo anno successivo a quello di acquisizione della personalità giuridica, le disposizioni tributarie applicabili all’ente territoriale di appartenenza, ovvero al Comune, escluso da Irpeg, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 88, (ora art. 74), sicchè anche le società per azioni costituite dai Comuni a norma della L. n. 142 del 1990, art. 22, risultano non assoggettate ad imposta per il periodo previsto dalla legge.

Con decisione n. 2003/193/CE del 5 giugno 2002, dalla Commissione dell’U.E. che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito disposta dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 70, e dal D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 66, comma 14, a favore di società per azioni a partecipazione pubblica maggioritaria istituite ai sensi della L. 8 giugno 1990, n. 142�, costituisce aiuto di Stato incompatibile con l’art. 87, par. 1, Trattato CE. Va al riguardo osservato che, come questa Corte ha già più volte avuto modo di affermare, l’efficacia diretta delle norme comunitarie nell’ordinamento interno, prevista dall’art. 88 (ex art. 93) del Trattato C.E., si estende anche alle decisioni con cui la Commissione, nell’esercizio del controllo sulla compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune (v. Cass., 10/11/2006, n. 24065).

Le decisioni adottate dalla Commissione delle Comunità Europee, nell’ambito delle funzioni ad essa conferite dal Trattato CE, ai sensi dell’art. 211 (ex art. 155), sull’attuazione e lo sviluppo della politica della concorrenza nell’interesse comunitario, in forza degli artt. 88 e 87 (ex artt. 93 e 92) dello stesso Trattato, ancorchè prive dei requisiti della generalità e dell’astrattezza, costituiscono dunque fonte di produzione di diritto comunitario “derivato”, sia pure limitatamente ai rapporti giuridici intercorrenti tra privati e pubblici poteri – c.d. efficacia verticale – (v. Cass., 28/10/2005, n. 21083), anche con specifico riguardo alla materia degli aiuti di Stato, e vincolano pertanto il giudice nazionale nell’ambito dei giudizi portati alla sua cognizione (v. Cass., 17/11/2005, n. 23269).

La decisione della Commissione dell’U.E. deve dunque formare – a prescindere dallo strumento di sua attuazione nell’ambito del diritto interno- oggetto di puntuale esame da parte del giudice nazionale, tenuto a verificare, anche d’ufficio, la compatibilità del diritto interno con le norme comunitarie vincolanti ed applicare queste ultime anche d’ufficio (v. Cass., 4/3/2005, n. 4769; Cass., 10/12/2002, n. 17564).

E’ pertanto illegittima, e va cassata per violazione del principio di preminenza del diritto comunitario, la sentenza del giudice nazionale di merito che la decisione della Commissione dell’U.E. non consideri o disattenda (v. Cass., 10/12/2002, n. 17564).

Va d’altro canto sottolineato che, come affermato anche in giurisprudenza di merito, a differenza di altri interventi della Commissione Europea in materia di aiuti di Stato la decisione n. 2003/193/CE prescinde invero dall’esame di casi specifici, limitandosi ad una disamina generale della normativa agevolativa emanata dal legislatore italiano in materia di esenzioni fiscali in favore delle società per azioni a prevalente capitale pubblico L. n. 142 del 1990, ex art. 22.

Atteso il carattere generale ed astratto della suindicata decisione della Commissione dell’U.E., è infatti ben possibile che alla stregua delle ragioni del caso concreto aiuti individuali risultino (anche solo in parte) compatibili con il mercato comune, con conseguente esclusione dall’obbligo e dalla procedura interna di restituzione.

La verifica della circostanza che l’agevolazione fiscale in argomento si sia nel caso concreto effettivamente tradotta in una ipotesi di aiuto di Stato illegittimo, con conseguente obbligo di relativa restituzione, attiene invero a specifica e analitica indagine di fatto, da compiersi dal giudice del merito, tenuto a dare congrua motivazione al riguardo.

Orbene, nell’omettere ogni valutazione in proposito, il giudice dell’appello ha invero disatteso i suindicati principi.

Dell’impugnata sentenza, assorbito – attese le ragioni della decisione – l’incidentale con il quale, denunziando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, art. 101 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la società Romagna Acque Società Delle Fonti s.p.a. (già Romagna Acque s.p.a.), lamenta che la corte di merito ha erroneamente posto a base dell’impugnata decisione le emergenze dalla documentazione tardivamente prodotta dall’Ufficio in ordine all’inerenza, laddove avrebbe dovuto rigettare l’appello senza entrare nel merito dei motivi, “che in realtà l’Ufficio non ha mai formalizzato nel corso del procedimento di primo grado secondo le procedure di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24�, s’impone pertanto la cassazione, con rinvio ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna che, facendo dei medesimi applicazione, procederà a nuovo esame, volto ad accertare se alla stregua delle particolari e delle ragioni del caso concreto, l’agevolazione fiscale in argomento si sia nella specie effettivamente tradotta in una ipotesi di aiuto di Stato illegittimo, con conseguente obbligo di relativa restituzione, e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Accoglie il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2010

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